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Attualità
Attualità, 18/2025, 15/10/2025, pag. 497

Leone XIV - Dilexi te: nel segno dell'unità

Gianfranco Brunelli

Nel giorno di Francesco d’Assisi, il 4 ottobre, Leone XIV firma la sua prima esortazione apostolica: Dilexi te, Ti ho amatoUn testo che prosegue idealmente l’ultima enciclica di papa Francesco, Dilexit nos, Ci ha amati. Iniziato dal predecessore, è stato portato a termine da Leone a ribadire la continuità fra i due pontificati, certamente sul piano dell’insegnamento sociale della Chiesa.

Nel giorno di Francesco d’Assisi, il 4 ottobre, Leone XIV firma la sua prima esortazione apostolica: Dilexi te, Ti ho amato. Un testo che prosegue idealmente l’ultima enciclica di papa Francesco, Dilexit nos, Ci ha amati. Iniziato dal predecessore, è stato portato a termine da Leone a ribadire la continuità fra i due pontificati, certamente sul piano dell’insegnamento sociale della Chiesa.

Già Francesco aveva pubblicato come sua prima enciclica il documento preparato da Benedetto XVI, Lumen fidei, La luce della fede. E sebbene allora il papa dimissionario fosse ancora vivo, e dunque il debito di riconoscenza di Francesco ancora più evidente, con questo gesto Leone instaura quasi una prassi: la continuità come segno dell’unità della Chiesa.

Lo sviluppo del magistero della Chiesa sui temi sociali e della povertà ha preso un carattere ancora più marcato attraverso la teologia conciliare. Fra l’amore a Dio e l’amore al povero vi è un nesso inscindibile e indistinguibile. I poveri sono un luogo teologico che coinvolge la rivelazione e la salvezza. La costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium ribadisce come Cristo abbia realizzato l’opera di redenzione nella povertà e nella persecuzione, e così la Chiesa è chiamata a percorrere la stessa strada. Così i poveri non sono solo un problema sociale, ma il cuore stesso della vita della Chiesa. Il criterio teologico diventa antropologico ed ecclesiologico.

Papa Leone ribadisce con papa Francesco che oggi si può parlare di Dio innanzitutto a partire dalla sofferenza degli innocenti, il che definisce chi è la persona umana, mentre la trasformazione del mondo è un compito della Chiesa e del cristiano. L’amore di Cristo, che si fa carne nell’amore ai poveri, abbraccia interamente l’umanità sofferente, senza esclusioni.

Il papa agostiniano s’inserisce così nella scia dei predecessori: Giovanni XXIII con l’appello di Mater et magistra ai paesi ricchi a non rimanere indifferenti davanti ai paesi oppressi da fame e miseria (n. 83); Paolo VI con la Populorum  progressio e l’anelito alla liberazione dei popoli; e ancora Giovanni Paolo II che consolidò dottrinalmente «il rapporto preferenziale della Chiesa con i poveri»; e poi Benedetto XVI con la Caritas in veritate, con la sua lettura più marcatamente politico-culturale delle crisi del terzo millennio. Infine, Francesco che della cura «per i poveri» e «con i poveri» ha fatto uno dei capisaldi del pontificato. Nel solco di questa tradizione, Leone richiama i santi della carità e l’«opzione preferenziale» per i poveri, espressione nata in America Latina (cf. n. 16), nell’Assemblea dell’episcopato latinoamericano a Puebla.

Le note più dure riguardano le nuove povertà, e innanzitutto i migranti: «La Chiesa, come una madre, cammina con coloro che camminano. Dove il mondo vede minacce, lei vede figli; dove si costruiscono muri, lei costruisce ponti. (…) E sa che in ogni migrante respinto è Cristo stesso che bussa alle porte della comunità» (n. 75).

Poi la violenza contro le donne e la loro esclusione. «Doppiamente povere» – aggiunge citando il n. 212 di Evangelii gaudium – sono «le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti» (n. 12).

Infine il ritorno ai temi cari a papa Paolo VI, come quello dell’attenzione alle radici della povertà: «I poveri non ci sono per caso o per un cieco e amaro destino. Tanto meno la povertà, per la maggior parte di costoro, è una scelta. Eppure, c’è ancora qualcuno che osa affermarlo» – sottolinea (n. 14). «Ovviamente tra i poveri c’è pure chi non vuole lavorare», ma contemporaneamente non si può affermare che hanno «meriti solo quelli che hanno avuto successo nella vita» (n. 14).

Per questo Leone stigmatizza il tentativo spesso cavalcato dalle destre estreme e da un certo elitarismo ecclesiastico di separare la dottrina dalla vita civile e sociale. «C’è chi continua a dire: “Il nostro compito è di pregare e di insegnare la vera dottrina”» (n. 114): la promozione dei poveri è un’azione integrale, materiale e spirituale.

 

Gianfranco Brunelli

Tipo Articolo
Tema Leone XIV
Area
Nazioni

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