Nel precipitare della crisi causata dalla minaccia delle milizie ribelli M23 (cf. Regno-att. 4,2025,111), la Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO, cattolica), insieme alla protestante Chiesa di Cristo, ha pubblicato il 18 gennaio un documento intitolato Tabella di marcia del Patto sociale per la pace e la buona convivenza nella Repubblica democratica del Congo e nella regione dei Grandi laghi (www.cencordc.org; nostra traduzione dal francese con titolazione redazionale).
Nella Repubblica democratica del Congo «ci sono 27 milioni di vittime di insicurezza alimentare acuta e più di 5,7 milioni di sfollati tra il Nord Kivu, il Sud Kivu, l’Ituri e il Tanganica… Solo nelle due province più colpite dalla violenza, il Nord Kivu e l’Ituri, 4 milioni di persone sono state sfollate dal loro ambiente naturale, ovvero il 28% della popolazione del Nord Kivu e il 39% di quella dell’Ituri. Nella regione orientale della Repubblica democratica del Congo operano più di 252 gruppi armati locali e 14 gruppi ribelli stranieri». Nella regione dei Grandi laghi torna ad affacciarsi lo spettro di una catastrofe umanitaria, con il nuovo acuirsi della crisi provocata dalle milizie ribelli del gruppo «23 marzo» (M23), sostenute dal Ruanda, che il 27 gennaio senza alcuna resistenza da parte dell’esercito congolese hanno conquistato Goma, capitale del Nord Kivu. Nel frattempo la Conferenza episcopale nazionale del Congo (paese a maggioranza cristiana), insieme alla protestante Chiesa di Cristo in Congo che riunisce 64 denominazioni evangeliche del paese, ha lanciato il progetto di un Patto sociale per la pace e la buona convivenza (cf. riquadro a p. 186). E il 24 dicembre ha inviato ai fedeli del paese un appello dal titolo La mia priorità è la pace per sollecitare l’adesione a questo patto.
«Lanciamo questo appello nella speranza che l’urgenza e la necessità della pace trionfino sulle ferite del passato e sui rancori del presente».
«Anche se restano da risolvere alcune questioni ecclesiologiche fondamentali… molti dialoghi riconoscono la necessità di un primato per tutta la Chiesa per promuovere l’unità dei cristiani e la missione». Il 13 giugno è stato pubblicato il documento di studio Il vescovo di Roma. Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte all’enciclica Ut unum sint. Il lungo e analitico testo elaborato dal Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani si propone come «una “raccolta dei frutti” dei recenti dialoghi ecumenici» sulla questione del ruolo del vescovo di Roma per l’unità dei cristiani, tema proposto alla discussione ecumenica da Giovanni Paolo II nel 1995 nell’enciclica Ut unum sint.
Il documento si conclude con una proposta del Dicastero, che individua i suggerimenti più significativi avanzati per un rinnovato esercizio del ministero di unità del vescovo di Roma «riconosciuto dagli uni e dagli altri» (Ut unum sint, n. 95). In particolare il processo avviato nella Chiesa cattolica per riscoprire la sinodalità nella propria vita e missione ha contribuito a evidenziarne la dimensione ecumenica: «La preparazione e la commemorazione congiunta del 1700° anniversario del primo concilio ecumenico (Nicea, 325) potrebbe fornire l’occasione per praticare questa sinodalità tra i cristiani di tutte le tradizioni».
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