Attualità, 12/2010, 15/06/2010, pag. 427
La laicità dei credenti. Non si è nella fede una volta per tutte
In Italia le più consuete definizioni di «laico» avvengono per negazione. Il procedimento vale tanto per il versante civile quanto per quello ecclesiale. Nel primo caso per «laico» si intende una persona che non basa le proprie convinzioni e i propri comportamenti su valori o pratiche religiosi; dal canto suo, in seno alla Chiesa, il laico è un fedele che non ha ricevuto l’ordine sacro o che non vive in uno stato di vita consacrata. La prospettiva muta se ci si basa su un’affermazione positiva di «laico», vale a dire se si indaga su quanto egli innanzitutto è, e non su quel che egli non è. In questo ambito ci viene in soccorso l’etimologia: il termine deriva dal greco laos, «popolo». Ciò dovrebbe indirizzarci verso la ricerca di quanto è comune: il popolo è una dimensione di cui tutti facciamo parte. Si è in grado perciò di prospettare questa prima pista di riflessione: la laicità attiene a quanto è comune, a quel che ci accomuna o, con maggiore precisione, essa verte su quanto costituisce la base su cui poggia tutto il resto.
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