Non poteva iniziare i lavori senza rivolgere un pensiero alla pace il parlamentino dei vescovi italiani, riunito dal 23 al 25 settembre, che si è chiuso con un Appello per la pace rivolto in particolare al Medio Oriente e all’Ucraina. Per quanto riguarda lo specifico dell’ordine del giorno, i punti salienti sono tre. Il primo è l’Assemblea sinodale che si terrà dal 15 al 17 novembre: i vescovi hanno approvato i Lineamenti, di cui aveva discusso il Comitato sinodale il 7-8 settembre, e che presentano tre nuclei: «il rinnovamento della mentalità ecclesiale e delle prassi pastorali; la formazione alla fede e alla vita; la corresponsabilità» in uno stile «missionario», caratterizzato dalla «prossimità». Il secondo punto è la riforma degli uffici e dei servizi della CEI. Sono state individuate due macro aree, «annuncio e celebrazione della fede» e «testimonianza della vita cristiana», nelle quali «gli uffici e i servizi, con le relative attività e competenze, vengono ricompresi in alcuni poli pastorali». Il terzo è l’insegnamento della religione cattolica in vista del 40o anniversario della firma dell’Intesa del 1985. È stato steso un primo schema «con l’obiettivo di fare sintesi fra “cose antiche” e “cose nuove” per metterlo a disposizione dei bambini e dei giovani che oggi affrontano il cammino della crescita».
La pace – da invocare, da costruire, da promuovere – è stata il Leitmotiv della sessione primaverile del Consiglio episcopale permanente, che si è svolta a Roma, dal 18 al 20 marzo, sotto la guida del cardinale presidente Matteo Zuppi. In apertura dei lavori i vescovi hanno ribadito la loro vicinanza e solidarietà a papa Francesco, sottolineando la necessità di un impegno per la pace a 360°, fatto di preghiera, formazione e gesti concreti.
«Per mandato della Corte costituzionale, l’Ecuador è il nono paese al mondo ad accettare l’eutanasia, nonostante abbia solo il 3,5% di copertura di cure palliative per la popolazione. È preoccupante osservare come la cultura dell’usa e getta, promossa da alcuni giudici, stia diventando una nuova parte della nostra realtà sociale». La Chiesa cattolica dell’Ecuador ha condannato l’autorizzazione al sui-
cidio assistito in alcuni casi nel paese sudamericano, che ora è il secondo del subcontinente dopo la Colombia a consentire in alcuni casi l’eutanasia. La Corte costituzionale ecuadoriana, infatti, il 7 febbraio ha approvato la depenalizzazione della pratica con sette voti favorevoli dei nove magistrati che compongono il tribunale. La Corte ha indicato come condizione necessaria che il paziente viva «una condizione di intensa sofferenza derivante da lesioni fisiche gravi e irreversibili, o da una malattia grave e insanabile».
Secondo i vescovi l’insufficiente approfondimento delle definizioni metterebbe a repentaglio la vita di pazienti psichiatrici o di persone con disturbi mentali, e persino i bambini. I vescovi criticano anche il fatto che la legalizzazione del suicidio assistito avvenga in un contesto di mancanza di cure palliative.
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