R. Siranian
La cultura e il vissuto degli armeni sono profondamente segnati ancora oggi dalla ferita del Metz Yeghern, il «Grande male», come essi definiscono il genocidio che subirono per mano turca tra il 1915 e il 1916 e che portò alla morte di un milione di armeni in seguito alla deportazione. La catastrofe è tuttora oggetto di un aspro dibattito politico, diplomatico e storiografico – su questo si concentra l’intervento di Piero Stefani a p. 128 –, e tuttavia il profondo legame che unisce la coscienza nazionale alla fede cristiana ha nel tempo prodotto anche un’elaborazione spirituale di quanto è accaduto, che si è espressa in tutte le possibili forme culturali e artistiche.
Il saggio del teologo armeno Robert Siranian offre un originale contributo alla riflessione che l’Europa di oggi può e deve condurre sui genocidi che contrassegnano il suo Novecento e sulle memorie che ancora la dividono, base senza la quale non sono possibili relazioni riconciliate tra i popoli né conseguentemente veri e stabili progressi politici e diplomatici.
Studio del mese, 15/02/2007, pag. 121