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Documenti, 15/2022, 01/09/2022, pag. 476

Il secondo anno del Cammino sinodale

Conferenza episcopale italiana

Com’è ormai noto, il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia (cf. Regno-doc. 19,2021,582) prevede un percorso pluriennale dal 2021 al 2025, ed è suddiviso in una fase narrativa di due anni, una sapienziale e infine una profetica. Il primo anno della fase narrativa ha coinciso con la I fase del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, in un «confronto a tutto campo sulla Chiesa», mentre nel secondo anno (2022-2023) le diocesi italiane si concentreranno «sulle priorità generali che saranno emerse dalla consultazione generale come quelle più urgenti per le Chiese in Italia».

Il 12 luglio la Conferenza episcopale italiana ha pubblicato I cantieri di Betania, il testo che contiene le indicazioni per il secondo anno della fase narrativa. Esso si basa su quanto emerso nella fase diocesana del Sinodo dei vescovi (cf. la Sintesi italiana in questo numero a p. 468) e orienta le diocesi a un analogo confronto tra tutte le comunità e realtà diocesane su tre «cantieri» che sono stati individuati: l’ascolto dei diversi «mondi» in cui i cristiani vivono e lavorano, con la connessa questione dei linguaggi da apprendere («cantiere della strada e del villaggio»); le relazioni e le strutture comunitarie («cantiere dell’ospitalità e della casa»), compreso il tema degli organismi di partecipazione; e l’ambito dei servizi e ministeri ecclesiali, con anche la questione della corresponsabilità femminile nella comunità cristiana («cantiere delle diaconie e della formazione spirituale»). Un quarto tema sarà a scelta delle diocesi.

Stampa (12.7.2022) da sito web www.chiesacattolica.it.

Introduzione

«Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio». Queste parole di papa Francesco, così impegnative e consapevoli, hanno dato forma e consistenza nelle nostre Chiese in Italia al Cammino sinodale avviato un anno fa.

Certo, non è facile mettersi in cammino, soprattutto in questa stagione segnata da tanta paura, incertezza, smarrimento. Non è facile farlo insieme, perché siamo tutti condizionati dall’individualismo e dal pensare gli altri in funzione nostra e non viceversa. Non si cammina insieme quando si è autoreferenziali! Le difficoltà vissute in questo anno pastorale, a iniziare dalla pandemia che tanto ci ha isolati, la novità del metodo, hanno rallentato il Cammino.

Questo testo, «I cantieri di Betania», è frutto proprio della sinodalità. Nasce dalla consultazione del popolo di Dio, svoltasi nel primo anno di ascolto (la fase narrativa), strumento di riferimento per il prosieguo del Cammino che intende coinvolgere anche coloro che ne sono finora restati ai margini. Sono indicate alcune priorità emerse dalle indicazioni ricevute. È tanto necessario ascoltare per capire, perché tanti non si sentono ascoltati da noi; per non parlare sopra; per farci toccare il cuore; per comprendere le urgenze; per sentire le sofferenze; per farci ferire dalle attese; sempre solo per annunciare il Signore Gesù, in quella conversione pastorale e missionaria che ci è chiesta. È una grande opportunità per aprirsi ai tanti «mondi» che guardano con curiosità, attenzione e speranza al Vangelo di Gesù.

Viene consegnato alle Chiese all’inizio dell’estate, perché così abbiamo modo di impostare il cammino del prossimo anno. Lo sappiamo: a volte sarà faticoso, altre coinvolgente, altre ancora gravato dalla diffidenza che «tanto poi non cambia niente», ma siamo certi che lo Spirito trasformerà la nostra povera vita e le nostre comunità e le renderà capaci di uscire, come a Pentecoste, e di parlare pieni del suo amore. Camminiamo insieme perché con Gesù e, quindi, tra noi.

