Expo Milano 2015 - La presenza ecclesiale: non di solo pane
Il bilancio delle Chiese: che cos'è stato, che cosa rimane, che resta da fare
I bagliori e il tripudio fantasmagorico dei fuochi d’artificio con cui si è chiusa Expo 2015 sono riusciti a portare a livello visivo il forte grado di consenso e il grande successo che l’evento ha ottenuto. Consenso e successo, tuttavia, non scontati: un semplice rimando ai titoli con cui i giornali accompagnavano l’apertura di questa manifestazione ci fa cogliere immediatamente la misura del consenso che Expo 2015 si è saputa guadagnare. Molte impressioni ed emozioni (negative) ne hanno segnato il debutto; altrettante (positive, questa volta) ne hanno accompagnato la chiusura: il destino di Expo 2015 è di vedere i suoi momenti fondamentali segnati da un alto tasso di emozione, che come polviscolo riempie l’aria e impedisce una percezione netta di ciò che questo evento è stato, per Milano, l’Italia, e anche per la Chiesa (che in questa manifestazione ha investito parecchie energie). Proviamo perciò con queste righe a fissare qualche punto che ci consenta un approccio più ragionato a tutto l’evento, permettendoci di raccogliere quanto seminato da quello che alla fine ci si è presentato come un grande laboratorio, una scuola quotidiana di umanizzazione, per riprendere un’immagine usata dal presidente Mattarella, nel suo discorso di chiusura di Expo 2015.
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