Ha avuto un forte impatto nella Chiesa tedesca il Manifesto #OutInChurch. Per una Chiesa senza paura, lanciato il 25 gennaio da 125 persone che si definiscono «lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali, queer e persone non binarie… collaboratori e collaboratrici – a tempo pieno, volontari/e, potenziali, non più in attività – della Chiesa cattolica». Occorre ricordare che in Germania la Chiesa cattolica impiega circa 12.500 sacerdoti, 4.426 operatori parrocchiali e 3.244 operatori pastorali, mentre la Caritas impiega circa 700.000 persone, e il contratto di lavoro per i dipendenti della Chiesa include obblighi di fedeltà, secondo i quali gli insegnamenti di fede e di morale devono essere osservati.
«Esigiamo che si correggano le dichiarazioni dottrinali anti-umanitarie – anche in considerazione della responsabilità che la Chiesa riveste, a livello mondiale, per i diritti umani delle persone LGBTIQ+. Ed esigiamo un cambiamento del diritto del lavoro discriminatorio vigente in ambito ecclesiastico, comprese tutte le formulazioni denigratorie ed escludenti nell’ordinamento di base del ministero ecclesiastico». Numerose associazioni e organizzazioni cattoliche hanno espresso solidarietà, e anche alcuni vescovi. Nell’attuale Cammino sinodale in corso nella Chiesa tedesca si stanno discutendo anche questioni di morale sessuale.
La Federazione della stampa missionaria (FeSMi), la Conferenza degli istituti missionari in Italia (CIMI) e il Servizio unitario di animazione missionaria (SUAM) hanno reso noto il 1o luglio una dichiarazione congiunta di cui riportiamo ampi tralci (ndr).
Il 5 febbraio è stato firmato a Roma un Manifesto interreligioso dei diritti nei percorsi di fine vita, promosso dal Tavolo interreligioso di Roma insieme all’Azienda sanitaria locale Roma 1 e al Gemelli Medical Center – Università cattolica del Sacro Cuore. Il documento definisce nove diritti fondamentali e garantisce, oltre alle cure, il rispetto della dignità e il supporto religioso e spirituale per chi si trova nella fase finale della vita in strutture sanitarie. I diritti riconosciuti sono: diritto di disporre del tempo residuo; al rispetto della propria religione; a servizi orientati al rispetto della sfera religiosa, spirituale e culturale; alla presenza del referente religioso o assistente spirituale; all’assistenza di un mediatore interculturale; a ricevere assistenza spirituale anche da parte di referenti di altre fedi; diritto al sostegno spirituale e al supporto relazionale per sé e per i propri familiari; al rispetto delle pratiche pre- e post-mortem; al rispetto reciproco.
È stato inoltre costituito un Tavolo interreligioso per rendere operativo il Manifesto ed elaborare delle linee guida applicative su alimentazione, cura spirituale, trattamento del corpo nella malattia e nei riti pre- e post-mortem.
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