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Attualità
Attualità, 10/2012, 15/05/2012, pag. 357

Le acque del Giordano. Il peso delle memorie e il controllo delle risorse

P. Stefani
Verso fine estate è poco più di un rigagnolo. L’acqua verdastra corre lenta tra canneti e vegetazione fluviale. L’altra sponda è lì, a un lancio di sasso di un braccio poco robusto; le due rive appartengono però a due stati diversi: di qua Israele, di là Giordania. La temperatura è torrida e il sole a perpendicolo picchia feroce. Rigorosamente divisi tra loro, uomini e donne si immergono in quell’acqua stagnante. Sono cristiani ortodossi dalle lunghe vesti bianche con stampigliate sopra delle icone. Escono facendosi gran segni di croce. Siamo al Giordano, non lontano da Gerico verso fine agosto del 2011. Il nome della località è Qasr el Yahud, espressione araba il cui significato è, grosso modo, quello di «castello degli ebrei». È il luogo che ricorda il battesimo di Gesù, ma anche, secondo la tradizione ebraica, il passaggio del fiume da parte delle tribù di Israele ai tempi di Giosuè (Gs, 3-4) e forse del rapimento in cielo di Elia (2Re 2,1-18).

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60 anni di dialogo ebraico-cristiano: l'unica radice

C.M. Rutishauser, P. Stefani

Il significato del rapporto ebraico-cristiano «non è dato da sé», ma è «costituito dal contesto sociale», soggetto a «forti cambiamenti», come quello rappresentato dal massacro compiuto da Hamas e da ciò che ne è seguito. Muove da questo presupposto il gesuita C.M. Rutishauser, che mette a fuoco tre snodi: la compresenza di due narrazioni secolari sulla colpa europea, quella della Shoah e quella del postcolonialismo; la rimessa in discussione del paradigma occidentale della secolarizzazione e il confronto mondiale tra forze liberaldemocratiche e forze identitarie di cui Israele sembra oggi il teatro; il compito attuale del dialogo ebraico-cristiano alla luce del legame storico e teologico tra ebraismo e cristianesimo. Un dialogo oggi urgente e allo stesso tempo in crisi, come afferma P. Stefani, rileggendo, nel 60° della sua promulgazione, la dichiarazione conciliare Nostra aetate. Essa è stata l’«inizio di una svolta» nei rapporti cattolico-ebraici e «foriera di grandi e tutt’altro che esaurite conseguenze». Cruciali tra di esse l’abbandono, tuttora incompiuto, della teologia della sostituzione e l’assenza, nel testo conciliare, del tema del rapporto della Chiesa con la terra d’Israele.

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Sogni e politica alimentare

Roosevelt e Giuseppe

P. Stefani
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P. Stefani
Da vari anni opera a Milano il gruppo interconfessionale Teshuvah. La parola in ebraico significa «ritorno, pentimento» (nell’ebraico contemporaneo anche «risposta»). La denominazione prospetta, accanto all’ascolto della tradizione ebraica, l’esigenza di un cammino di conversione inteso come «ritorno» a Dio, alle fonti bibliche e alle origini della tradizione cristiana. Questa prospettiva ha una propria peculiarità che caratterizza gli obiettivi del gruppo in modo differente da quelli delle esperienze di amicizia o di dialogo tra ebrei e cristiani.