Il vescovo e la nullità matrimoniale
Discorso ai partecipanti al corso promosso dal Tribunale della Rota romana
«Da sempre il vescovo diocesano è iudex unum et idem cum vicario iudiciali», ma tale principio «viene interpretato in maniera di fatto escludente l’esercizio personale del vescovo diocesano, delegando quasi tutto ai Tribunali». Nel Discorso ai partecipanti al corso promosso dal Tribunale della Rota romana, il 25 novembre 2017, il papa ha invece ribadito e chiarito ulteriormente il ruolo dei vescovi nei processi di nullità matrimoniale, precisando quello che è «determinante ed esclusivo nell’esercizio personale del vescovo diocesano giudice». In sostanza il processo più breve per certificare la nullità matrimoniale, introdotto nel 2015 con i due motu proprio Mitis iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus (Regno-doc. 29,2015,5), non è un’opzione che il vescovo possa scegliere ma un obbligo (e un diritto dei fedeli), e non può essere delegato in toto al Tribunale diocesano o interdiocesano, cosa che «porterebbe a snaturare e ridurre la figura del vescovo padre, capo e giudice dei suoi fedeli a mero firmatario della sentenza». Perché si possa celebrare il processo breve devono altresì ricorrere alcune condizioni indispensabili: per il vescovo l’essere capo di una comunità diocesana di fedeli, per il matrimonio l’assoluta evidenza dei fatti comprovanti la presunta nullità e il consenso dei due sposi. Il papa ha anche ribadito che questa procedura dev’essere facilmente accessibile e gratuita per gli interessati.
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