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l'Ospite

Il papa e il popolo

Un sondaggio di Demos&Pi di luglio 2018 sottolinea come la popolarità di papa Francesco sia in netto calo rispetto all’apprezzamento rivolto dagli italiani nel 2013, all’inizio del suo pontificato. A discapito di quanto potrebbe sembrare leggendo i numeri, il papato di Bergoglio ha una direzione ben precisa, in linea con quanto tracciato dai suoi predecessori.

Il sondaggio 

I dati, raccolti su una base di 1.408 casi, parlano di un calo del 17% generale e del 25% fra i giovani, dove con giovani s’intendono gli intervistati di un’età compresa fra i 15 e i 24 anni. Come sempre, quando si parla di sondaggi è importante partire dalla domanda posta, in questo caso: «Può dirmi quale sentimento suscita in lei papa Francesco? Esprima il voto in una scala da 1 a 10, dove 1 significa molto negativo e 10 molto positivo». Il risultato ci dice che oggi il pontefice argentino gode di una popolarità del 71%, mentre fra i giovani del 58% (la valutazione % tiene conto di quanti esprimono una valutazione uguale o superiore a 7) a fronte di una popolarità pari all’88% e all’83% nel 2013.

Le cause

Secondo Ilvo Diamanti, docente ordinario di Scienza politica e direttore del Laboratorio di studi politici e sociali (LaPolis), due sono le cause di questo calo di popolarità: il tema, caldo, dell’accoglienza degli immigrati e una diffusa delusione nei confronti dell’operato di Bergoglio. Nel primo caso l’attualità politica e sociale non ha aiutato il messaggio d’accoglienza da sempre rivolto da Francesco, costantemente attento alle necessità degli ultimi e a quell’idea di Chiesa in uscita.

Nel secondo caso – e qui veniamo ai giovani – il mancato cambiamento radicale tanto atteso con l’avvento di Francesco avrebbe deluso le aspettative su temi quali l’omosessualità, il celibato dei sacerdoti, il ruolo delle donne nella Chiesa e la comunione a divorziati e risposati. Temi, solo per citarne alcuni, che hanno caratterizzato il dibattito ecclesiale in questi anni e verso i quali Francesco ha sempre dimostrato un atteggiamento di dialogo e confronto, senza dimenticare i punti cardine del Vangelo, del Catechismo e della dottrina sociale della Chiesa.

La globalizzazione dell’indifferenza

Aspetti, quelli evidenziati da Diamanti, che meritano un approfondimento. Proprio dal tema immigrati Francesco aveva ottenuto forti consensi nell’opinione pubblica: famosa era stata l’espressione «no alla globalizzazione dell’indifferenza», utilizzata nel corso dell’omelia tenuta nella messa dell’8 luglio 2013 a Lampedusa, in memoria dei morti di un naufragio.

Era il primo viaggio di Francesco fuori dal Vaticano: un viaggio fortemente simbolico che suscitò molta commozione ed empatia, tanto che in un sondaggio di Demopolis a un anno dalla sua nomina a pontefice, il 56% degli intervistati citò la frase «La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti responsabili senza nome e senza volto» fra le frasi di papa Francesco che hanno colpito di più.

Il 75% indicò inoltre «La vicinanza alla gente» fra le cose che piacciono di più di Bergoglio, il 68% «L’attenzione per i più deboli». Domande che oggi avrebbero probabilmente una risposta diversa.

L’effetto coda lunga

Dopo un anno di pontificato Francesco sfiorava il 90% di consensi fra gli italiani, tanto che L’Espresso titolò «Tutti amano papa Francesco», specificando che in 12 mesi aveva «conquistato l’opinione pubblica». Titoli di natura pop che in quel periodo si spendevano facilmente sui giornali, grazie a una peopolisation – quel fenomeno che nelle leadership politiche vede il leader vicino e in forte sintonia con la gente comune – che portava spesso e volentieri Bergoglio in prima pagina e nelle copertine dei magazine (tanto da essere nominato personaggio dell’anno da Time nel 2013).

Il calo di popolarità che vive oggi Francesco è però un fatto naturale, causato innanzitutto da quell’effetto coda lunga che porta l’attenzione per un personaggio (o un evento) a diminuire con il passare del tempo. Insomma lo stesso principio che vede l’attenzione per una notizia scemare una volta pubblicata e passato il clamore iniziale.

La narrazione mediatica e l’effetto Francesco

Il primo anno di pontificato è stato caratterizzato da una sorta di «effetto Francesco», un vento di novità che doveva rinnovare profondamente la Chiesa cattolica a seguito della rinuncia di Benedetto XVI. La narrazione mediatica era unanime in questo senso, seppur con le dovute sfumature diverse a seconda del caso.

Oggi l’effetto Francesco sembra essere sfumato, principalmente perché Bergoglio non è più una novità da titolo in prima pagina. Fa parte della routine mediatica, le omelie di Santa Marta non fanno più notizia, così come il suo linguaggio colloquiale e i suoi gesti dirompenti che tanto avevano affascinato l’opinione pubblica. La popolarità di Francesco nacque dalla sua capacità di riempire vuoti comunicativi e di creare eventi comunicativi: elementi che oggi, nella comunicazione del papa e della Chiesa, fanno parte di una narrazione ormai consolidata.

La leadership di Francesco

Papa Francesco è un leader politico ma anche e soprattutto un leader religioso, inteso come guida di una comunità di fedeli. La leadership politica ha bisogno di continui eventi in grado di ravvivare e rinnovare l’immagine del leader, soprattutto in ottica di nuove elezioni. Nella leadership di Francesco questo aspetto viene meno, per forza di cose. Non ci sono nuove elezioni da organizzare, ma semplicemente lo sforzo comunicativo di un messaggio, quello del Vangelo, che il papa deve trasmettere con forza e costanza. La sua popolarità è secondaria e subordinata a quel messaggio, a un leader, se così vogliamo definirlo, al quale egli stesso risponde: Cristo.

La continuità con i predecessori

A discapito dei sondaggi (mai troppo favorevoli a papa Ratzinger) e alla narrazione mediatica di un Bergoglio rivoluzionario, Francesco è sempre stato, fin da subito, in continuità con i predecessori Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Per questo è bene ricordare che il suo è un papato di riforma piuttosto che di rivoluzione: la prima rinnova su basi già consolidate, la seconda pretende di ripartire da zero.

I giovani, testimoni della Chiesa

«Per i giovani non sono più sufficienti le imposizioni dall’alto: servono delle prove e una testimonianza sincera di Chiesa». Così si è espresso Francesco nel discorso rivolto ai giovani al Circo Massimo per l’evento di incontro e preghiera promosso dalla Conferenza episcopale italiana in preparazione al Sinodo di ottobre. Quei giovani fra i quali il consenso verso il pontefice sembra scemare secondo i sondaggi, ma non nei fatti, come testimoniano le 70.000 presenze di sabato 11 agosto a Roma. Giovani testimoni di una Chiesa che più che di popolarità ha sempre più bisogno di comunicare verità.

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