P. Coda
Nell’Evangelii gaudium papa Francesco ha annunciato l’intenzione di procedere a una riforma del papato e delle strutture centrali della Chiesa universale, nonché delle conferenze episcopali, per correggere gli effetti di un’eccessiva centralizzazione che, «anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria» (n. 32), oltre che il cammino ecumenico. Ma quali sono i punti specifici che hanno impedito alle affermazioni del Vaticano II sulla collegialità di concretizzarsi, e qual è la figura di Chiesa che dobbiamo far emergere dalle pieghe della storia, per rispondere al mandato missionario nel contesto attuale? Un mondo globale, ma impotente di fronte alle sue divisioni, chiede alla Chiesa una riflessione approfondita sulla comunione: correggere le codificazioni canoniche che hanno portato a un’interpretazione massimalista del papato sul piano dottrinale e a una sottomissione dei vescovi alla Santa Sede sul piano pastorale (H. Legrand), e riappropriarsi – come popolo di Dio – della coscienza della sinodalità come modo di esistere della Chiesa-comunione (P. Coda).
Studio del mese - Inserto, 15/06/2014, pag. 429