Attualità, 8/1996, 15/04/1996, pag. 236
Europa e democrazia: la frattura totalitaria nella storia d’Europa
I Balcani sono forse dappertutto: nell'ex Iugoslavia, a Berlino a Parigi a Washington. La tragedia iugoslava, scoppiata nel cuore dell'Europa, somiglia a un prisma del male. Esso riflette le principali sconfitte dell'occidente democratico in questo secolo: la novità tragica della forma politica totalitaria, sia nella versione comunista che fascista; l'inclinazione di questi modelli a trascurare la verità di fatto e a fabbricare la verità, riscrivendo, attraverso la menzogna sistematica, la storia; di nuovo il fallimento delle democrazie, nel passaggio d'epoca 1989-1991, incapaci di impedire che i modelli totalitari riottenessero una qualche legittimità; il loro riemergere come nazionalismi esasperati attraverso l'identificazione spesso fittizia tra "popolo", "nazione", "etnia", nuovamente incompatibile con la democrazia; l'incapacità delle chiese cristiane di liberarsi della subalternità concettuale al modello nazionalistico; il dramma del male, dei delitti e dei massacri ("pulizia etnica"), nella cecità delle vittime e dei testimoni.
Il dossier che presentiamo accosta, nel guardare a questo prisma, tre riflessioni in se stesse autonome: una rilettura di Hannah Arendt guardando ai totalitarismi; un'analisi sull'applicazione degli accordi di Dayton e la disgregazione balcanica; un'intervista ad Antonio Cassese, presidente del Tribunale internazionale dell'Aja per i crimini commessi nell'ex Iugoslavia.
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