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Attualità
Attualità, 4/2019, 15/02/2019, pag. 83

Diocesi di Milano: dalle genti

Concluso il Sinodo minore. Un cambiamento sorto fuori dal mondo ecclesiastico

Luca Bressan

Il 2 febbraio, festa di Gesù presentato al Tempio – luce e salvezza delle genti –, l’arcivescovo di Milano ha approvato con un decreto il lavoro sinodale compiuto in diocesi di Milano lo scorso anno, promulgandone le costituzioni. Si è chiuso così il cammino voluto da mons. Mario Delpini, perché la Chiesa ambrosiana si riscoprisse «Chiesa dalle genti»: un Sinodo diocesano, con un percorso agile (un anno) e intenso – e, per questo motivo, definito «minore» –, che era culminato nell’approvazione, da parte dei due consigli diocesani (pastorale e presbiterale) riuniti in assemblea, di un testo frutto di un percorso di ascolto capillare e «in uscita».

 

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Il «Sinodo minore ci ha insegnato che “Chiesa dalle genti” non coincide con e non può essere soltanto la “Chiesa dei migranti”: è invece la Chiesa che riconosce la ricchezza dei carismi che la abitano; che sa ascoltare quanto la fede individuale sa lasciarsi istruire dagli ambienti che abita e dalle sfide con cui è chiamata a misurarsi; è la Chiesa che finalmente riconosce che, pur abitando da generazioni questo territorio, è comunque chiamata a mettersi in movimento, perché è lo Spirito che ci raduna e non soltanto il legame di sangue o la radice territoriale».

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I bagliori e il tripudio fantasmagorico dei fuochi d’artificio con cui si è chiusa Expo 2015 sono riusciti a portare a livello visivo il forte grado di consenso e il grande successo che l’evento ha ottenuto. Consenso e successo, tuttavia, non scontati: un semplice rimando ai titoli con cui i giornali accompagnavano l’apertura di questa manifestazione ci fa cogliere immediatamente la misura del consenso che Expo 2015 si è saputa guadagnare. Molte impressioni ed emozioni (negative) ne hanno segnato il debutto; altrettante (positive, questa volta) ne hanno accompagnato la chiusura: il destino di Expo 2015 è di vedere i suoi momenti fondamentali segnati da un alto tasso di emozione, che come polviscolo riempie l’aria e impedisce una percezione netta di ciò che questo evento è stato, per Milano, l’Italia, e anche per la Chiesa (che in questa manifestazione ha investito parecchie energie). Proviamo perciò con queste righe a fissare qualche punto che ci consenta un approccio più ragionato a tutto l’evento, permettendoci di raccogliere quanto seminato da quello che alla fine ci si è presentato come un grande laboratorio, una scuola quotidiana di umanizzazione, per riprendere un’immagine usata dal presidente Mattarella, nel suo discorso di chiusura di Expo 2015.