Ricordiamo quest’anno il sessantesimo di apertura del concilio Vaticano II. È sempre la nostra madre Chiesa, segnata da dolori e dispiaceri per quanto ha oscurato la sua storia, ma piena di ricchezze spirituali, di nuove e inaspettate energie per guardare «con sicurezza ai tempi futuri».

Mi sembrano così vere ancora oggi le parole pronunciate, all’inizio dell’assise conciliare, da san Giovanni XXIII circa coloro che, pure accesi di zelo per la religione, continuano a valutare «i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio» perché «non sono capaci di vedere altro che rovine e guai». Non senza «offesa», commentava amaramente il papa «buono». Essi «vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa». Abbiamo molto da imparare! Sono (siamo) i «profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo». Ecco, sono certo che camminare insieme ci aiuterà a «vedere i misteriosi piani della divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa». Perché è ancora più vero oggi che «non dobbiamo soltanto custodire questo prezioso tesoro, come se ci preoccupassimo della sola antichità, ma, alacri, senza timore, dobbiamo continuare nell’opera che la nostra epoca esige, proseguendo il cammino che la Chiesa ha percorso per quasi venti secoli».

Giovanni XXIII concluse con un’affermazione che sento di fare mia: «È appena l’aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente!».

Il Signore ci aiuti a vivere il nuovo anno di Cammino con questa consapevolezza, matura, segnata dai problemi, certo, ma anche ricca di speranza nello Spirito del Signore che ci guida nelle avversità del mondo ed è l’unica forza nella nostra fragilità perché ci riempie del tesoro di Cristo.

Con fraternità, 

Matteo card. Zuppi,

presidente della CEI

Roma, 11 luglio 2022, festa di San Benedetto abate.

Uno sguardo al primo anno

Nel maggio 2021, rispondendo all’invito di papa Francesco, le Chiese in Italia si sono messe in cammino, avviando un percorso sinodale. Hanno intrapreso un itinerario aperto, in obbedienza allo Spirito che sorprende sempre; come «Chiese in uscita» hanno invitato tutti a partecipare attraverso una consultazione ampia e capillare; hanno proposto un cammino spirituale, di ascolto reciproco, una sinodalità vissuta sulla quale far leva per quella riforma che il Signore domanda continuamente alla sua Chiesa. Prestare orecchio a «ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (cf. Ap 2-3) è stato il principio che ha guidato e orientato il Cammino sinodale sin dall’inizio.

Nel settembre 2021, infatti, a seguito delle prime riflessioni del Gruppo di coordinamento, il Consiglio episcopale permanente così ha prospettato il primo anno della fase narrativa del Cammino, inserendolo nel tracciato del Sinodo universale («Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione»): «Il biennio iniziale (2021-2023) sarà completamente dedicato alla consultazione di tutti coloro che vorranno partecipare: alle celebrazioni, alla preghiera, ai dialoghi, ai confronti, agli scambi di esperienze e ai dibattiti. Più che attendersi ricette efficaci o miracoli dal documento sinodale finale, che pure si auspica concreto e coraggioso, siamo certi che sarà questo stesso percorso di ascolto del Signore e dei fratelli a farci sperimentare la bellezza dell’incontro e del cammino, la bellezza della Chiesa (...) Nel primo anno (2021-22) vivremo un confronto a tutto campo sulla Chiesa, percorrendo le tracce proposte dal Sinodo dei vescovi; nel secondo anno (2022-23), come già chiese il papa a Firenze, ci concentreremo sulle priorità pastorali che saranno emerse dalla consultazione generale come quelle più urgenti per le Chiese in Italia. Prima ancora dei documenti, sarà questa stessa esperienza di “cammino” a farci crescere nella “sinodalità”, a farci vivere cioè una forma più bella e autentica di Chiesa».

