Francesco - Comunicazione: un selfie col papa
Intervista al regista Michele Truglio
A colloquio con Michele Truglio, regista di Un selfie con il papa, in onda il prossimo 19 dicembre in prima serata su Rai 3. Un documentario realizzato grazie alla partecipazione della gente comune.

È il «papa pop», il «papa 2.0», «il papa supereroe». Sono tanti gli appellativi attributi a Francesco nel corso del suo pontificato, tutti riferibili alla sua capacità di comunicare ed essere vicino alla gente. Da Twitter alle sue metafore, sono tanti gli esempi che lo hanno reso un papa comunicativo e notiziabile, in grado d’attirare l’attenzione di media e opinione pubblica. E mentre in televisione va in onda la serie di Paolo Sorrentino The Young Pope, un altro prodotto televisivo riferibile alla figura papale – in questo caso direttamente a Francesco – prende vita: si tratta del documentario Un selfie con il papa, in onda il prossimo 19 dicembre in prima serata su Rai 3. Un documentario realizzato grazie alla partecipazione della gente comune, come ci racconta il regista Michele Truglio.
– Michele, cos’è Un selfie con il papa?
«È un progetto ideato qualche tempo fa che prende spunto da altri progetti – come ad esempio il film di Salvatores Italy in a day – nei quali si prevede la partecipazione diretta della gente comune, che contribuisce con i propri video e contenuti. È una sorta di sharing movie, di cinema partecipato: ovviamente c’è anche del mio, nel senso che il filo narrativo sarà mio e di chi lavora con me, come Lamberto Ciabatti e prodotto da FremantleMedia. Diciamo che faremo un po’ da collante a tutti i contenuti che ci vengono inviati mettendo insieme tutte le tessere del mosaico. L’obiettivo è creare un racconto speciale di una persona speciale al di là del suo ruolo istituzionale».
– Come nasce l’idea di un documentario su papa Francesco fatto con le immagini e i video della gente?
«L’idea di un documentario di questo genere sul papa nasce semplicemente dall’osservazione della sua capacità comunicativa, e in particolare da uno specifico evento, ossia quel famoso selfie scattato da dei ragazzi insieme a Bergoglio, che senza esitazione ha accettato. Selfie – o autoscatto, che dir si voglia – che rappresenta il modo di comunicare di oggi nella nostra società, al quale Bergoglio si è adeguato nonostante sia di una generazione diversa. Possiamo dire che sia un papa la cui abilità è proprio quella d’immedesimarsi con i tempi e i modi di comunicare d’oggi».
– Perché papa Francesco?
«Il personaggio protagonista del documentario – un papa – è molto importante, non solo per il suo ruolo istituzionale ma anche per la sua capacità di sbaragliare quanto a doti comunicative gli ultimi dieci papi della storia in poco tempo: è un papa assolutamente innovativo e comunicativo».
– Come hanno potuto quindi partecipare le persone?
«Abbiamo pensato a una call to action (invito all’azione) – ancora aperta – sul sito della RAI (www.unselfieconilpapa.rai.it) dov’è presente un modulo da compilare inviando un video o delle foto. Man mano che raccogliamo materiale, selezioniamo alcune di queste storie e le approfondiamo. Come quella del selfie di Riccardo, che è un po’ l’apripista di tutti i selfie del pontefice, e senza la quale forse nemmeno ci sarebbe stato questo documentario».
Superpope
– Oltre ai selfie, Francesco è stato anche protagonista di numerosi murales, fra tutti il famoso ritratto di Bergoglio nei panni di un supereroe…
«Anche questa è una storia interessante: i graffiti di Maupal (nome d’arte di Mauro Pallotta) in Borgo Pio a Roma: siamo stati noi a chiedergli di farne un altro dopo quello del superpope che aveva riscosso tanta attenzione nei media e nell’opinione pubblica. Ed ecco che così è nato il murales del papa su una scala che gioca a tris su un muro con una guardia svizzera che nel frattempo fa anche da palo: anche questo un disegno che ha riscosso grande attenzione mediatica perché, come quello del superpope, ci descrive un papa più comune, vicino alla gente. E le molte rappresentazioni che troviamo in giro di Bergoglio testimoniano come Francesco abbia catturato il cuore dei ragazzi. Mai un muro è stato riempito così tanto con l’immagine di un papa».
– Selfie, murales, video: il papa viene raccontato in diversi modi dalla gente comune…
«Infatti il claim del documentario è “Il papa raccontato da voi”, proprio perché potremmo definirlo “Il papa della gente”. È il papa che esce dal Vaticano e va a incontrare le persone comuni, che va dall’ottico per un nuovo paio d’occhiali come fa qualsiasi persona normale, che va nelle favelas, fra i poveri: insomma un papa che non si limita al suo ruolo istituzionale da leader politico e religioso, ma che oltre all’Angelus e alle udienze papali esce fuori, come vuole tra l’altro la sua idea di Chiesa in uscita. È quindi un papa che si presta a essere raccontato dalla gente».
– Anche Giovanni Paolo II è stato un grande papa comunicatore. Quale confronto fra i due?
«Secondo me Giovanni Paolo II e Francesco sono accomunati dal fatto di essere due grandi papi; tuttavia Bergoglio, a differenza di Wojtyla, non è di ispirazione solo per la comunità cattolica ma anche per gli altri: non cattolici, agnostici, atei ecc. È un personaggio di riferimento perché dice e fa delle cose che tutti vorremmo sentir dire».
– Oltre alla capacità di stabilire un’immediata vicinanza con gli interlocutori, qual è la carta vincente della comunicazione di Francesco?
«La sua abilità comunicativa sta anche nel suo parlare per metafore. C’è quella frase fantastica sullo smartphone in cui dice: “Quando non c’è Gesù nel nostro cuore è come quando abbiamo un cellulare senza campo”. È un modo entusiasmante per parlare ai giovani della figura di Gesù, utilizzando il loro contesto e le loro abitudini. Anziché demonizzare lo smartphone – e il suo possibile cattivo utilizzo – lo sfrutta per evangelizzare. Francesco, quando parla, ha la capacità di farsi sentire vicino, senza strumentalizzazioni: è qualcuno che è in grado di darti speranza».
– Lo avete avvisato di questo vostro progetto?
«So che sia il papa sia il Vaticano sono a conoscenza del progetto e lo hanno accolto positivamente».
– Se dovesse descrivere con una parola papa Francesco, quale utilizzerebbe?
«“Un amico”. È una persona che appena vedi o senti parlare ti fa venire il desiderio di trascorrerci del tempo insieme. Molti anni fa lo incontrai quando era ancora cardinale di Buenos Aires: è una persona gioviale, simpatica, divertente, alla mano. Francesco è come quei sacerdoti che incontri quando sei ragazzo, che giocano a pallone con te, che ti raccontano aneddoti e passano del tempo con te senza nemmeno farti pensare al fatto che sono preti. Una sorta di amico parroco che ti fa ricordare il tempo dell’oratorio».
a cura di
Giuliano Martino