N. Valentini
Al cuore della riflessione teologica e spirituale dell’Oriente cristiano, la croce di Cristo è immagine della manifestazione indissolubile e paradossale del Dio che si è spogliato di se stesso, facendosi servo fino alla morte liberamente donata, e del Dio della gloria che vittorioso rivela all’umanità il suo destino di vita per sempre.
Secoli di esperienza spirituale e di elaborazione filosofica e letteraria, dai padri della Chiesa orientali ai grandi mistici filocalici, accomunati da una peculiare passione per l’enigma della presenza divina nell’uomo, hanno indagato il terribile mistero della sofferenza e del male – si veda anche il recente dossier su «Il dolore innocente nel pensiero ortodosso. Abisso e mistero», Regno-att. 8,2005,270ss –, individuando proprio nella croce insieme la sfida più radicale e il compimento dell’essere di Dio e di quel dialogo d’amore che è la Trinità. Compiere questo percorso nella theologia crucis dell’Oriente cristiano significa anche risalire al kerygma comune della Chiesa indivisa, dono e impegno di unità che scaturisce dal Crocifisso risorto.
Studio del mese, 15/04/2006, pag. 267