Medio Oriente - Yemen: dimenticati
La granata è detonata in classe tra le mani di Abdallah. Di lui non è rimasto più nulla. Degli altri 14 sono rimasti solo i pezzi di arti amputati dall’esplosione, nella prima cerchia di compagni più vicini, tutti morti. Solo pochi altri tra tutti i compagni sono rimasti feriti ma le loro condizioni sono terribilmente critiche. Quanto è accaduto nella scuola elementare Attuhaif della capitale dello Yemen, Sanaa, non ha nulla di eccezionale: è solo uno tra i tanti, terribili e disastrosi effetti della guerra più tragica che ha colpito il paese dalla sua unificazione e che oggi è unanimemente definita «la guerra dimenticata», proprio per la sua virulenza inversamente proporzionale alla sua mediatizzazione (cf. anche Regno-att. 2,2016,22; 4,2016,106).

La granata è detonata in classe tra le mani di Abdallah. Di lui non è rimasto più nulla. Degli altri 14 sono rimasti solo i pezzi di arti amputati dall’esplosione, nella prima cerchia di compagni più vicini, tutti morti. Solo pochi altri tra tutti i compagni sono rimasti feriti ma le loro condizioni sono terribilmente critiche. Quanto è accaduto nella scuola elementare Attuhaif della capitale dello Yemen, Sanaa, non ha nulla di eccezionale: è solo uno tra i tanti, terribili e disastrosi effetti della guerra più tragica che ha colpito il paese dalla sua unificazione e che oggi è unanimemente definita «la guerra dimenticata», proprio per la sua virulenza inversamente proporzionale alla sua mediatizzazione (cf. anche Regno-att. 2,2016,22; 4,2016,106).
Il terzo tentativo di tregua, nel quale un ruolo importante spetta all’Oman, l’unico paese vicino che si è mantenuto politicamente e militarmente neutrale, è stato rigettato dal governo lealista e dal suo alleato saudita. Di fatto, l’ennesima occasione di pace mancata promette un’intensificazione degli scontri di terra, cosa che sta già avvenendo in forme assolutamente tragiche nella città di Taez, cuore degli scontri tra i lealisti e le truppe dei ribelli houti.
Taez che, per la sua posizione geografica e per essersi configurata come il centro della reazione, lealista ma popolare, all’avanzata dei ribelli del Nord, può essere attualmente definita la «Aleppo del conflitto yemenita». Il paragone con la sua gemella in terreno siriano regge, proprio per la drammatica condizione a cui i civili sono sottoposti e per l’uso delle macerie come strumento logistico per il posizionamento dei cecchini che da questa distruzione prendono vantaggio.
Il livello dello scontro su Taez complica su questo specifico territorio una problematica diffusa a livello nazionale: l’impossibilità dell’accesso a cibo, medicine e gasolio, il blocco degli aiuti umanitari, la distruzione di strade d’accesso, ponti, centrali elettriche, depositi d’acqua. Tutte condizioni, comprese la durata e l’intensità degli scontri, che si aggiungono al bilancio di vittime e feriti: più di 10.000 morti, 37.000 feriti (fonti ONU), più di 3 milioni di profughi interni, e 28 milioni a corto di cibo, molti dei quali sull’orlo della fame, in particolare bambini.
Catastrofe sanitaria
Secondo l’UNICEF, 370.000 bambini sono già in una fase di malnutrizione acuta che mina fortemente il loro sistema immunitario, e 1 milione e mezzo soffrono la fame. Save the children conferma: in Yemen un bambino muore ogni dieci minuti a causa della malnutrizione. Tuttavia quest’ultima non è la sola piaga sanitaria: attualmente l’Organizzazione mondiale della sanità ha confermato 10.148 casi di colera accertati in Yemen. Il 65% registrati ad Aden, Bayda, Hodeyda e nel governatorato di Taez, ma sembra che tutti i governatorati ne siano affetti, pur se in misure diverse. La difficoltà allo smaltimento di rifiuti ordinari e straordinari, infine, rende la situazione sanitaria letteralmente esplosiva.
A questa situazione non ci sono soluzioni, se non, come suggerisce Ibrahim Mahmoud, dello Yemen Social Development Fund, un potenziamento del sistema finanziario del paese. Ma la politicizzazione della Banca centrale e l’uso strumentale di essa da parte degli attori in conflitto, rende possibile utilizzare la povera gente per affamarla e armarla gli uni contro gli altri.
Lo spostamento della Banca centrale da Sanaa ad Aden, voluto dal presidente legittimo Hadi, rischia di lasciare milioni di yemeniti senza stipendio. Probabilmente gli effetti saranno visibili a lungo, non a breve termine sull’economia dei ribelli, ma lo stesso non si può dire di molte altre zone del paese, non controllate dagli houti, e delle fasce più deboli della popolazione.
Il blocco navale e gli attacchi aerei giornalieri che hanno come target non solo i militari, ma anche i civili, ospedali compresi, avrebbero l’obiettivo di spingere i ribelli a una tregua senza pretese.
Ma si è abbastanza lontani dall’obiettivo, già mancato per la terza volta, mentre le zone controllate dal governo centrale sono debolissime, sotto assedio di attacchi suicidi da parte di gruppi terroristici, in testa Aqap, la sigla di al Qaeda nella Penisola arabica e a seguire la sigla locale di ISIS, responsabili di un paio di attacchi bomba contro forze governative nelle ultime due settimane.
Gli stessi gruppi stanno intensificando la loro presenza nel Sud, nel governatorato di Abyan che è stato sempre un punto caldo, e detengono il controllo delle strade e dei check point a Sudest, attualmente la zona più a rischio, e dove i movimenti via terra sono sempre più pericolosi per chiunque si avventuri a muoversi tra una provincia e l’altra.
Almeno fino a una prossima, possibile tregua.
Laura Silvia Battaglia