L’anno pastorale 2021-2022 ha visto l’apertura del Cammino sinodale in tutte le diocesi italiane (17 ottobre 2021). Non sono mancate incertezze e perplessità a rallentare il percorso; nel cuore dell’inverno si è riacutizzata la pandemia con il suo carico di lutti, sofferenze e disagi; alla fine di febbraio è scoppiata la guerra in Europa, riaccendendo ferite, paure e risentimenti. In mezzo a queste crisi, che reclamano un contributo al dialogo, alla pace e alla fraternità, il popolo di Dio si è messo in cammino. Si sono formati circa 50.000 gruppi sinodali, con i loro facilitatori, per una partecipazione complessiva di mezzo milione di persone. Più di 400 referenti diocesani hanno coordinato il lavoro, insieme alle loro équipe, sostenendo iniziative, producendo sussidi e raccogliendo narrazioni. Si è creata una rete di corresponsabili che è un primo frutto, inatteso, del Cammino e una risorsa preziosa per la sua prosecuzione. Mentre esprimiamo gratitudine al Signore per la generosità di quanti si sono resi disponibili, ci impegniamo a sostenerli anche nel secondo anno.

Ciascuna diocesi ha trasmesso alla Segreteria Generale della CEI una sintesi di una decina di pagine. I referenti diocesani si sono incontrati alcune volte on-line e due volte in presenza a Roma: dal 18 al 19 marzo e dal 13 al 15 maggio. Quest’ultimo appuntamento residenziale, con la partecipazione dei vescovi rappresentanti delle conferenze episcopali regionali, ha permesso di stendere una prima sintesi nazionale, detta «Testo di servizio», articolata intorno a «dieci nuclei»; successivamente, durante la 76ª Assemblea generale della CEI (23-27 maggio), alla quale hanno preso parte, nelle giornate del 24 e 25 maggio, 32 referenti diocesani, cioè due per ogni Regione ecclesiastica, si è ulteriormente riflettuto, in modo sinodale, arrivando a definire alcune priorità sulle quali concentrare il secondo anno di ascolto.

Quali le consegne di questo primo anno? Dalle sintesi diocesane, che andranno valorizzate nelle rispettive Chiese locali, ne emergono alcune: crescere nello stile sinodale e nella cura delle relazioni; approfondire e integrare il metodo della conversazione spirituale; continuare l’ascolto anche rispetto ai «mondi» meno coinvolti nel primo anno; promuovere la corresponsabilità di tutti i battezzati; snellire le strutture per un annuncio più efficace del Vangelo.

Un incontro lungo il cammino

Mentre confluivano le sintesi diocesane nel maggio 2022, l’incontro di Gesù con Marta e Maria, nella casa di Betania (Lc 10,38-42) si è profilato come icona per il secondo anno. Parole come: cammino, ascolto, accoglienza, ospitalità, servizio, casa, relazioni, accompagnamento, prossimità, condivisione… sono risuonate continuamente nei gruppi sinodali e hanno disegnato il sogno di una Chiesa come «casa di Betania» aperta a tutti.

«Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”» (Lc 10,38-42).

«Mentre erano in cammino»: la scena è dinamica, c’è un cammino insieme a Gesù (un «sinodo»). Luca aveva indicato poco prima la composizione del gruppo che accompagnava il Maestro: «In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni» (Lc 8,1-3). Questo gruppo che cammina con il Maestro è il primo nucleo della Chiesa: i Dodici e alcune donne che seguono il Signore lungo la via, peccatori e peccatrici che hanno il coraggio e l’umiltà di andargli dietro. I discepoli e le discepole del Signore non percorrono itinerari alternativi, ma le stesse strade del mondo, per portare l’annuncio del Regno. I discepoli sono «coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace» (Lumen gentium, n. 9): non un gruppo esclusivo, ma uomini e donne come gli altri, con uno sguardo però illuminato dalla fede nel Salvatore, che condividono «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (Gaudium et spes, n. 1).

