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Documenti, 9/2020, 01/05/2020, pag. 259

Francesco: ai movimenti popolari

Francesco

l giorno di Pasqua, 12 aprile 2020, papa Francesco ha indirizzato una lettera «ai fratelli e alle sorelle dei movimenti e delle organizzazioni popolari», che aveva già incontrato negli scorsi anni, in tre occasioni: rispettivamente in Vaticano, il 28 ottobre 2014 (cf. Regno-doc. 19,2014,601); a Santa Cruz de la Sierra (Bolivia), il 9 luglio 2015 (Regno-doc. 26,2015,22) e nuovamente in Vaticano, il 5.11.2016. Segue il testo della lettera (L’Osservatore romano 14-15.4.2020, 10).

Cari amici,

       ricordo spesso i nostri incontri: due in Vaticano e uno a Santa Cruz de La Sierra, e vi confesso che questa «memoria» mi fa bene, mi avvicina a voi, mi fa ripensare a tanti dialoghi durante quegli incontri e a tante speranze che sono nate e cresciute lì, delle quali molte sono diventate realtà. Ora, in mezzo a questa pandemia, vi ricordo di nuovo in modo speciale e desidero starvi vicino.

       In questi giorni di tanta angoscia e difficoltà, molti si sono riferiti alla pandemia che stiamo subendo con metafore belliche. Se la lotta contro il COVID è una guerra, voi siete un vero esercito invisibile che lotta nelle trincee più pericolose. Un esercizio che ha come unica arma la solidarietà, la speranza e il senso della comunità che rinverdisce in questi giorni in cui nessuno si salva da solo. Voi siete per me, come vi ho detto nei nostri incontri, veri poeti sociali, che dalle periferie dimenticate create soluzioni degne per i problemi più urgenti degli esclusi.

       So che molte volte ciò non vi viene riconosciuto come dovuto, perché per questo sistema siete veramente invisibili. Alle periferie non giungono le soluzioni del mercato e scarseggia la presenza protettrice dello stato. E neanche voi avete i mezzi per svolgere la vostra funzione. Venite guardati con diffidenza perché andate oltre la mera filantropia attraverso l’organizzazione comunitaria e rivendicate i vostri diritti, invece di restare rassegnati sperando di vedere cadere qualche briciola da quanti detengono il potere economico. Molte volte mandate giù rabbia e impotenza nel vedere le disuguaglianze che persistono, persino nei momenti in cui non ci sono più scuse per giustificare privilegi. Ma non richiudetevi nel lamento: rimboccatevi le maniche e continuate a lavorare per le vostre famiglie, per i vostri quartieri, per il bene comune. Questo vostro atteggiamento mi aiuta, m’interroga e m’insegna molto.

       Penso alle persone, soprattutto alle donne, che moltiplicano il pane nelle mense comunitarie cucinando con due cipolle e un pacco di riso un delizioso stufato per centinaia di bambini, penso ai malati, penso agli anziani. Non appaiono mai nei media importanti. E neppure i contadini e piccoli agricoltori che continuano a coltivare la terra per produrre alimenti sani senza distruggere la natura, senza accumularli o speculare con i bisogni del popolo. Sappiate che il nostro Padre celeste vi guarda, vi apprezza, vi riconosce e vi rafforza nella vostra opzione.

       Quant’è difficile rimanere in casa per chi vive in un piccolo alloggio precario o per chi addirittura non ha un tetto. Quant’è difficile per i migranti, le persone private della libertà e per quanti stanno seguendo un percorso di recupero da dipendenze. Voi siete lì, state loro accanto fisicamente, per rendere le cose meno difficili, meno dolorose. Mi congratulo con voi e vi ringrazio di cuore. Spero che i governi capiscano che i paradigmi tecnocratici (siano essi statocentrici o mercatocentrici) non sono sufficienti ad affrontare questa crisi e neppure gli altri grandi problemi dell’umanità. Oggi più che mai, sono le persone, le comunità, i popoli a dover stare al centro, uniti per curare, assistere, condividere.

       So che siete stati esclusi dai benefici della globalizzazione. Non godete di quei piaceri superficiali che anestetizzano tante coscienze. Ciononostante ne dovete subire sempre i danni. I mali che affliggono tutti, vi colpiscono doppiamente. Molti di voi vivono alla giornata, senza alcun tipo di tutela legale a proteggervi. I venditori ambulanti, i riciclatori, i giostrai, i piccoli agricoltori, gli operai, i sarti, quanti svolgono attività di assistenza. Voi, lavoratori informali, indipendenti o dell’economia popolare, non avete un salario stabile per far fronte a questo momento… E le quarantene sono per voi insostenibili. Forse è giunto il momento di pensare a un salario universale che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili lavori che svolgete; capace di garantire e trasformare in realtà questa parola d’ordine tanto umana e tanto cristiana: nessun lavoratore senza diritti.

       Vorrei anche invitarvi a pensare al «poi», perché questa tormenta finirà e le sue gravi conseguenze già si sentono. Non siete degli sprovveduti, avete la cultura, la metodologia, ma soprattutto la saggezza che s’impasta con il lievito di sentire il dolore dell’altro come proprio. Pensiamo al progetto di sviluppo umano a cui aneliamo, incentrato sul protagonismo dei popoli in tutta la loro diversità e sull’accesso universale a quelle tre T che voi difendete: tierra, techo y trabajo, terra, tetto e lavoro. Spero che questo momento di pericolo ci stacchi dal pilota automatico, scuota le nostre coscienze addormentate e permetta una conversione umanista ed ecologica che metta fine all’idolatria del denaro e ponga al centro la dignità e la vita. La nostra civiltà, tanto competitiva e individualista, con i suoi ritmi frenetici di produzione e di consumo, i suoi lussi eccessivi e i guadagni smisurati per pochi, ha bisogno di rallentare, di ripensarsi, di rigenerarsi. Voi siete costruttori indispensabili di questo cambiamento improrogabile; in più possedete una voce autorevole per testimoniare che ciò è possibile. Conoscete crisi e privazioni… che con pudore, dignità, impegno, sforzo e solidarietà riuscite a trasformare in promessa di vita per le vostre famiglie e le vostre comunità.

       Continuate la vostra lotta e prendetevi cura gli uni degli altri come fratelli. Prego per voi, prego con voi e chiedo a Dio Padre di benedirvi, di colmarvi del suo amore e di difendervi lungo il cammino, dandovi quella forza che ci tiene in piedi e non delude: la speranza. Per favore, pregate per me perché anch’io ne ho bisogno.

       Fraternamente,

Francesco

 

       Città del Vaticano, 12 aprile 2020, domenica di Pasqua.

Tipo Documento - Parte / Inserto
Tema Francesco Associazioni - Movimenti Vita internazionale
Area
Nazioni

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Il 10 febbraio papa Francesco ha scritto una lettera alla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, pubblicata poi il giorno successivo. Il tema riguarda le «deportazioni di massa» che la nuova amministrazione Trump ha già attivato, mobilitando l’esercito (cf. anche Regno-att. 4,2025,70 e 106). La lettera invita i vescovi a resistere al provvedimento. Si tratta di fatto di una rottura tra Roma e Washington che non ha precedenti. Il papa esorta «tutti i fedeli della Chiesa cattolica, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a non cedere a narrazioni che discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati».

Il giorno stesso i vescovi degli Stati Uniti hanno risposto al papa per bocca del presidente della Conferenza dei vescovi cattolici, l’ordinario militare mons. Timothy Broglio (cf. riquadro a p. 130).