Alla ricerca dell’uomo
Genesi e ragioni del recente documento della Pontificia commissione biblica
L’ultimo documento redatto dalla Pontificia commissione biblica è stato pubblicato sotto forma di libro, dal titolo Che cosa è l’uomo? Un itinerario di antropologia biblica (LEV, Città del vaticano 2019, pp. 336, € 15). Datato simbolicamente 30 settembre, festa di san Girolamo, il testo è stato reso noto solo a dicembre, suscitando qualche immediata polemica, concentrata su alcuni passaggi, estrapolati dal contesto, dedicati all’omosessualità. Le reazioni hanno indotto il segretario della Commissione, il gesuita Pietro Bovati, a compiere alcune precisazioni sugli autentici scopi dell’ampio documento.1
L’ultimo documento redatto dalla Pontificia commissione biblica è stato pubblicato sotto forma di libro, dal titolo Che cosa è l’uomo? Un itinerario di antropologia biblica (LEV, Città del vaticano 2019, pp. 336, € 15). Datato simbolicamente 30 settembre, festa di san Girolamo, il testo è stato reso noto solo a dicembre, suscitando qualche immediata polemica, concentrata su alcuni passaggi, estrapolati dal contesto, dedicati all’omosessualità. Le reazioni hanno indotto il segretario della Commissione, il gesuita Pietro Bovati, a compiere alcune precisazioni sugli autentici scopi dell’ampio documento.1
Le direttrici principali che chiariscono il senso del lavoro della Commissione sono in sostanza riconducibili a tre. Esse riguardano nell’ordine: la committenza, lo scopo e infine la metodologia e l’articolazione del testo. Il documento è stato sollecitato direttamente da papa Francesco 5 anni fa. L’intendimento era trasparente; ci troviamo in un tempo nel quale i cambiamenti epocali in atto si ripercuotono in maniera diretta tanto sui modi d’intendere la persona umana (espressione cara alla tradizione cattolica novecentesca, ma, in sostanza, assente dal documento) quanto sui comportamenti e gli stili di vita sia individuali sia collettivi.
Nello specifico, sul piano teorico, le neuroscienze appaiono lo specchio, forse più evidente, di questi mutamenti, mentre le relazioni sessuali e le scelte relative all’inizio e alla fine della vita lo sono su quello pratico. In che modo la parola di Dio può illuminarci al riguardo? Proprio questo fu il compito affidato da papa Francesco alla Commissione formata da illustri biblisti.2 I tempi di elaborazione sono stati però così lunghi da depotenziare la funzione di ausilio biblico dell’attuale pontificato di Che cosa è l’uomo?
Lo scopo del testo è riassumibile attraverso una citazione tratta dalla costituzione conciliare Gaudium et spes: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» (n. 22; EV 1/1385). Per comprendere in questo contesto il senso dell’affermazione occorre osservarla alla luce dell’impostazione complessiva del documento. Il testo non procede affermando fin dal principio la verità dell’incarnazione al fine di presentarla subito come risposta di fede al mistero dell’uomo.
Itinerario
L’andamento è radicalmente diverso, si segue un percorso biblico complessivo che prende le mosse dal mistero (riferimento costante) dell’uomo creato da Dio. Si seguono poi i modi nei quali l’essere umano è presentato nei vari testi biblici per condurci poi, passo dopo passo, fino a Gesù uomo perfetto e Verbo incarnato. Seguendo un percorso narrativo il mistero dell’uomo sfocia, perciò, in un altro e ancor più grande mistero.
In un certo senso, la verità è dunque conseguita proprio nel momento in cui non la si considera un possesso pieno. Colta in questa luce, la constatazione che il titolo sia formulato attraverso un interrogativo assume un carattere simbolico.
Il riferimento al Salmo 8, per quanto ripreso per esteso nel testo (cf. n. 61) non è, in realtà, portante. Il brano fondativo è infatti costituto dal secondo e dal terzo capitolo della Genesi. Dal Salmo si sarebbe, in effetti, potuto trarre qualche altro spunto, a iniziare dalla stessa domanda iniziale che si chiede: «che cos’è (mah) l’uomo?» e non «chi (mi) è l’uomo?». Siamo di fronte a un’espressione «umile».
