Ebraismo, cristianesimo e cancel culture. Figlie e figli di chi? Le identità perdute
Oggi «le identità vengono maltrattate, ma è bene farsi carico di ciò che è stato loro attribuito, evitando di lasciare questo tema in mano ai reazionari o ai fondamentalisti, poiché si tratta di questioni umane e sociali fondamentali». È questo il nucleo del saggio di Pierre Gisel. Il suo percorso va dalla centralità delle genealogie nella Bibbia ebraica alla filialità, che nel cristianesimo sfuma in un’«offerta per tutti» secondo una «modalità adottiva e appartenente a un ordine dello spirito»: un orizzonte universale, con la sua ambivalenza verso una «omogeneizzazione totalizzante». Lo sguardo poi corre alla modernità, con la rottura delle discendenze e delle identità autoreferenziali, e soprattutto alla postmodernità, con la fine dei messianismi e degli ideali sociali e il primato del funzionale su uno sfondo neutralizzato. L’autore vede la società attuale condurre «un processo di omogeneizzazione in sordina», giustificato in termini di «egualitarismo indifferenziato, con l’obbligo di adattarsi» e con il conseguente fiorire di radicalizzazioni (ne fa parte anche la cancel culture).
È necessario un passo indietro: non «tornare ad abitare le antiche discendenze e tradizioni così come sono», ma «affrontare deliberatamente la pluralità di cui è intessuto il mondo». Una rilettura della propria storia e una rielaborazione delle proprie proposte, conclude Gisel, che interpella tanto il cristianesimo quanto la modernità.
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