La fede, la passione più alta
L’uomo religioso può capire il dubbio, che se non è un risvolto della sua fede, comunque è un aspetto essenziale di essa o un suo momento interno. La fede è ben lungi dall’essere un possesso tranquillo, sicuro e incontrastato, favorito dalla tradizione e ribadito dall’abitudine, anzi spesso è lotta durissima e tensione lancinante.
La preferenza fra l’esistenza e l’inesistenza di Dio è un atto vitale di accettazione o rifiuto da parte di ogni essere umano, che decide se per lui la vita ha un senso oppure è assurda.
Tale scelta è eminentemente religiosa anche quando si risolve in senso negativo, perché il ripudio di Dio non è frutto d’un ragionamento, ma di un atto profondo e originario della persona. A tal proposito risulta evidente che la filosofia non ha il compito di dimostrare l’esistenza di Dio, perché essa non estende la conoscenza a nuovi ambiti della realtà, ma riflette su esperienze esistenziali: il suo compito non è dimostrativo, ma ermeneutico. A ciò occorre aggiungere che il credente che non ha dubbi non ha la fede: basti pensare che hanno dubitato gli apostoli.
La fede e il dubbio
L’uomo religioso può capire il dubbio, che se non è un risvolto della sua fede, comunque è un aspetto essenziale di essa o un suo momento interno. La fede è ben lungi dall’essere un possesso tranquillo, sicuro e incontrastato, favorito dalla tradizione e ribadito dall’abitudine, anzi spesso è lotta durissima e tensione lancinante.
Se la fede conduce al mistero di un Dio creatore, anche l’ateo si trova di fronte al fatto misterioso di un grumo di materia originario da cui si è sviluppata e si sviluppa la storia dell’universo. La realtà è che la teoria evolutiva della vita non solo non cancella il problema religioso, ma lo fa emergere.
Questa concezione, sulla scia di Pareyson, non si cura di negare l’idea di Dio, anzi la presuppone e, lasciandola cadere e dissolvere, dimostra che la morte di quel Dio che la abita fa precipitare nel vuoto ogni norma morale: «Se non c’è Dio, tutto è lecito, ma se tutto è lecito, Dio non c’è».
Allora occorre chiedersi se ha senso la vita collocando l’interlocutore su un crinale tagliente dal quale spiovono due versanti: l’uno illuminato dal sì trascendente che riecheggia nel cuore dell’essere umano, libero di accettarlo o rigettarlo; l’altro spiovente su quale si stende, invece, l’ombra della solitudine cosmica e del disincanto, detto meglio come agnosticismo invincibile e definitivo.
Altrettanto radicale è il binomio talora antitetico ma capace di essere anche armonico, Legge e Amore: presenza che si ramifica in forma differente nelle due religioni sorelle, cioè l’ebraismo e il cristianesimo.
Inoltre non si può fare a meno di lasciarsi coinvolgere nella questione molto complicata che il libro dell’Apocalisse ha afferrato come ermeneutica della storia, facendo balenare il possibile annientamento dell’essere e dell’esistere. Proprio la finale di quest’opera biblica non è un sigillo estremo posto sul nulla, ma un cambiamento che regge tutta l’escatologia cristiana, sostituendo a una fine del mondo un fine di pienezza.
Questo esito salvifico è avversato, nel tempo intermedio che si sta vivendo nell’attuale storia, dall’imprescindibile ed enigmatico potere frenante – katechon - evocato da Paolo nella sua Seconda lettera ai Tessalonicesi: un tema che ha già intrigato acutamente figure rilevanti anche del panorama culturale di ieri e di oggi.
Proprio in questo scenario storico si consuma un altro duetto, che scade spesso in duello, quello tra il potere spirituale e quello temporale. A questa duplicità, che ha tenuto sotto pressione intelligenze, agitato coscienze e generato tante vicende storiche, vengono dedicate pagine preziose.
Il sacro che risorge
Soprattutto, per l’epoca che si sta attraversando, è curioso il corollario che si sta vivendo sulla violenza, apparentemente appannaggio di regimi sia atei sia sacrali. Attraverso un’attenta analisi, giungendo alla vetta ci si rende conto che è sempre presente il vessillo sacro nonostante tutte le violazioni, le dissacrazioni, le desacralizzazioni. Forse proprio per questo, il sacro è tuttora una spina nel fianco della società che ha denigrato con impetuosità vita e morte, sessualità e genetica, strappando ogni segnale di frontiera etica in cui l’uomo non è più immagine di Dio, ma di se stesso.
In verità il sacro quanto più è violato e ferito, risorge; quanto più è negato, si afferma e conferma. Bisogna infatti riconoscere che argomenti come denaro, successo, sesso sono oggi detonatori socio-culturali molto meno potenti del sacro, della fede, della religione, persino della mistica in quanto «la fede è la più alta passione dell’uomo. Ci sono forse in ogni generazione molti uomini che non arrivano fino a essa, ma nessuno va oltre» (Kierkegaard, Timore e tremore).