Dal 10 al 21 novembre si terrà a Belém, in Brasile, la 30ª Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, o COP 30. In vista di questo appuntamento, il 1° luglio è stato presentato presso la Sala stampa della Santa Sede il documento Un appello per la giustizia climatica e la casa comune: conversione ecologica, trasformazione e resistenza alle false soluzioni. Si tratta di un Messaggio delle conferenze e dei consigli episcopali cattolici di Africa, America Latina e Caraibi e Asia in occasione della COP 30, elaborato congiuntamente dal Simposio delle conferenze episcopali di Africa e Madagascar (SCEAM), dalla Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia (FABC) e dal Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), coordinati dalla Pontificia commissione per l’America Latina (PCAL).
Frutto «del discernimento collettivo… in vista della COP 30 nel continente della speranza, invocando l’ispirazione dello Spirito Santo e in comunione con la missione della Chiesa universale», chiede che si affronti il problema del cambiamento climatico, che ha un impatto critico soprattutto nel Sud globale, con misure che non configurino una semplice ristrutturazione del modello capitalista, ma che rimettano al centro i popoli e la Terra rendendoli protagonisti del loro futuro. E chiede in questo la solidarietà delle Chiese del Nord globale.
«I migranti, segno dei tempi e luogo teologico, ci presentano la carne sofferente di Cristo, persone che “si vedono costrette ad abbandonare la propria terra, ... non trovando altra via d’uscita”». E «come non denunciare anche il trattamento crudele e inusuale di decine di migliaia di persone, che ogni giorno subiscono l’indegnità di essere detenute e imprigionate a causa del loro status di immigrati irregolari, molti dei quali scandalosamente detenuti in istituti privati a scopo di lucro?». Così i vescovi di frontiera e responsabili della mobilità umana dell’America del Nord, centrale e dei Caraibi nella prima lettera pastorale regionale sulla migrazione, presentata il 27 novembre 2024 nell’ambito dell’82ª Assemblea del Segretariato episcopale dell’America centrale (SEDAC). Il documento, intitolato Lo vide, si avvicinò e se ne prese cura. Camminare con persone migranti, rifugiate, sfollate interne e vittime di tratta, lancia al tempo stesso una denuncia e un energico appello ai Governi affinché elaborino e attuino politiche che proteggano i diritti dei migranti e affrontino le cause strutturali della migrazione forzata. La lettera pastorale inoltre impegna le Chiese cattoliche locali ad assumere la tutela dei migranti come una scelta pastorale complessiva, che va oltre una pastorale di ambito. Questo, oggi che l’amministrazione Trump negli Stati Uniti ha fatto della guerra ai migranti il suo baluardo, pone le Chiese cattoliche in un ruolo apertamente critico.
«Abbiamo assistito a un profondo cambiamento nelle priorità europee, che si sono allontanate dalla solidarietà con le regioni e le comunità più fragili e dalla cooperazione allo sviluppo finalizzata a sradicare la povertà e la fame, a favore di una serie di interessi geopolitici ed economici più ristretti. Nonostante le lodevoli intenzioni che stanno dietro ad alcuni progetti che promuovono lo sviluppo umano alla base, alcune iniziative sostenute nell’ambito del Global Gateway dell’UE – pur essendo presentate come reciprocamente vantaggiose – sembrano troppo spesso replicare i modelli estrattivi del passato: privilegiando gli obiettivi aziendali e strategici europei rispetto ai reali bisogni e aspirazioni delle popolazioni africane».
Ha usato toni inusualmente critici la Dichiarazione congiunta del Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (SCEAM) e della Commissione degli episcopati dell’Unione Europea (COMECE), pubblicata il 15 maggio in vista della riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Africana e dell’Unione Europea del 21 maggio 2025. Intitolata «Perché sappiamo che le cose possono cambiare» (Laudato si’, n. 13), afferma tra l’altro che «è eticamente insostenibile chiedere che l’Africa diventi la discarica per la “transizione verde” dell’Europa».
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