Nel salmo non si va alla ricerca di una definizione (come nel «che cos’è?» socratico-platonico), piuttosto si vuole indicare la radicale terrestrità del vivente. L’espressione sembra, dunque, sottolineare la componente di fragilità materiale insita nella creatura umana. Colto sotto questo profilo, nulla distingue l’essere umano dagli altri viventi. Sono solo il ricordo e la cura divini a trasformare la generalità del «che cosa» in un «chi» in grado di rivolgersi al Signore in seconda persona singolare. L’interrogativo biblico infatti si chiede: «Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi?».
Il documento propone, come dice il titolo, «un itinerario di antropologia biblica». Ci troviamo davanti a un semplice articolo indeterminato? In un certo senso sì, in quanto, com’è ovvio, quello svolto non è presentato come l’unico percorso possibile. Per altri versi la risposta è invece negativa: l’articolo, lungi dall’essere generico, indica l’unità di un itinerario teologico-narrativo esteso dalla Genesi all’Apocalisse.
L’antropologia biblica presuppone l’esistenza di una teologia biblica. Il testo dà prova di conoscere l’obiezione secondo la quale la varietà di fonti e di orientamenti presenti nei libri biblici impedisce una declinazione al singolare del termine teologia; il rilievo critico viene però confutato appellandosi al fatto che è proprio la dinamicità e lo sviluppo storico della Parola rivelata a permetterci di cogliere la varietà e la complessità del disegno salvifico unitario voluto da Dio.
L’asse temporale (Dio si è rivelato nella storia) se da un lato consente di assumere un andamento in grado di tener assieme le diversità, dall’altro obbliga a valutare la presenza di prospettive storicamente e culturalmente datate non più proponibili al giorno d’oggi. Mentre in alcuni campi, per esempio quello della cosmologia o della legislazione penale, il discernimento tra il transitorio e il permanente è da tempo consolidato, in altri – e tra essi rientra anche l’antropologia – il discorso si fa più articolato e complesso.
In particolare ciò avviene quando si prende in considerazione l’aspetto antropologico assunto in chiave relazionale. Quali componenti di un messaggio incarnato in un determinato tempo valgono per tutti i tempi? Con un certo orgoglio, il documento dichiara d’essere forse il primo testo «ufficiale» chiamato ad affrontare una simile impresa in modo organico.
L’articolazione del testo
Concretamente, dopo un’Introduzione, il documento si articola in quattro capitoli, dettati dalla scansione narrativa di Genesi 2-3. Questi passi, assunti in modo anche simbolico, sono considerati a tutti gli effetti il testo fondante. I due capitoli sono, a loro volta, divisi in sezioni riproposte in traduzione italiana per essere, dapprima, commentate in chiave filologica e per essere poi sviluppate, seguendo le parole e i concetti principali, lungo tutto le Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento.
La scelta di privilegiare il secondo e il terzo capitolo della Genesi va intesa in maniera teologico-narrativo-simbolica e non già dogmatica. Rispetto all’antropologia, per molti secoli questa sezione biblica è stata intesa soprattutto in relazione al dogma del peccato originale, e si tratta, come è ben noto, di una dottrina che ha esercitato un enorme influsso sui modi nei quali è stato intesa la natura umana sia individuale sia sociale.
Da tempo la ricerca biblica e persino il Catechismo della Chiesa cattolica prendono le distanze da questo approccio.3 In ogni caso di questa dottrina non c’è traccia nel testo della Commissione biblica. Si tratta di una mancanza certo non secondaria se confrontata con l’intera storia del pensiero cristiano. L’opzione di sviluppare il discorso solo a partire da Genesi 2-3 per alcuni versi penalizza la trattazione di altri termini, irrinunciabili per l’antropologia biblica ma assenti in quei capitoli.
La mancanza principale è costituita probabilmente dal termine «cuore», parola decisiva in prospettiva antropologica per entrambi i Testamenti. Non è azzardato sostenere che essa avrebbe meritato un’ampia trattazione (com’è noto il termine è, tra l’altro, la parola biblica più vicina all’idea di coscienza).
