R. Bertalot, Ecco la Serva del Signore
La lettura dell'articolo è riservata agli abbonati a Il Regno - attualità e documenti o a Il Regno digitale.
Gli abbonati possono autenticarsi con il proprio codice abbonato. Accedi.
La lettura dell'articolo è riservata agli abbonati a Il Regno - attualità e documenti o a Il Regno digitale.
Gli abbonati possono autenticarsi con il proprio codice abbonato. Accedi.
«In un ambiente globale plasmato dalla rivalità geopolitica, dall’accelerazione dei cambiamenti tecnologici e dalle ambizioni strategiche delle potenze in ascesa, l’UE si trova di fronte a sfide significative per mantenere la propria credibilità e la propria presenza a livello globale, mantenendo coerentemente l’impegno verso la propria visione fondativa». Nel documento di riflessione intitolato Il ruolo dell’Unione Europea in un mondo in cambiamento. Dalla visione fondativa a una missione globale, pubblicato il 23 giugno in vista del Consiglio europeo del 26-27 giugno e nel contesto delle discussioni sul Quadro finanziario pluriennale post-2027, i vescovi cattolici dell’Unione Europea riconoscono la necessità di una difesa armata di fronte allo sconvolgimento in atto dell’ordine mondiale. Tuttavia chiedono che l’Unione Europea non abdichi dai suoi principi fondativi e dal suo essere nata come progetto di pace. «Se l’UE vuole rimanere un attore globale credibile, non deve cercare di recuperare il dominio politico o la centralità geografica, né il suo contributo deve ridursi unicamente alla fornitura di soluzioni economiche e tecnologiche. La peculiarità dell’UE dovrebbe risiedere soprattutto nella sua identità di vera e propria “unione nella diversità”, che rinnova costantemente il suo impegno nei confronti dello spirito della sua visione fondativa e sviluppa ulteriormente la sua capacità d’iniziativa per perseguire la solidarietà pratica e la pace, sia tra i suoi membri che nelle sue relazioni con il mondo intero».
C’è molta attualità nel Comunicato finale della sessione straordinaria del Consiglio permanente della CEI del 27 maggio scorso: si parla di papa Leone XIV, al quale i vescovi esprimono «obbedienza filiale» nella «memoria di quanto ricevuto» da papa Francesco. Si parla di pace «disarmata e disarmante», come l’ha definita Leone XIV sulla scia del predecessore, riferita all’Ucraina e alla Striscia di Gaza in particolare. Si parla poi dei referendum dei primi di giugno, lasciando intendere che i vescovi porrebbero un «sì» al quesito sulla cittadinanza ai migranti, anche se sarebbe meglio «una riforma complessiva della legge». Si parla di carceri e del loro affollamento; si parla d’«infinita dignità della persona dal concepimento alla morte naturale», facendo indiretto riferimento da un lato alla sentenza della Corte costituzionale relativa a un minore e alle sue due «madri», dall’altro alla legge toscana sul fine vita. Ma al centro del Consiglio straordinario c’era il prosieguo del Cammino sinodale italiano dopo l’Assemblea del marzo scorso, definita «vivace e creativa». I vescovi hanno steso un «cronoprogramma che prevede un’intensa attività di stesura del testo da presentare alla votazione all’Assemblea sinodale» di ottobre, passando da tutti gli organismi della CEI e dal Comitato sinodale.
«Abbiamo assistito a un profondo cambiamento nelle priorità europee, che si sono allontanate dalla solidarietà con le regioni e le comunità più fragili e dalla cooperazione allo sviluppo finalizzata a sradicare la povertà e la fame, a favore di una serie di interessi geopolitici ed economici più ristretti. Nonostante le lodevoli intenzioni che stanno dietro ad alcuni progetti che promuovono lo sviluppo umano alla base, alcune iniziative sostenute nell’ambito del Global Gateway dell’UE – pur essendo presentate come reciprocamente vantaggiose – sembrano troppo spesso replicare i modelli estrattivi del passato: privilegiando gli obiettivi aziendali e strategici europei rispetto ai reali bisogni e aspirazioni delle popolazioni africane».
Ha usato toni inusualmente critici la Dichiarazione congiunta del Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (SCEAM) e della Commissione degli episcopati dell’Unione Europea (COMECE), pubblicata il 15 maggio in vista della riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Africana e dell’Unione Europea del 21 maggio 2025. Intitolata «Perché sappiamo che le cose possono cambiare» (Laudato si’, n. 13), afferma tra l’altro che «è eticamente insostenibile chiedere che l’Africa diventi la discarica per la “transizione verde” dell’Europa».
Attualità
Documenti
Moralia
il Regno delle Donne
Newsletter
{{resultMessage}}
{{warningMessage}}
{{resultMessage}}