C’è molta attualità nel Comunicato finale della sessione straordinaria del Consiglio permanente della CEI del 27 maggio scorso: si parla di papa Leone XIV, al quale i vescovi esprimono «obbedienza filiale» nella «memoria di quanto ricevuto» da papa Francesco. Si parla di pace «disarmata e disarmante», come l’ha definita Leone XIV sulla scia del predecessore, riferita all’Ucraina e alla Striscia di Gaza in particolare. Si parla poi dei referendum dei primi di giugno, lasciando intendere che i vescovi porrebbero un «sì» al quesito sulla cittadinanza ai migranti, anche se sarebbe meglio «una riforma complessiva della legge». Si parla di carceri e del loro affollamento; si parla d’«infinita dignità della persona dal concepimento alla morte naturale», facendo indiretto riferimento da un lato alla sentenza della Corte costituzionale relativa a un minore e alle sue due «madri», dall’altro alla legge toscana sul fine vita. Ma al centro del Consiglio straordinario c’era il prosieguo del Cammino sinodale italiano dopo l’Assemblea del marzo scorso, definita «vivace e creativa». I vescovi hanno steso un «cronoprogramma che prevede un’intensa attività di stesura del testo da presentare alla votazione all’Assemblea sinodale» di ottobre, passando da tutti gli organismi della CEI e dal Comitato sinodale.
Il 13 marzo 2025 i vescovi cattolici della Bolivia hanno nuovamente preso la parola, con un co- municato intitolato A mali estremi, estremi rimedi, per chiedere cambiamenti radicali di fronte alla profonda crisi politica e istituzionale che sta attra- versando la Bolivia, che si prepara al voto in agosto.
A partire dalla preoccupazione per la violenza che sta vivendo il paese, l’episcopato della Bolivia ha pubblicato il 4 ottobre 2024 una «lettera pastorale sulla violenza» intitolata Per una cultura di pace, proponendo a tutto «il caro popolo boliviano» di lavorare per la costruzione di una società in cui scompaia la violenza (il paese è uno dei più poveri dell’America Latina, con un livello di violenza molto alto soprattutto nei confronti delle donne e dei bambini) e regni la pace. Secondo i vescovi «la violenza è una cultura ormai radicata nel nostro ambiente, nelle diverse istituzioni e ambiti sociali, sembra che sia diventata qualcosa di normale nella nostra vita quotidiana, e che vi sia un alto grado di insensibilità verso le situazioni di violenza». Innanzitutto, considerato il problema delle violenze sessuali su minori da parte dei membri del clero, si premette che «non possiamo esprimerci su questo tema senza prima chiedere perdono a coloro che hanno subito queste situazioni di violenza. I segnali e gli sforzi che la Chiesa sta compiendo cercano di realizzare un processo di prevenzione e di escludere qualsiasi tipo d’impunità». Quindi, seguendo il classico schema «vedere - giudicare - agire», vengono affrontate con un rimando alla morale più tradizionale le questioni della violenza domestica e di genere, e con una maggior efficacia e precisione i problemi della violenza collettiva ed ecologica.
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