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Attualità
Attualità, 22/2022, 15/12/2022, pag. 727

Ebraismo, cristianesimo e cancel culture. Figlie e figli di chi? Le identità perdute

Pierre Gisel

Oggi «le identità vengono maltrattate, ma è bene farsi carico di ciò che è stato loro attribuito, evitando di lasciare questo tema in mano ai reazionari o ai fondamentalisti, poiché si tratta di questioni umane e sociali fondamentali». È questo il nucleo del saggio di Pierre Gisel. Il suo percorso va dalla centralità delle genealogie nella Bibbia ebraica alla filialità, che nel cristianesimo sfuma in un’«offerta per tutti» secondo una «modalità adottiva e appartenente a un ordine dello spirito»: un orizzonte universale, con la sua ambivalenza verso una «omogeneizzazione totalizzante». Lo sguardo poi corre alla modernità, con la rottura delle discendenze e delle identità autoreferenziali, e soprattutto alla postmodernità, con la fine dei messianismi e degli ideali sociali e il primato del funzionale su uno sfondo neutralizzato. L’autore vede la società attuale condurre «un processo di omogeneizzazione in sordina», giustificato in termini di «egualitarismo indifferenziato, con l’obbligo di adattarsi» e con il conseguente fiorire di radicalizzazioni (ne fa parte anche la cancel culture).
È necessario un passo indietro: non «tornare ad abitare le antiche discendenze e tradizioni così come sono», ma «affrontare deliberatamente la pluralità di cui è intessuto il mondo». Una rilettura della propria storia e una rielaborazione delle proprie proposte, conclude Gisel, che interpella tanto il cristianesimo quanto la modernità.

 

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Come nel caso del cristianesimo: in primo luogo in relazione alla Bibbia, che alcuni vorrebbero riscrivere, anche in un modo più sottile ma sintomatico che la svincola dalla tradizione di cui è intessuta come testo canonico. In secondo luogo, considerando due casi: il violento testo di Martin Lutero sugli ebrei e le condanne del papato, nel Sillabo, nei confronti d’ogni autonomia di un ordine umano e civile concepito al di fuori di riferimenti religiosi, in questo caso cristiani, o addirittura specificamente cattolici. In definitiva, occorre aprirsi a un modo d’investire sul passato e sul presente che avvalora la fecondità delle differenze, lontano da ogni visione idealista e surrettiziamente totalizzante.

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