D
Documenti
Documenti, 15/2003, 01/08/2003, pag. 501

Il suicidio assistito

Vescovi cattolici di Inghilterra e Galles
Il 6 giugno scorso, a Londra (Regno Unito), la Camera dei Lord ha discusso in seconda lettura un disegno di legge riguardante il suicidio assistito – The Patient (Assisted Dying) Bill –, avendo esso a parere dei Lord sufficienti garanzie a salvaguardia dei diritti dei pazienti vulnerabili. Il progetto è stato approvato in linea di massima ed esso torna ora all’esame della Commissione parlamentare congiunta sui diritti umani, dalla quale proveniva. La questione del «suicidio assistito» aveva avuto la sua massima risonanza in Inghilterra nel 2002 con il caso di Dianne Pretty, la giovane donna affetta da una grave e irreversibile patologia neuromotoria, morta nel maggio dello stesso anno. Ella si era rivolta al procuratore generale prima, e all’Alta Corte, poi, per ottenere la non punibilità per il marito qualora l’avesse aiutata a suicidarsi. Entrambi gli organismi avevano rifiutato anche in appello la sua richiesta. Nell’aprile del 2002 si era quindi rivolta alla Corte europea di Strasburgo che aveva anch’essa ribadito la linea dei giudici inglesi. Dall’ampio dibattito che si è sviluppato a partire dal caso Pretty riportiamo, per parte cattolica, due testi a firma di mons. Peter Smith, arcivescovo di Cardiff e presidente della competente commissione episcopale: la Lettera aperta ai membri cattolici della Camera dei Lord (25.5.2003) in vista della discussione parlamentare del 6 giugno, e l’articolata Dichiarazione che egli aveva pronunciato davanti alla Camera dei Lord nei primi mesi del 2002 a nome di tutto l’episcopato cattolico. Originale: stampa (28.7.2003) da sito Internet: www.catholic-ew.org.uk; traduzioni dall’inglese e sottotitoli redazionali.

La lettura dell'articolo è riservata agli abbonati a Il Regno - attualità e documenti o a Il Regno digitale.
Gli abbonati possono autenticarsi con il proprio codice abbonato. Accedi.

Leggi anche

Documenti, 2015-17

Ai cattolici, in vista delle elezioni

Conferenza dei vescovi cattolici di Inghilterra e Galles
«In queste elezioni generali ci viene chiesto di pensare al tipo di società che vogliamo nel nostro paese e all’estero». Il 24 febbraio la Conferenza dei vescovi cattolici di Inghilterra e Galles ha pubblicato una lettera intitolata The General Election 2015. A letter to Catholics in England and Wales from their Bishops. Nella lettera, distribuita in oltre 500.000 copie nelle parrocchie, si coglie la preoccupazione per la crescente disaffezione della gente e il desiderio di contrastare il disimpegno e l’astensione: «Ognuno di noi ha la responsabilità di partecipare al processo democratico. È importante votare. È un dovere che scaturisce dal privilegio di vivere in una società democratica». Il testo individua poi alcune questioni ritenute centrali per il discernimento in vista del voto, ciascuna accompagnata da una domanda per la riflessione personale: il rispetto della vita; il sostegno al matrimonio e alla famiglia; la povertà; l’educazione e la scuola; l’Europa, il lavoro e il volontariato, le migrazioni e la libertà religiosa; l’ecologia.
Documenti, 2012-19

Contro il matrimonio tra omosessuali. Un'istituzione antichissima

Vescovi cattolici di inghilterra e Galles; P. Smith
«L’istituzione del matrimonio non ha mai impedito lo sviluppo di altre forme di amicizia o relazione umana…, ma a esse non è mai stato dato il nome di “matrimonio”. Il matrimonio è quindi unico e distinto da tutte le altre relazioni umane» (vescovi cattolici). E «modificare la natura del matrimonio per tutti sarebbe divisivo e non apporterebbe evidenti vantaggi legali, dati i diritti già conferiti dalle unioni civili» alle coppie omosessuali (Chiesa d’Inghilterra). Inviate il 12 giugno 2012 all’Ufficio governativo per le parità, che ha promosso una consultazione sul diritto delle coppie omosessuali a contrarre matrimonio, le Risposte alla consultazione «Parità nel matrimonio civile» da parte della Chie sa di stato anglicana e della Conferenza dei vescovi cattolici d’Inghilterra e Galles esprimono parere negativo: in primo luogo perché la natura del matrimonio non è modificabile per legge; e in secondo luogo perché l’assicurazione che il matrimonio religioso rimarrebbe escluso dalla modifica è impropria – in quanto l’istituzione è unica, a prescin de re dalla forma con cui viene contratta – e incerta sulla base del diritto.