Dopo aver ricordato nella preghiera papa Francesco, ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma dal 14 febbraio, il Consiglio permanente della CEI è entrato nel vivo del suo ordine del giorno. Si è parlato di giubileo e della necessità che esso sia accompagnato da «gesti concreti» che ne incarnino lo spirito, con particolare riferimento alla pace, all’ecologia e al mondo del carcere. Rapido, nel Comunicato finale, il cenno al Sinodo italiano, dal quale si coglie che sarà la Presidenza della CEI, assieme ai vescovi della Presidenza del Comitato nazionale del Sinodo, a stilare le Proposizioni in discussione alla II Assemblea del 31 marzo – 3 aprile. Ampio spazio è stato dato al tema della pace senza «se» e senza «ma», con ampia eco del magistero recente di Francesco: no alla retorica bellicistica, no all’innalzamento delle spese militari, no ai «nazionalismi antiumani». Quanto ai «temi della sicurezza e della difesa, è fondamentale che tali preoccupazioni non diventino tamburi di guerra» – affermano i presuli guardando all’Europa –. D’altra parte è opportuna una «Camaldoli europea», così come l’ha definita il cardinale presidente, il card. Matteo Maria Zuppi, anche come rilancio dell’impegno dei cattolici in politica che hanno vissuto una sorta di piccola primavera nella Settimana sociale di Trieste.
Nel precipitare della crisi causata dalla minaccia delle milizie ribelli M23 (cf. Regno-att. 4,2025,111), la Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO, cattolica), insieme alla protestante Chiesa di Cristo, ha pubblicato il 18 gennaio un documento intitolato Tabella di marcia del Patto sociale per la pace e la buona convivenza nella Repubblica democratica del Congo e nella regione dei Grandi laghi (www.cencordc.org; nostra traduzione dal francese con titolazione redazionale).
Nella Repubblica democratica del Congo «ci sono 27 milioni di vittime di insicurezza alimentare acuta e più di 5,7 milioni di sfollati tra il Nord Kivu, il Sud Kivu, l’Ituri e il Tanganica… Solo nelle due province più colpite dalla violenza, il Nord Kivu e l’Ituri, 4 milioni di persone sono state sfollate dal loro ambiente naturale, ovvero il 28% della popolazione del Nord Kivu e il 39% di quella dell’Ituri. Nella regione orientale della Repubblica democratica del Congo operano più di 252 gruppi armati locali e 14 gruppi ribelli stranieri». Nella regione dei Grandi laghi torna ad affacciarsi lo spettro di una catastrofe umanitaria, con il nuovo acuirsi della crisi provocata dalle milizie ribelli del gruppo «23 marzo» (M23), sostenute dal Ruanda, che il 27 gennaio senza alcuna resistenza da parte dell’esercito congolese hanno conquistato Goma, capitale del Nord Kivu. Nel frattempo la Conferenza episcopale nazionale del Congo (paese a maggioranza cristiana), insieme alla protestante Chiesa di Cristo in Congo che riunisce 64 denominazioni evangeliche del paese, ha lanciato il progetto di un Patto sociale per la pace e la buona convivenza (cf. riquadro a p. 186). E il 24 dicembre ha inviato ai fedeli del paese un appello dal titolo La mia priorità è la pace per sollecitare l’adesione a questo patto.
«Lanciamo questo appello nella speranza che l’urgenza e la necessità della pace trionfino sulle ferite del passato e sui rancori del presente».
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