Mons. Bettazzi: vescovo e laico
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Una «cosa sono i ministeri o uffici ecclesiali (come il presbiterato o l’episcopato), che la Chiesa contingentemente affida ad alcuni fedeli, mediante il sacramento dell’ordine (imponendo loro le mani), e altra cosa è il sacerdozio, che il Nuovo Testamento riconosce proprio esclusivamente di Gesù risorto, al quale l’insieme dei cristiani (uomini e donne) partecipa per il sacramento del battesimo, senza alcun bisogno di facoltà particolari». Può essere considerato questo il perno della riflessione che qui proponiamo: una rilettura, condotta in libertà, con brillantezza e qualche esplicita annotazione umoristica, della Lettera agli Ebrei, in particolare per considerare criticamente, entro un più ampio ragionamento sul ministero, l’«esclusione programmatica delle donne dal sacerdozio e dalla celebrazione di alcuni segni sacramentali ecclesiali (cresima, eucaristia, remissione dei peccati, unzione degli infermi)». L’autore annota in apertura che si tratta di «riflessioni personali su alcune riforme di dottrina e di linguaggio che mi sembrano scaturire da un’ingenua, ma attenta, lettura del Nuovo Testamento, che rimetto tuttavia interamente al giudizio e all’insegnamento autoritativo della Chiesa, mia madre»; ma è difficile non rilevare, proprio in riferimento alla donna nella Chiesa, la forza delle conclusioni: non c’è altra ordinazione sacerdotale; le donne sono già sacerdoti.
È inscindibile il racconto della XVI Assemblea nazionale dell’Azione cattolica italiana («Fare nuove tutte le cose. Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale»; Roma, Domus Pacis, 28.4-1.5.2017) da quello del 150° anniversario dell’associazione (cf. in questo numero a p. 262), le cui celebrazioni si sono aperte domenica 30 in piazza San Pietro, alla presenza di papa Francesco.
La denuncia, il racconto, la proposta. Lungo queste direttrici è orientata la 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani, che si celebrerà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre prossimi e avrà a tema «Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale», riprendendo un passaggio dell’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii gaudium (n. 192).
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