Il primo anno della fase narrativa del Cammino sinodale ha rappresentato per molti questa esperienza discepolare di «strada» percorsa con Gesù. Si sono create preziose sinergie tra le diverse vocazioni e componenti del popolo di Dio (laici, consacrati, vescovi, presbiteri, diaconi ecc.), tra condizioni di vita e generazioni, tra varie competenze. È unanime la richiesta di proseguire con lo stesso stile, trovando i modi per coinvolgere le persone rimaste ai margini del Cammino e mettersi in ascolto delle loro narrazioni. È diventato sempre più chiaro che lo scopo non è tanto quello di produrre un nuovo documento – pure utile e necessario alla fine del percorso – ma quello di avviare una nuova esperienza di Chiesa.

Unanime è stato l’apprezzamento per il metodo della conversazione spirituale (nella prospettiva di Evangelii gaudium, n. 51) a partire da piccoli gruppi disseminati sul territorio, così come per i frutti che questo ha consentito di raccogliere: una bella eredità da cui ripartire nel secondo anno. L’ascolto della parola di Dio e delle esperienze di vita, a cui segue quello delle risonanze interiori dei compagni di viaggio, crea quel clima di discernimento comunitario che evita logiche di contrapposizione o dibattiti superficiali, permette di ricercare una vera sintonia, lasciando risuonare la voce dello Spirito. Questo metodo spirituale è capace di intercettare non solo il sensus fidei che ogni battezzato vive in proporzione alla profondità della sua adesione al Signore (cf. LG 12), ma anche il «frutto dello Spirito» in tutte le persone di buona volontà (cf. Gal 5,22).

Il discernimento sulle sintesi del primo anno di Cammino ha permesso di focalizzare l’ascolto del secondo anno lungo alcuni assi o cantieri sinodali, da adattare liberamente a ciascuna realtà, scegliendo quanti e quali proporre nel proprio territorio. Il carattere laboratoriale ed esperienziale dei cantieri potrà integrare il metodo della «conversazione spirituale» e aprire il Cammino sinodale anche a coloro che non sono stati coinvolti nel primo anno. Quella del cantiere è un’immagine che indica la necessità di un lavoro che duri nel tempo, che non si limiti all’organizzazione di eventi, ma punti alla realizzazione di percorsi di ascolto ed esperienze di sinodalità vissuta, la cui rilettura sia punto di partenza per la successiva fase sapienziale.

I cantieri sinodali di seguito indicati rilanciano le priorità individuate per il secondo anno del Cammino. È utile ribadire che questo resta un tempo di ascolto e non di letture sistematiche e di risposte pastorali, a cui saranno invece dedicate le successive fasi, sapienziale e profetica. È certo un ascolto «orientato», per poter raccogliere narrazioni utili a proseguire il cammino; un ascolto che si fa riflessione, in una circolarità feconda tra esperienza e pensiero che comincia ad acquisire gli strumenti con cui costruire le novità chieste dallo Spirito. Alla base rimane il lavoro svolto durante il primo anno e la domanda fondamentale del Sinodo universale: «Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, cammina insieme: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?».

Il cantiere della strada e del villaggio

«Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio». Gesù non evita i villaggi, ma insieme al gruppo dei discepoli e delle discepole li attraversa, incontrando persone di ogni condizione. Sulle strade e nei villaggi il Signore ha predicato, guarito, consolato; ha incontrato gente di tutti i tipi – come se tutto il «mondo» fosse lì presente – e non si è mai sottratto all’ascolto, al dialogo e alla prossimità. Si apre per noi il cantiere della strada e del villaggio, dove presteremo ascolto ai diversi «mondi» in cui i cristiani vivono e lavorano, cioè «camminano insieme» a tutti coloro che formano la società; in particolare occorrerà curare l’ascolto di quegli ambiti che spesso restano in silenzio o inascoltati: innanzitutto il vasto mondo delle povertà: indigenza, disagio, abbandono, fragilità, disabilità, forme di emarginazione, sfruttamento, esclusione o discriminazione (nella società come nella comunità cristiana), e poi gli ambienti della cultura (scuola, università e ricerca), delle religioni e delle fedi, delle arti e dello sport, dell’economia e finanza, del lavoro, dell’imprenditoria e delle professioni, dell’impegno politico e sociale, delle istituzioni civili e militari, del volontariato e del terzo settore.

