Attualità, 10/2008, 15/05/2008, pag. 341
La teologia musicale di Olivier Messiaen: musica dell'invisibile
Celebrare Oliver Messiaen (1908-1992) significa riprendere nuovamente il confronto tra il linguaggio musicale e il significato della fede nel tempo della prova. Fuori da questa concomitanza, da questo tentativo di accordo, che in Messiaen è risolto nelle forme della dissonanza, noi consegneremmo la riflessione musicale, soprattutto quella religiosa, o alla citazione ideologica del tempo passato o alla banalizzazione annichilente del tempo presente.
L’opera Quartetto per la fine del tempo, dalla quale muove la riflessione del dossier, è per Messiaen un «arcobaleno teologico» . Lo stesso rappresentato nell’Apocalisse: «E vidi un altro angelo, possente, discendere dal cielo, avvolto in una nube, la fronte cinta di un arcobaleno» (Ap 10,1). L’ispirazione dell’opera e la circostanza della sua realizzazione (fu scritta nel 1940 ed eseguito nel campo di prigionia di Görlitz, nel gennaio del 1941), manifestano il desiderio umano e religioso della «cessazione del tempo». L’equivalente musicale di questa cessazione del tempo è per Messiaen nel distacco dalle regole ritmiche e metriche, annullando ogni nozione di misura e di tempo, attraverso l’aumento o la diminuzione ritmica, introducendo note, punti, pause in forma asimmetrica. È la figura del «valore aggiunto» cristologico nella dissonanza tra il tempo della storia e l’armonia eterna.
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