«Il nostro mondo è cambiato in modo significativo da quando papa Benedetto XV denunciò i massacri della Prima guerra mondiale, un conflitto caratterizzato da rapidi sviluppi della tecnologia militare, tra cui il primo uso diffuso di carri armati, guerra aerea e gas nocivi. Così com’è cambiato da quando papa Pio XII ha condannato l’uso di armi nucleari per distruggere intere città alla fine della Seconda guerra mondiale. Nei prossimi anni continueremo inevitabilmente ad assistere a ulteriori cambiamenti nel modo in cui le persone combattono e si uccidono a vicenda. Tuttavia i principi della nostra fede rimangono coerenti e l’insegnamento sociale cattolico… fornisce una guida importante per navigare in questi sviluppi». Nel documento Chiamati a essere costruttori di pace, pubblicato il 22 maggio, i vescovi cattolici di Inghilterra e Galles esaminano il caso morale a favore e contro il mantenimento e la fornitura di forze armate, sia per la difesa del Regno Unito (uno dei principali produttori di armi al mondo) sia tramite la vendita di armi ad altri paesi. L’aspetto più innovativo del testo è il tentativo di applicare il quadro etico dell’insegnamento sociale cattolico alle nuove forme di guerra (droni senza pilota, intelligenza artificiale, attacchi informatici o militarizzazione dello spazio), che si trovano ancora fuori dall’ambito della tradizionale teoria della guerra giusta, oltre che fuori dalla competenza del diritto internazionale esistente, che deve ancora affrontare il problema di come le tecnologie più recenti stanno trasformando il volto della guerra.
«Ciò che siamo in grado di affermare in ogni situazione pastorale è la verità che la singola persona, per quanto angosciata e disturbata nel suo senso di sé e della realtà, è conosciuta e amata da Dio in tutta la sua complessità, compresa la confusione sulla sua identità di genere». È questa la visione che guida la «riflessione pastorale» dedicata dai vescovi cattolici d’Inghilterra e Galles alle questioni di genere e d’identità, resa pubblica lo scorso 25 aprile. Un titolo d’ispirazione biblica, Ricamati dal Signore (in inglese il verbo del Salmo 139,15 recita «intricately wowen», alla lettera «tessuti in modo complesso»), introduce un testo che ricapitola con molta chiarezza ciò che negli anni recenti – da che il gender è passato da oggetto di studi accademici a questione in primo piano nel discorso pubblico – il magistero ecclesiale ha elaborato a proposito della «teoria dell’identità di genere» e delle persone che vivono una «disforia di genere»: «Seguendo l’esempio di papa Francesco in questo delicato settore, anche noi distinguiamo tra la cura pastorale della persona che vive queste lotte e l’“ideologia (trans)gender”».
«Possiamo dire che, mentre non è giusto criminalizzare gli omosessuali per il solo fatto di essere tali, lo stato ha il diritto di criminalizzare gli atti degli omosessuali nell’interesse della nazione». L’11 dicembre la Conferenza dei vescovi cattolici del Ghana ha pubblicato un Comunicato su «La Chiesa cattolica e lo stato sull’omosessualità», firmato dal suo presidente mons. Matthew Kwasi Gyamfi.
Il testo intende motivare, sulla base della Bibbia e dell’insegnamento morale della Chiesa cattolica sull’omosessualità, l’approvazione da parte dell’episcopato cattolico ghanese del disegno di legge «Promozione degli appropriati diritti sessuali umani e dei valori ghanesi della famiglia», attualmente in attesa della seconda lettura in Parlamento. Si tratta di una rielaborazione del contributo inviato già nel 2021 dai vescovi alla commissione che si sta occupando della legge.
La dichiarazione dell’episcopato ghanese fa seguito all’intervista del cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson alla BBC del 27 novembre, dove il porporato aveva affermato che «le persone LGBT non possono essere criminalizzate perché non hanno commesso alcun crimine».
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