Sono spazi in cui la Chiesa vive e opera, attraverso l’azione personale e organizzata di tanti cristiani, e la fase narrativa non sarebbe completa se non ascoltasse anche la loro voce. Papa Francesco insiste sulla necessità di porsi in ascolto profondo, vero e paziente di tutti coloro che desiderano dire qualcosa, in qualsiasi modo, alla Chiesa (cf. Omelia per l’apertura del Sinodo, 10 ottobre 2021). Il concilio Vaticano II, profezia dei tempi moderni e punto di riferimento per il Cammino, ha ricordato che la Chiesa non solo dà, ma anche riceve dal mondo (cf. GS 44-45).

Nella realizzazione di questo cantiere sinodale dovremo misurarci con la questione dei linguaggi, che in alcuni casi risultano difficili da decodificare per chi non li utilizza abitualmente: basta pensare ai codici comunicativi dei social e degli ambienti digitali abitati dai più giovani, o a quelli delle fratture prodotte dall’emarginazione. Occorrerà, dunque, uno sforzo per rimodulare i linguaggi ecclesiali, per apprenderne di nuovi, per frequentare canali meno usuali e anche per adattare creativamente il metodo della «conversazione spirituale», che non potrà essere applicato dovunque allo stesso modo e dovrà essere adattato per andare incontro a chi non frequenta le comunità cristiane. In tal senso sarà importante rafforzare e rendere stabile nel tempo l’ascolto dei giovani che il mondo della scuola e dell’università ha reso possibile, così da entrare in relazione con persone che altrimenti la Chiesa non incontrerebbe. Camminando per le strade e i villaggi della Palestina, Gesù riusciva ad ascoltare tutti: dai dottori della legge ai lebbrosi, dai farisei ai pescatori, dai giudei osservanti ai samaritani e agli stranieri. Dobbiamo farci suoi discepoli anche in questo, con l’aiuto dello Spirito.

Domanda di fondo: come il nostro «camminare insieme» può creare spazi di ascolto reale della strada e del villaggio?

 

Quest’anno verso quali ambienti vitali possiamo allargare il raggio del nostro ascolto, aprendo dei cantieri?

Quali differenze e minoranze chiedono una specifica attenzione da parte delle comunità cristiane? Che cosa comporterà per la Chiesa assumere queste attenzioni?

Di quali linguaggi dobbiamo diventare più esperti? Come possiamo imparare una lingua diversa dall’«ecclesialese»?

Come comunità ecclesiale, da quali attori o gruppi sociali possiamo imparare o avere imparato qualcosa?

Come possiamo adattare il metodo della conversazione spirituale ai diversi ambiti della vita sociale e civile?

 

Bussola: costituzioni Sacrosanctum Concilium e Lumen Gentium. Con il concilio Vaticano II in cammino verso il giubileo del 2025.

Il cantiere dell’ospitalità e della casa

«Una donna, di nome Marta, lo ospitò» nella sua casa. Il cammino richiede ogni tanto una sosta, desidera una casa, reclama dei volti. Marta e Maria, amiche di Gesù, gli aprono la porta della loro dimora. Anche Gesù aveva bisogno di una famiglia per sentirsi amato. Le comunità cristiane attraggono quando sono ospitali, quando si configurano come «case di Betania»: nei primi secoli, e ancora oggi in tante parti del mondo dove i battezzati sono un «piccolo gregge», l’esperienza cristiana ha una forma domestica e la comunità vive una fraternità stretta, una maternità accogliente e una paternità che orienta. La dimensione domestica autentica non porta a chiudersi nel nido, a creare l’illusione di uno spazio protetto e inaccessibile in cui rifugiarsi. La casa che sogniamo ha finestre ampie attraverso cui guardare e grandi porte da cui uscire per trasmettere quanto sperimentato all’interno – attenzione, prossimità, cura dei più fragili, dialogo – e da cui far entrare il mondo con i suoi interrogativi e le sue speranze. Quella della casa va posta in relazione alle altre immagini di Chiesa: popolo, «ospedale da campo», «minoranza creativa» ecc.

