Le speranze dell'Amazzonia
Il tema dell'inculturazione è il tema dell'incarnazione. Piste per comprendere le speranze che vengono dall'Amazzonia.
Il Sinodo sull’Amazzonia che si terrà in Vaticano dal 6 al 27 ottobre, che contestualizza «Nuovi cammini di Chiesa per un'ecologia integrale», metterà in luce che i popoli amazzonici originari hanno molto da insegnarci, per cui occorre dialogare con queste sapienze ancestrali in cui si manifestano dei semi del Verbo, che sono sguardi di contemplazione per una speranza che riguarda tutta l’umanità.
A tal proposito va sottolineato quanto affermato su Regno-doc. del 1° settembre 2019. Il tema di fondo – che s’impone all’attenzione della Chiesa cattolica universale con il Sinodo di ottobre – è quello dell’inculturazione, posto dal concilio Vaticano II ma poi non percorso nei decenni successivi, che anzi hanno visto una progressiva centralizzazione e uniformazione delle espressioni liturgiche, teologiche e pastorali della Chiesa di Roma.
Ma «la diversità originale offerta dalla Regione amazzonica – biologica, religiosa e culturale – evoca una nuova Pentecoste», fino alla proposta di considerare l’«ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni… sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile», e di «identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne, tenendo conto del ruolo centrale che esse svolgono oggi nella Chiesa amazzonica».
La nostra considerazione partirà da un orizzonte più vasto sia teologico che filosofico.
La riflessione teologica afferma che nell’esperienza cristiana la parte connessa alla rappresentazione visuale è particolarmente importante. Basti pensare al posto che occupa la visione interiore negli Esercizi spirituali di S. Ignazio e l’immagine nella pittura sacra, in quanto supporto della meditazione e rappresentazione d’uno sguardo interiore.
Interessanti, a tal proposito, le pertinenti osservazioni di C.H. Roquet su Yeronimus Bosch in quanto pittore religioso. La sua opera è presentata come l’analogo pittorico dell’esperienza mistica, costituita da una serie di “sguardi” che si elevano e si epurano fino all’invisibile. Il postulato teologico che fonda il primato dello sguardo è l’incarnazione: Dio si è fatto uomo, quindi visibile.
Anche la biografia degli uomini che si situano nella sequela dell’unica immagine adeguata, Gesù di Nazaret, può essere colta dallo sguardo dei credenti come una sua trasparenza: san Francesco d’Assisi, Charles de Foucauld. Più precisamente siamo autorizzati a considerare la vita di questi cristiani eccezionali come una parte della vita del Cristo, il risorto che effonde il suo Spirito e anima la comunità dei discepoli attraverso i secoli. Essi sono in Cristo; il Cristo è in loro (cf. Gal 1,22; Rm 8,10). Perché la vita del Cristo non può essere detta senza l’intero Nuovo Testamento, senza l'intera storia del "movimento" che ha preso origine dal Vangelo, senza la vita dei suoi seguaci nel corso dei secoli.
«Quello che abbiamo udito, visto con i nostri occhi, contemplato, e le nostre mani hanno toccato la Parola di Vita» (1Gv 1,1). I testimoni hanno ascoltato questa realtà, l’hanno vista con i propri occhi, «contemplata», e le loro mani l’hanno toccata perché voi siate in comunione con Gesù Cristo. «Mostrò loro le mani e il costato» (Gv 20,25). A Tommaso «metti qui il tuo dito e guarda le mie mani, stendi la tua mano e mettila nel mio costato» (Gv 20,27). Agli apostoli «Guardate le mie mani e i mie piedi. Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho e mostrò loro le mani e i piedi e mangiò una porzione di pesce arrostito che gli offrirono» (Lc 24,39-43).
La filosofia ci dice che la moralità… è sacrificio di sé, benevolenza, amore, altruismo, compassione, umanitarismo, o addirittura naturalismo alla francescana che comanda di rispettare, proteggere e amare anche gli animali (B. Croce). Questa ermeneutica permette di comprendere completamente, totalmente e in profondità le speranze che provengono dall’Amazzonia.