Attualità, 6/2007, 15/03/2007, pag. 197
Il ripensamento dell'antropologia: la legge naturale
In un contesto multiculturale e plurireligioso come l’attuale, la «natura umana» è richiamata ultimamente nella Chiesa come quel minimo denominatore comune a tutti gli uomini a prescindere da ogni ulteriore qualificazione, depositario quindi di una «legge naturale» capace di funzionare da riferimento per stabilire ciò che è giusto e ciò che non lo è. È d’altra parte evidente dalla storia della filosofia, e dagli stessi sviluppi del pensiero tomista su cui l’assunto si basa, che la categoria di legge naturale com’è stata sinora pensata non è in grado oggi di rispondere alle numerose obiezioni rivoltele dal pensiero moderno, neanche nelle forme più recenti in cui si presenta, quali il giusnaturalismo laico e i diritti umani. La legge naturale non può essere intesa come il codice minimale di precetti negativi che mai potrebbero essere trasgrediti e che sono raccomandati dalla ragione per tutti gli uomini. Questo uso, in voga nella teologia cattolica nel quadro del contenzioso con lo stato e la cultura laica, rischia il processo di naturalizzazione della morale e non utilizza adeguatamente la lettura escatologica della stessa legge naturale.
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