Richiamandosi all’esperienza della pandemia, nel primo anno del Cammino sinodale, molti hanno evidenziato la fecondità della «casa» anche come «Chiesa domestica», luogo di esperienza cristiana (ascolto della parola di Dio, celebrazioni, servizio). Emerge il desiderio poi di una Chiesa plasmata sul modello familiare (sia esso con figli, senza figli, monogenitoriale o unipersonale), capace di ritrovare ciò che la fonda e l’alimenta, meno assorbita dall’organizzazione e più impegnata nella relazione, meno presa dalla conservazione delle sue strutture e più appassionata nella proposta di percorsi accoglienti di tutte le differenze.

Il cantiere dell’ospitalità e della casa dovrà approfondire l’effettiva qualità delle relazioni comunitarie e la tensione dinamica tra una ricca esperienza di fraternità e una spinta alla missione che la conduce fuori. Si interrogherà poi sulle strutture, perché siano poste al servizio della missione e non assorbano energie per il solo auto-mantenimento, e dovrà verificarne sostenibilità e funzionalità. In un «cambiamento d’epoca» come il nostro (cf. papa Francesco, Discorso ai rappresentanti del V Convegno nazionale della Chiesa italiana, 10.11.2015), tale verifica dovrà includere l’impatto ambientale, cioè la partecipazione responsabile della comunità alla cura della casa comune (cf. Laudato si’). Questo cantiere si può aprire anche sugli orizzonti del decentramento pastorale, per una presenza diffusa sul territorio, oltre che sulle strutture amministrative come le «unità pastorali» e simili.

Nell’ambito del cantiere sinodale si potrà poi rispondere alla richiesta, formulata da molti, di un’analisi e un rilancio degli organismi di partecipazione (specialmente i consigli pastorali e degli affari economici), perché siano luoghi di autentico discernimento comunitario, di reale corresponsabilità, e non solo di dibattito e organizzazione.

Domanda di fondo: come possiamo «camminare insieme» nella corresponsabilità?

 

Quali funzioni e impegni sono davvero necessari all’evangelizzazione e quali sono solo vòlti a conservare le strutture? Quali delle nostre strutture si potrebbero snellire per servire meglio l’annuncio del Vangelo?

Che cosa chiedono gli uomini e le donne del nostro tempo, per sentirsi «a casa» nella Chiesa?

Quali passi avanti siamo disposti a fare, come comunità cristiane, per essere più aperte, accoglienti e capaci di curare le relazioni? Esistono esperienze ospitali positive per ragazzi, giovani e famiglie (ad es. l’oratorio)?

Che consapevolezza abbiamo nelle comunità cristiane di essere diocesi, Chiesa locale?

Quale autorità, tra funzione consultiva e deliberativa, si è disposti a riconoscere agli organismi di partecipazione ecclesiale nell’esercizio della comune vocazione battesimale? In quale direzione andrebbero riformati?

Che cos’è che aiuta a vivere l’esperienza cristiana nelle case e cosa servirebbe per essere aiutati a viverla meglio?

 

Bussola: costituzione Gaudium et spes e decreto Apostolicam actuositatem. Con il concilio Vaticano II in cammino verso il Giubileo del 2025.

Il cantiere delle diaconie
e della formazione spirituale

«Maria (…) seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi». L’accoglienza delle due sorelle fa sentire a Gesù l’affetto, gli offre ristoro e ritempra il cuore e il corpo: il cuore con l’ascolto, il corpo con il servizio. Marta e Maria non sono due figure contrapposte, ma due dimensioni dell’accoglienza, innestate l’una nell’altra in una relazione di reciprocità, in modo che l’ascolto sia il cuore del servizio e il servizio l’espressione dell’ascolto.