Considerazioni di diversa natura sono invece quelle relative all’espressione «immagine e somiglianza». Per quanto assenti nel secondo e nel terzo capitolo della Genesi, i due termini sono ampiamente ripresi dal documento in riferimento sia al primo capitolo della Genesi sia ad altri passi biblici.4 Anche in questo caso, secondo la scelta metodologica di fondo del testo, ci si limita a un ambito rigorosamente biblico, lasciando ad altri settori della riflessione teologica di proporre considerazioni di natura etica, sociale o spirituale.
Non è un repertorio
Nello specifico «Che cosa è l’uomo?» si sviluppa lungo 4 capitoli. Nel 1o, l’essere umano è visto nella sua realtà di creatura di Dio, da un lato, fatto di «polvere», soggetto quindi alla caducità, e, d’altro lato, dotato del «soffio» divino e perciò chiamato a vita immortale.
Il 2o capitolo illustra la condizione dell’uomo (da intendersi sempre riferito sia al maschio sia alla femmina) nel «giardino», cioè sulla terra; vengono qui tematizzati gli aspetti del nutrimento, del lavoro e del rapporto con gli altri esseri viventi.
Il 3o ha per argomento la famiglia umana: essa ha il suo nucleo nella relazione sponsale, da cui promanano i vincoli d’amore tra genitori e figli e quelli tra fratelli. È in quest’ambito che si parla del valore della sessualità e delle sue forme talvolta imperfette o scorrette. Ci si dilunga anche sulla costituzione della società, sul modello della famiglia, sull’etica della fraternità in opposizione alla violenza.
Il 4o capitolo ha per tema la storia dell’uomo che trasgredisce il comando di Dio e viene salvato dall’intervento misericordioso del Signore. In tal modo la vicenda umana è complessivamente inserita in modo integrale nella «storia della salvezza».
Il documento stesso si mostra consapevole, specie a motivo della sua lunghezza, del rischio di venir letto in modo selettivo in relazione a temi specifici. In altri termini, vi è la possibilità di vederlo come una specie di repertorio da cui pescare, di volta in volta, quello di cui si ha bisogno, vuoi in senso simpatico vuoi in chiave polemica.
In effetti la costruzione del testo lascia immaginare che questo tipo di fruizione sia la più probabile. Ovviamente gli estensori si augurano che le cose non prendano questa piega. Com’è indicato nella presentazione del documento dal cardinale Luis Ladaria Ferrer, l’intento del testo è infatti «quello di far percepire la bellezza e anche la complessità della divina Rivelazione riguardante l’uomo. La bellezza induce ad apprezzare l’opera di Dio, e la complessità invita ad assumere un umile e incessante travaglio di ricerca, di approfondimento e di comunicazione. Ai docenti delle facoltà teologiche, ma anche ai catechisti e agli studenti di materie sacre viene offerto un sussidio, atto a favorire una visione globale del progetto divino, che ha preso inizio con l’atto della creazione e si realizza nel corso del tempo, fino al compimento nel Cristo, l’uomo nuovo, che costituisce “la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana” (Gaudium et spes, n. 10; EV 1/1351)».
Piero Stefani
1 Cf. Vatican news 19.12.2019, https://bit.ly/2GZLjZR.
2 I membri della Commissione sono: il presidente, card. L.F. Ladaria Ferrer, il segretario, P. Bovati, K. Backhaus, N. Calduch-Benages, E. Córdova González, B. Costacurta, P. Debergé, J.M. Díaz Rodelas, L.H. Eloy e Silva, F. Gonçalves, A. Graffy, M. Healy, J.C. Iwe, T. Manjaly, H.O. Martínez Aldana, L.B. Martos, J.-B. Matand Bulembat, F. Ó Fearghail, J.Y.-S. Pahk, E.R. Ruiz, H.J. Witczyk, A. Belano, segretario tecnico.
3 «Con il progresso della rivelazione viene chiarita anche la realtà del peccato. Sebbene il popolo di Dio dell’Antico Testamento abbia in qualche modo conosciuto la condizione umana alla luce della storia della caduta narrata dalla Genesi, non era però in grado di comprendere il significato ultimo di questa storia, significato che si manifesta appieno soltanto alla luce della morte e della risurrezione di Gesù Cristo» (CCC n. 388).
4 Zélem («immagine») compare in Gen 1,26.s; 5,3; 9,6; demùt («somiglianza») in Gen 1,26; 5,1.3; 9,3.