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l'Ospite

Massimo Faggioli

Qualcosa si muove nel cattolicesimo in America – in assenza di iniziative significative da parte dei vescovi. Nelle ultime due settimane hanno occupato la scena tre fatti: la conferenza organizzata dalla University of Notre Dame sulla polarizzazione nella Chiesa cattolica statunitense, la pubblicazione della ricerca del Pew Forum sulle appartenenze religiose, e la conferenza della Georgetown University sulla povertà.

In aggregato, questi tre fatti parlano di un cristianesimo americano che continua a perdere membri; perde membri la Chiesa cattolica in particolare, che soffre di una polarizzazione che è ideologica ed etnica più che teologica; tutto questo in un paese in cui la religione, e in particolare le Chiese, occupano un posto centrale nella vita sociale, politica e anche economica della prima potenza globale. Il fatto paradossale è che lo si vede specialmente attraverso il dibattito sulla povertà in America.

Occasione della conferenza su Chiese e povertà all’università di gesuiti di Washington DC, Georgetown University, a cui ha partecipato anche in via eccezionale il presidente Obama, è stata la pubblicazione del libro di Robert Putnam, uno dei massimi studiosi di religione e società in America, Our kids. The American dream in crisis, che narra del declino dell’idea di bene comune e del crescente divario tra ricchi e poveri, e degli effetti tragici che questo divario ha sui bambini americani.

Putnam ha confermato che è ancora vero che gli americani della middle class che vanno in chiesa tendono a restare nella ora fragilissima middle class; l’allontanamento dalla Chiesa è segno e strumento dell’indebolimento della struttura valoriale e familiare, toccato spesso da una o più gravidanze extramatrimoniali e/o in giovanissima età, single parenting, abbandono scolastico, perdita del lavoro o incapacità di trovarne o tenerne uno, rifugio nel crimine, carcerazione di massa.

La questione è che in America le Chiese e religioni sono rimaste praticamente il solo tessuto connettivo della società – ma anch’esse sono indebolite, come la famiglia. Il potere dello stato e del governo è sotto attacco quotidiano da parte degli ideologi del liberismo. Solo il mercato ha una forza autonoma e quasi senza controlli.

Questa discussione americana è rilevante da diversi punti di vista. Da un punto di vista europeo, sorprende che gli americani si sorprendano di scoprire questa situazione ormai nota da tempo a tutti, creata dal reaganismo prima e dal clintonismo poi. Colpisce come – sia in Italia sia in America – tra i pochissimi posti in cui si parli dei poveri ci siano il Vaticano e il papa, le Chiese e le università (le università cattoliche in America). Parlamenti e partiti politici, anche quelli di sinistra, sono assenti.

Da un punto di vista ecclesiale, anche in vista del Sinodo dell’ottobre prossimo, è evidente come in America ogni discussione intra-cattolica su famiglia e Chiesa (divorziati risposati, famiglie non tradizionali, matrimonio omosessuale) ha delle dirette ricadute sull’inclusività o esclusività non solo della Chiesa, ma della stessa società americana e del suo sistema economico: in America uscire dalla Chiesa vuol dire spesso trovarsene un'altra, ma potenzialmente significa anche uscire dall’extra ecclesiam nulla salus (“al di fuori della Chiesa non c’è salvezza”) che ancora regge gli Stati Uniti.

Da un punto di vista generale, è evidente che c’è un “effetto Francesco” sulla politica e la società americana (disgelo con Cuba, enciclica sull’ambiente) molto più che sulle gerarchie ecclesiastiche americane.

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