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Attualità
Attualità, 16/2016, 15/09/2016, pag. 465

Cattolici e ortodossi - Mons. Forte: primato e sinodalità

Intervista a mons. Bruno Forte

Gianfranco Brunelli

Nell’incontro di Chieti è stato raggiunto un significativo accordo sul rapporto fra il primato del vescovo di Roma e la sinodalità della Chiesa intera ed è stato approvato un documento, votato da tutti i partecipanti con la sola eccezione della Chiesa di Georgia, intitolato Sinodalità e primato nel primo millennio: verso una comprensione comune al servizio dell’unità della Chiesa (di prossima pubblicazione su Il Regno-documenti). Abbiamo chiesto a mons. Bruno Forte, che fa parte della commissione e ha partecipato (oltre che ospitato) ai lavori, una sua riflessione sull’incontro.


Dal 15 al 22 settembre 2016 si è tenuta a Chieti, su invito dell’arcivescovo mons. Bruno Forte e con il sostegno della Conferenza episcopale Italiana, la 14a sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. La commissione, istituita da Giovanni Paolo II e dal patriarca ecumenico Dimitrios I in occasione della visita del papa al Fanar, il 30 novembre 1979, si è riunita periodicamente. Negli ultimi anni, dopo l’incontro di Ravenna nel 2007, che ha prodotto l’importante documento su Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa. Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità (cf. Regno-doc. 21,2007,708), vi sono state altre plenarie a Cipro (2009), Vienna (2010) e Amman (2014).

Nell’incontro di Chieti è stato raggiunto un significativo accordo sul rapporto fra il primato del vescovo di Roma e la sinodalità della Chiesa intera ed è stato approvato un documento, votato da tutti i partecipanti con la sola eccezione della Chiesa di Georgia, intitolato Sinodalità e primato nel primo millennio: verso una comprensione comune al servizio dell’unità della Chiesa (di prossima pubblicazione su Il Regno-documenti). Abbiamo chiesto a mons. Bruno Forte, che fa parte della commissione e ha partecipato (oltre che ospitato) ai lavori, una sua riflessione sull’incontro.

– Mons. Forte, conosciamo le difficoltà e le divisioni esterne e interne che attraversano le Chiese, comprese quelle ortodosse. All’incontro di Chieti erano presenti tutte le Chiese ortodosse?

«Tutte tranne la Chiesa bulgara. E vorrei osservare che questa partecipazione, dopo la celebrazione del Santo e grande Concilio panortodosso di Creta, del giugno scorso, è ancor più importante, viste le difficoltà intra-ortodosse che là erano emerse. Va anche ricordato come a Ravenna nel 2007 la Chiesa ortodossa russa ritirò a un certo punto la propria delegazione. Il fatto che a Chieti, il 21 settembre, si sia raggiunto un accordo su un documento congiunto è di grande rilievo.

Ora si è fatto un passo avanti decisivo, nonostante i distinguo della Chiesa ortodossa di Georgia. La prima ragione del valore del consenso raggiunto consiste proprio nel fatto stesso d’aver approvato e pubblicato un documento comune sui temi cardine della sinodalità e del primato del vescovo di Roma. Ora esso sarà dibattuto nelle rispettive comunità ecclesiali».

– Parliamo del documento. Su che cosa si è raggiunto il consenso?

«Il testo muove dal riconoscimento comune della rilevanza fondamentale della Chiesa locale, presieduta dal vescovo, che in essa è segno di Cristo pastore, specialmente nella presidenza dell’assemblea eucaristica celebrata con i presbiteri e il popolo di Dio. Questa rilevanza, sempre sottolineata dall’ortodossia, è stata rimessa in luce dal concilio Vaticano II e ha stimolato una rinnovata vitalità pastorale delle Chiese presenti nei vari luoghi del pianeta.

Sin dalle origini, però, il rilievo dato alle Chiese locali è stato coniugato alla necessità di una comunione regionale, espressa da sinodi e concili a cui le Chiese locali partecipavano attraverso i loro rispettivi vescovi. Questa comunione episcopale ha dato origine alle metropolie e ai patriarcati, in cui la varietà delle Chiese locali riconosceva una manifestazione e uno strumento significativo dell’unica fede professata da tutte».

– Chieti cosa ha aggiunto?

«Il passo importante fatto a Chieti è stato quello d’attestare insieme la necessità e la fondatezza di un’espressione della comunione a livello universale. In questo contesto, riaffermando l’importanza della comunione sinodale di tutti i vescovi accomunati dalla successione apostolica, ortodossi e cattolici hanno unanimemente confessato il ruolo unico del vescovo di Roma, cioè della Chiesa che presiede nella carità, a cui è stato sempre riconosciuto il primo posto nell’ordine (“taxis”) delle sedi patriarcali.

In concreto, questo primato è stato inteso in Oriente come un “primato d’onore”, mentre in Occidente, particolarmente dal IV secolo in avanti, è stato riferito al ruolo di Pietro fra gli apostoli, interpretando la primazia del vescovo di Roma fra tutti i vescovi come una prerogativa legata al fatto di essere il successore di Pietro, primo fra i Dodici.

La “sinergia” del vescovo di Roma fu definita dal II concilio di Nicea del 787 come una delle condizioni necessarie per riconoscere l’ecumenicità di un concilio. Il riferimento o l’appello alla sede romana e al suo vescovo e l’accordo con lui furono insomma percepiti sempre più come segno e garanzia dell’unità della Chiesa universale.

Si è affermata la necessità di un primo e di un capo (per usare il linguaggio del n. 34 dei Canoni degli apostoli, molto importante per gli ortodossi) non solo nella Chiesa locale (il vescovo) e a livello regionale (il patriarca), ma anche a livello universale e si è riconosciuto che nella comunione universale delle Chiese questo ruolo spetta al vescovo di Roma, che era la prima delle Chiese patriarcali del I millennio, quando Oriente e Occidente erano uniti».

– Potrà il modello del I millennio tornare in auge per una comunione delle Chiese nel terzo millennio?

«La risposta a questa domanda scandirà le prossime tappe del dialogo cattolico-ortodosso, in ogni caso segnato in maniera rilevante da quanto avvenuto a Chieti: un’accelerazione nel dialogo, una ripresa significativa dopo quasi un decennio di stallo».

– Quali problemi rimangono?

«È un cammino in atto. Tra le difficoltà, come è stato ribadito anche a Chieti, rimane certamente irrisolta la questione uniate, delle Chiese cioè di tradizione orientale entrate nel tempo in comunione piena con Roma e che, naturalmente, hanno diritto da parte di tutti al massimo rispetto della loro dignità. Come affermava il metropolita di Pergamo Zizioulas a Vienna nel 2010, “il modello di unione lo vedremo in futuro. Non funzioniamo con un modello fissato in anticipo. Ciò che gli ortodossi debbono rafforzare è la loro unità universale e anche la loro concezione del primato. E la parte cattolica deve senza dubbio rafforzare la dimensione sinodale”. Come cattolici, con papa Francesco abbiamo decisamente avviato questo percorso».

 

a cura di

Gianfranco Brunelli

Tipo Articolo
Tema Ortodossi
Area Italia - ATTUALITÁ ECCLESIALE
Nazioni

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