Attualità, 16/2012, 15/09/2012, pag. 573
I linguaggi del silenzio. Quies cordis in Deum et in hominem
All’inizio del salmo 83 si legge: «Dio a te non sia un tranquillo silenzio (al-domi), a te non sia il tacere (altecherash), non essere silente (al-tishqot) o Dio». Vi è una triplice insistenza che rende incomprensibile che non ci sia risposta. Che il silenzio sia una forma di linguaggio polisemico è ovvio. Esso contraddistingue la comunicazione più profonda e l’estraneità più atroce. Il tacere è il presupposto indispensabile per l’ascolto (per udire la parola altrui occorre porre freno alla propria), tuttavia il restar muti contraddistingue anche l’omissione della risposta e il rifiuto di comunicare. Dio parla e noi dobbiamo tacere per udirlo, ma in quella che le comunità ebraiche e cristiane credono essere la sua Parola si afferma anche che lui stesso tace oltre misura.
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