D. Sala
Com’era lecito attendersi, il 14 marzo l’Assemblea nazionale del popolo (il Parlamento cinese) ha votato quasi all’unanimità come nuovo presidente della Repubblica popolare e dell’Esercito di liberazione Xi Jinping, il segretario generale del Partito comunista cinese eletto nel corso del 18° Congresso lo scorso 15 novembre. Pur essendo un «principe rosso», cioè figlio di un alto funzionario del Partito comunista della prima generazione, Xi Jinping ha un curriculum che gli ha permesso di essere accettato anche dalla corrente di quanti si sono invece formati nella Lega della gioventù comunista cinese, l’altro canale d’ingresso privilegiato nel Partito, da cui sono passati per esempio Hu Jintao, attuale presidente della Repubblica, Wen Jiabao, premier uscente, e Li Keqiang, eletto il 15 marzo primo ministro. L’accordo tra le due correnti aveva anche comportato, poco prima del Congresso, l’epurazione del principale concorrente di Xi, Bo Xilai, promotore di una rinascita maoista e di un acceso populismo, accusato di omicidio insieme alla moglie, e ora in sciopero della fame.
Informazione, 15/03/2013, pag. 136