Europa-vescovi: la dignità degli immigrati
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I cammini sinodali delle Chiese locali e quello della Chiesa universale devono procedere nel medesimo solco e con una medesima tempistica, per «evitare l’impressione che siano in atto iniziative parallele, indifferenti allo sforzo di “camminare insieme”». Questo è il nucleo della nota che la Segreteria di stato ha firmato il 23 ottobre scorso e inviato alla segretaria della Conferenza episcopale tedesca, Beate Gilles. Rese note solo in novembre, a poca distanza da una lettera (privata) di papa Francesco a quattro ex esponenti del Cammino sinodale tedesco, le raccomandazioni che il card. Parolin rivolge all’episcopato tedesco su due questioni dottrinali, l’ordinazione presbiterale delle donne e l’omosessualità, riflettono la forte «preoccupazione» di Francesco nei confronti di questa esperienza sinodale locale.
Forse anche per questo la Relazione di sintesi dell’Assemblea sinodale di ottobre (cf. n. 20; in questo numero a p. 672) non la cita, come invece fa con altre, come quella australiana. Quest’ultima è consistita in un Concilio plenario (il V), concluso nel luglio 2022, un percorso scelto apposta perché fosse seguito (e approvato) da Roma. Ma ora tutti coloro che vi hanno preso parte sono da più di un anno in attesa che la Santa Sede dia la recognitio ai 5 volumi dei decreti (cf. riquadro a p. 676), che in forme diverse hanno trattato dei temi presi in considerazione anche in Germania.
Il Rapporto sul progetto pilota per la storia degli abusi sessuali nel contesto della Chiesa cattolica romana in Svizzera a partire dalla metà del XX secolo, redatto a cura della Società svizzera di storia, adottato dal suo Comitato scientifico il 12 maggio 2023 e presentato a Zurigo il 12 settembre, rappresenta per molti aspetti un ulteriore passo avanti nella presa di coscienza che le Chiese vanno assumendo intorno al fenomeno degli abusi sessuali nell’ambito cattolico. «Ci è sembrato urgente – scrivono nella Prefazione le direttrici del progetto Monika Dommann e Marietta Meier – intraprendere un primo tentativo volto a fare luce in modo sistematico, avvalendoci dei metodi propri alle scienze storiche, su una situazione estremamente gravosa per molte delle persone coinvolte, le loro famiglie e i loro amici. Ci è stato chiaro fin dall’inizio che in questo contesto sarebbe stato possibile soltanto un progetto pilota, in particolare per verificare la volontà di cooperazione della Chiesa». Degli otto capitoli di cui questo Rapporto è composto pubblichiamo qui il quinto, che presenta «i contesti degli abusi sessuali» attraverso diversi «casi di studio», classificati entro tre contesti: la «cura pastorale», le «attività caritative ed educative della Chiesa» e gli «ordini religiosi» e «analoghe forme di vita religiosa».
All’inizio del suo ministero episcopale nell’arcidiocesi di Torino, il neo-vescovo e teologo Roberto Repole aveva invitato le diocesi di Torino e Susa a riflettere sulla «questione essenziale, per la nostra Chiesa, di ripensare il nostro modo di essere presenti ed esistere come comunità cristiana sul territorio» e sulla «necessità anche urgente di ridisegnare il nostro modo di esistere, come Chiesa, sul territorio, al fine di continuare qui e ora a essere ciò che dobbiamo essere e a offrire il Vangelo alle donne e agli uomini che incontriamo e lo desiderano» (cf. Regno-doc. 13,2022,415).
A un anno di distanza, il 16 luglio, è stata pubblicata la Lettera pastorale sul futuro delle Chiese di Torino e di Susa, che annuncia «qualche passo concreto di cambiamento della nostra presenza sul territorio»: a livello parrocchiale, dove s’introdurranno delle équipe-guida di comunità; a livello di curia diocesana, che sarà ridisegnata; a livello di ministeri laicali e clericali.
«Ciò che stiamo vivendo e che ci viene chiesto è qualcosa di bello e avvincente. L’obiettivo è uno solo: essere una Chiesa fatta di comunità vive, nelle quali non solo si parla, ma si sperimenta davvero il regno di Dio, di cui la Chiesa è come un germe».
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