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Documenti, 15/2004, 01/09/2004, pag. 463

La meta del mio pellegrinaggio

Giovanni Paolo II
La recita dei «misteri luminosi» (da lui stesso «aggiunti» al Rosario), seguendo la processione dalla «papamobile», accompagnato dagli altri pellegrini: malati, volontari, medici, sacerdoti, vescovi…; poi l’avvio della tradizionale processione «aux flambeaux», consacrata a impetrare il dono della pace. E la domenica, solennità dell’Assunzione, la celebrazione della messa nella «Prairie» del Santuario di Lourdes, con l’omelia centrata sul 150° della promulgazione del dogma dell’immacolata concezione. Se la preghiera di Giovanni Paolo II è stata definita come un suo singolare «mettersi in Dio», questo 104° viaggio fuori d’Italia, che lo ha condotto, pellegrino e visibilmente malato, a Lourdes il 14-15 agosto 2004, è stato per intero un «mettersi in Maria», una sintesi orante della devozione mariana che ha così fortemente caratterizzato questo pontificato. Quelli che pubblichiamo sono, in ordine cronologico, i principali testi pronunciati dal papa in pubblico nei due giorni del pellegrinaggio. Nel riquadro a p. 000, anche l’indirizzo d’omaggio rivoltogli dal presidente francese Chirac.

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Leggi anche

Documenti, 2015-14

Dichiarazione comune

Giovanni Paolo II, Karekin II
Dal 25 al 27 settembre 2001 Giovanni Paolo II visitò l’Armenia, terra di un antichissimo popolo cristiano, per tradizione il primo fra tutti i popoli a riconoscere il cristianesimo come religione della nazione. Si trattò allora di «un vero e proprio pellegrinaggio alle sorgenti della fede di quel popolo», che celebrava in quell’anno il 1700° anniversario della sua conversione al cristianesimo. Fu in quel contesto che papa Woytjla e il catholicos di tutti gli armeni Karekin II firmarono una Dichiarazione comune, nella quale compaiono le parole: «Lo sterminio di un milione e mezzo di cristiani armeni, che generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo» (Regno-doc. 17,2001,541), citate da papa Francesco durante la celebrazione in San Pietro per il centenario dell’evento (cf. in questo numero alle pp. 1ss). Nella Dichiarazione si leggeva ancora che «gli innocenti che furono massacrati senza motivo non sono canonizzati, ma molti di loro sono stati certamente confessori e martiri per il nome di Cristo»; questo riconoscimento sarà infine celebrato, il prossimo 23 aprile, da Karekin II con una solenne liturgia «per canonizzare i figli e figlie [dell’Armenia] che hanno accettato il martirio come santi “per la fede e per la patria”» (cf. in questo numero alle pp. 7ss).
Documenti, 2009-3

Con grande afflizione

Giovanni Paolo II, Congr. per i vescovi, Pont. cons. per i testi legislativi
All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni.
Documenti, 2009-3

Con grande afflizione. Ecclesia Dei. Motu proprio di Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II
All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni.