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Attualità
Attualità, 8/2017, 15/04/2017, pag. 251

La morsa dei debiti - Dio o mammona?

Piero Stefani

A partire dal 2012, in Italia, sono 800 gli imprenditori che si sono tolti la vita. Alle drammatiche difficoltà di questi ultimi è dedicato il film Cronaca di una passione di Fabrizio Cattani: i due personaggi principali sono affidati, rispettivamente, a Vittorio Viviani e a Valeria Ciangottini. La qualità della regia e della recitazione è alta; di contro, la circolazione del film è molto bassa e per lo più legata a iniziative organizzate da associazioni di categoria.

A partire dal 2012, in Italia, sono 800 gli imprenditori che si sono tolti la vita. Le notizie al loro riguardo si danno, ma senza troppo rilievo. Si afferma che si tiene questa linea di condotta al fine di esorcizzare l’effetto imitativo; si tratta di un argomento usato, in realtà, in maniera troppo selettiva: se fosse costantemente tenuto presente, le scremature dell’informazione sarebbero drastiche. Per fortuna l’esito non è sempre fatale: nel Veneto sono circa 450 gli imprenditori sotto cura psicologica, grazie a un’iniziativa specifica rivolta in questa direzione.

Alle drammatiche difficoltà dei piccoli imprenditori è dedicato il film Cronaca di una passione di Fabrizio Cattani: i due personaggi principali sono affidati, rispettivamente, a Vittorio Viviani e a Valeria Ciangottini. La qualità della regia e della recitazione è alta; di contro, la circolazione del film è molto bassa e per lo più legata a iniziative organizzate da associazioni di categoria.

La trama, nata dall’intreccio di due storie reali, è riassumibile in poche righe. Anna è una piccola imprenditrice nell’ambito della ristorazione, Giovanni un esodato. In difficoltà economiche, la proprietaria opta per pagare i dipendenti piuttosto che fare i versamenti fiscali. Inizia una spirale che porta prima al pignoramento della casa, poi alla chiusura del locale, trovato non a norma rispetto a una canna fumaria.

Giovanni è un lottatore, non si rassegna. Si appella a varie autorità, mobilita i media. Ottiene promesse; a brevi speranze succedono però delusioni sempre più cocenti. La quarantennale vita di coppia tuttavia regge fino ad attuare, all’insegna dell’amore, un duplice, volontario congedo dalla vita.

In uno dei dibattiti seguiti alla proiezione del film, il regista ha raccontato quanto aveva appreso dal proprietario di una catena di forni nello spezzino. L’imprenditore è fornitore della marina militare ed è creditore nei suoi confronti di una somma molto ingente che lo stato però non gli versa; d’altro canto, pesa su di lui, a opera di altri organi statali, un procedimento per mancato pagamento fiscale.

L’episodio è reale e simbolico a un tempo. Tuttavia, anche dove non ci sono palesi inadempienze, le procedure burocratico-amministrative applicate pedissequamente senza confrontarsi con le situazioni concrete creano, in più circostanze, drammi reali.

Non c’è comunque solo lo stato, una quota non secondaria del problema è imputabile ai modi in cui le banche erogano i crediti e a una serie di illeciti compiuti anche in basso. Va da sé che pure nella denuncia si può correre il rischio tanto di fare «d’ogni erba un fascio» quanto di sfruttare a favore della propria parte politica un malcontento che ha reali motivi per manifestarsi.

Il film (prodotto a costi molto contenuti) ha una sua profonda ragion d’essere e nella sua asciutta sobrietà induce a provare un’affettuosa e pensosa simpatia per Giovanni e Anna. La sua visione spinge ad augurarsi che l’opera possa avere una qualche incidenza sul reale. Tuttavia sorge una domanda che non è né generalizzabile, né antitetica alla pietas: quale cultura ha fatto sì che tante vite abbiano legato così strettamente la loro stessa esistenza alla dimensione economica? L’interrogativo, è ovvio, vale per noi vivi. Lo si propone non per giudicare, ma per chiederci, in positivo, quali siano gli stili di vita che consentono di lavorare al fine di produrre beni condivisi. La dignità del lavoro non può prescinderne.

Posto in questa luce, il problema non riguarda solo la burocrazia, l’amministrazione e le banche; siamo infatti di fronte a una dimensione che interagisce con l’esistenza quotidiana di ciascuno di noi.

 

Figli del mondo, figli della luce

Nel Vangelo c’è una pagina sconcertante che indica come cavarsela quando si è nella morsa dei debiti: si tratta della parabola chiamata di solito «l’amministratore infedele (o disonesto)» (Lc 16,1-8). Il titolo consueto, come ha giustamente notato il monaco di Bose Ludwig Monti,1 non è appropriato; sarebbe meglio chiamarlo «l’amministratore scaltro». Scegliere la qualifica di «infedele» o «disonesto» è di per sé indice di una precomprensione che ostacola l’intelligenza del testo: «Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (Lc 16,8). Il motivo della lode non è la disonestà, ma la furbizia.

La parabola si chiude con una sentenza che ne costituisce una delle chiavi interpretative: «I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» (Lc 16,8). A essa seguono tre detti: «Fatevi amici con la ricchezza disonesta», «chi è fedele in cose di poco conto è fedele anche in cose importanti», «non potete servire Dio e la ricchezza» (un tempo espresso con l’evocativo termine «mammona») (Lc 16,9-13).

Siamo di fronte a due polarità: una è duale («figli di questo mondo, figli della luce», «Dio e mammona»), l’altra è legata a un ragionamento «a minori ad maius» («chi è fedele nel poco lo è anche nel molto»); quest’ultimo criterio implica, pur sempre, un’analogia. Aut aut e paragonabilità sono procedimenti antitetici; la parabola e i detti si servono però di entrambi i principi, da qui l’atmosfera paradossale da essi suscitata.

In che cosa i figli della luce devono imitare i figli di questo mondo? Uno degli ostacoli storico-culturali (ma anche spirituali) che impedisce di capire il testo è la progressiva estinzione della dimensione duale. Chi parla più di figli di questo mondo e di figli della luce? Tuttavia senza questo aut aut anche la comprensione della parte analogica cade.

L’amministratore scaltro che fa? Serve mammona? Tutt’altro! Egli si serve di mammona. Egli non pone le ricchezze al di sopra della vita (operazione non così insolita). Al contrario, pone la salvaguardia della propria vita al di sopra della ricchezza altrui. Si serve di mammona per farsi degli amici che gli devono qualcosa in contraccambio. Si tratta di un modo di agire che ha luogo tra i figli di questo mondo (categoria a cui appartengono non solo l’amministratore e i debitori, ma anche il padrone).

L’analogia paradossale erompe già nel primo detto, rivolto evidentemente ai figli della luce: «Ebbene, io vi dico: fatevi amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne» (Lc 16,9). Alla fine del capitolo un’altra parabola (un tempo nota con l’espressione di «ricco epulone») mostrerà, sub contraria specie, chi, incapace di farsi amici con la propria disonesta sovrabbondanza, non sarà accolto nelle dimore eterne dal povero Lazzaro (cf. Lc 16,19-31).

La ricchezza per servire il prossimo

Nella scena delle tentazioni di Gesù, il diavolo mostra tutti i regni della terra. Rispetto a essi, egli rivendica la propria signoria e dice che li dà a chi vuole (cf. Lc 4,6-7). Ricchezza e potere sono connotati negativamente dal Vangelo, ma sono anche caratteristiche di un mondo entro il quale vivono pure i figli della luce. Anche questi ultimi sono coinvolti nella dimensione della «disonesta ricchezza»; di essa possono servirsi nella misura in cui non la servono.

L’analogia con l’amministratore si situa in questo punto. La radicale differenza è che se ne servono a favore di altri che, in questo mondo, non hanno nulla da dare in contraccambio, essi però sono nelle condizioni di accoglierci nelle dimore eterne. Il povero Lazzaro è lì a provarlo. Agostino si avvicina a questa linea interpretativa, tuttavia, scivola un poco nel finale: «Egli [l’amministratore; nda] provvedeva a una vita che deve finire e tu non vuoi provvedere a quella eterna?».2

Il paragone qui è portato troppo avanti; infatti l’amministratore scaltro provvede alla propria vita, mentre i figli della luce godranno di un’ospitalità rispetto alla quale non è dato provvedere: non si fanno amici al fine di essere accolti nelle dimore eterne; si diventa amici e saranno questi ultimi ad accoglierci nelle dimore eterne.

Le due formulazioni sembrano simili, in realtà sono molto diverse. Imitazione e dualità, appunto. «I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» (Lc 16,8); l’analogia non sta nella scaltrezza, che è e resta propria dei figli di questo mondo. Lo scaltro sa servirsi a un tempo della ricchezza e degli uomini, mentre il figlio della luce si serve della ricchezza disonesta per servire il prossimo. La prova provata che non ci si serve del prossimo è il fatto che il contraccambio è collocato in una dimensione che sfugge totalmente al nostro controllo («dimore eterne»).

Non è paradossale affermare che una delle ragioni che rendono arduo comprendere la parabola dell’«amministratore scaltro» è il fatto che si crede sempre meno nell’aldilà, dimensione nella quale possiamo solo essere accolti senza essere nelle condizioni di procacciarcelo.

Ciò non toglie che, per più versi, il dualismo debba trovare una qualche attenuazione; ciò avviene sia perché il confine tra figli di questo mondo e figli della luce è transitabile nell’una e nell’altra direzione, sia perché l’esperienza dell’accoglienza ha un riscontro anche ora. Non a caso, Luca ci racconta pure l’episodio di Zaccheo (Lc 19,1-10): «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8). Disfacendosi dell’iniqua ricchezza Zaccheo, da figlio di questo mondo, diviene figlio della luce.

 

 

 

 

1 L. Monti, Le parole dure di Gesù, Qiqajon, Magnano (BI) 2012, 89-91, ripreso più ampiamente in Id., «La responsabilità di aderire alla realtà», in Esodo (2015)1, 14-18.

2 Agostino, Discorso 359/A, 10.

Tipo Parole delle religioni
Tema Cultura e società Teologia
Area
Nazioni

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