Gesù non critica il fatto che Marta svolga dei servizi, ma che li porti avanti ansiosamente e affannosamente, perché non li ha innestati nell’ascolto. Un servizio che non parte dall’ascolto crea dispersione, preoccupazione e agitazione: è una rincorsa che rischia di lasciare sul terreno la gioia. Papa Francesco ricorda in proposito che, qualche volta, le comunità cristiane sono affette da «martalismo». Quando invece il servizio si impernia sull’ascolto e prende le mosse dall’altro, allora gli concede tempo, ha il coraggio di sedersi per ricevere l’ospite e ascoltare la sua parola; è Maria per prima, cioè la dimensione dell’ascolto, ad accogliere Gesù, sia nei panni del Signore sia in quelli del viandante.

Il servizio necessita, dunque, di radicarsi nell’ascolto della parola del Maestro («la parte migliore», Lc 10,42): solo così si potranno intuire le vere attese, le speranze, i bisogni. Imparare dall’ascolto degli altri è ciò che una Chiesa sinodale e discepolare è disposta a fare.

Si apre il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale, che focalizza l’ambito dei servizi e ministeri ecclesiali, per vincere l’affanno e radicare meglio l’azione nell’ascolto della parola di Dio e dei fratelli: è questo che può distinguere la diaconia cristiana dall’impegno professionale e umanitario. Spesso la pesantezza nel servire, nelle comunità e nelle loro guide, nasce dalla logica del «si è sempre fatto così» (cf. Evangelii gaudium, n. 33), dall’affastellarsi di cose da fare, dalle burocrazie ecclesiastiche e civili incombenti, trascurando inevitabilmente la centralità dell’ascolto e delle relazioni.

Il Cammino sinodale può far emergere questa fatica in un contesto nel quale si fa esperienza del suo antidoto: l’ascolto della parola di Dio e l’ascolto reciproco, di cui molte sintesi hanno evidenziato una grande sete. Il primo obiettivo di questo cantiere sarà, allora, quello di riconnettere la diaconia con la sua radice spirituale, per vivere la «fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano» (Evangelii gaudium, n. 92).

Si incroceranno, inoltre, le questioni legate alla formazione dei laici, dei ministri ordinati, di consacrate e consacrati; le ministerialità istituite, le altre vocazioni e i servizi ecclesiali innestati nella comune vocazione battesimale del popolo di Dio «sacerdotale, profetico e regale». La centralità delle figure di Marta e Maria richiama poi esplicitamente il tema della corresponsabilità femminile all’interno della comunità cristiana.

Domanda di fondo: come possiamo «camminare insieme» nel riscoprire la radice spirituale («la parte migliore») del nostro servizio?

 

Come possiamo evitare la tentazione dell’efficientismo affannato o «martalismo», innestando il servizio dell’ascolto di Dio e del prossimo? Esistono esperienze positive in merito?

Che cosa può aiutarci a «liberare» il tempo necessario per avere cura delle relazioni?

Come coinvolgere le donne e le famiglie nella formazione e nell’accompagnamento dei presbiteri?

Quali esperienze di ascolto della parola di Dio e crescita nella fede possiamo condividere (gruppi biblici, incontri nelle case, lectio divina, accompagnamento spirituale di singoli e coppie, processi formativi a tutti i livelli...)?

Quali sono i servizi e i ministeri più apprezzati e quelli che si potrebbero promuovere nella nostra comunità cristiana? E ancora: quale spazio rivestono o possono rivestire nelle comunità cristiane le persone che vivono forme di consacrazione e di vita contemplativa?

 

Bussola: costituzione Dei Verbum e decreti Presbyterorum ordinis e Perfectae caritatis. Con il concilio Vaticano II in cammino verso il giubileo del 2025.

Appuntamenti e strumenti

In vista della realizzazione di questi cantieri, durante l’estate 2022, attraverso il sito dedicato (https://camminosinodale.chiesacattolica.it/), verranno messe a disposizione esperienze e buone pratiche come doni reciproci tra le Chiese locali, secondo il metodo praticato nel Convegno ecclesiale di Firenze del 2015 e nella Settimana sociale di Taranto del 2021. Si potranno così trovare spunti utili per la costruzione dei cantieri. A questo scopo ogni Chiesa locale è invitata a inviare alla mail camminosinodale@chiesacattolica.it una o due «buone pratiche» (scheda, video, audio o altro). Si studierà poi come formare gli operatori pastorali all’animazione dei cantieri sinodali, specialmente di quelli della strada e del villaggio, per fornire strumenti utili a mettersi in ascolto attivo dei loro linguaggi. Per l’inizio di settembre verrà inoltre predisposto dal Gruppo di coordinamento nazionale un piccolo sussidio metodologico per favorire la costruzione dei cantieri sinodali. Ogni Chiesa locale ha poi la possibilità di individuare un quarto cantiere, valorizzando una priorità risultante dalla propria sintesi diocesana o dal Sinodo che sta celebrando o ha concluso da poco.

È importante tenere come orizzonte, per l’intero arco del Cammino sinodale, la celebrazione eucaristica quale paradigma della sinodalità. Nella casa di Betania Gesù sedeva a mensa insieme a Marta, Maria e Lazzaro. Nel settembre 2022 il Congresso eucaristico nazionale di Matera metterà in luce questa profonda connessione: nel rito eucaristico si concentrano, in forma simbolica, tutte le dimensioni dell’esperienza cristiana, ovvero il cammino che convoca i discepoli in assemblea, l’ascolto della parola di Dio, la risposta comunitaria a questa Parola, l’accoglienza del dono del corpo e sangue di Gesù, la comunione con lui che rende i fedeli «un solo corpo», l’invio in missione e il ritorno nelle proprie case per vivere il quotidiano. La diversità e l’armonia dei compiti e dei servizi, nel contesto dell’assemblea celebrante presieduta dal ministro, sono lo specchio della Chiesa «sinodale», popolo di Dio in cammino sotto la guida del Signore.

 

Approvato dal Consiglio episcopale permanente riunito in videoconferenza il 5 luglio 2022.

 

Tipo Documento
Tema Sinodo dei vescovi Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area EUROPA
Nazioni

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Da martedì 18 luglio 2023 sono on-line le Linee guida per la fase sapienziale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, giunto al suo terzo anno. Il testo, intitolato Si avvicinò e camminava con loro, è uno strumento per orientare il Cammino sinodale e far sì che il rinnovamento ecclesiale, coltivato nella fase narrativa, si concretizzi.

Le tre sezioni del documento si ispirano al racconto di Emmaus, simbolo scelto per quest’anno. Presentando elementi metodologici, si pone l’obiettivo di rafforzare i temi proposti nelle Linee guida, suggerendo possibili scelte e aspetti ancora da sviluppare. I cinque macro-temi evidenziati sono la missione di prossimità, il linguaggio comunicativo, la formazione alla fede e alla vita, la sinodalità permanente e la corresponsabilità, il cambiamento delle strutture.

Così, ad esempio, il testo registra l’emergere di un’istanza per ripensare la formazione dei sacerdoti, superando il modello di separazione dalla comunità e favorendo un percorso comune tra laici e consacrati. Avverte, inoltre, l’esigenza di aprire strade inesplorate affinché tutti abbiano posto nella Chiesa, a prescindere dalla loro condizione economica e sociale, dalla loro origine e dal loro orientamento sessuale. 

Queste Linee guida gettano un ponte verso la fase profetica, indirizzando le Chiese in Italia a decisioni necessarie di rinnovamento.