D
Documenti
Documenti, 15/2023, 01/09/2023, pag. 449

Il coraggio di Puglisi

Lettera all’arcivescovo di Palermo a 30 anni dall’uccisione di don Pino Puglisi

Francesco

«A voi pastori alle cui mani il Signore ha affidato il suo popolo in codesta isola… rivolgo l’invito a non fermarvi di fronte alle numerose piaghe umane e sociali dell’ora presente, che ancora sanguinano… È urgente l’opzione preferenziale verso i poveri; sono volti che ci interrogano e ci orientano alla profezia. Come comunità ecclesiale in cammino tutto ciò interpella il vostro discernimento sinodale per avviare una pastorale rinnovata che corrisponda concretamente alle esigenze d’oggi». Il 20 agosto papa Francesco ha inviato all’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, una Lettera per i trent’anni dalla morte di don Pino Puglisi. L’omicidio del parroco del quartiere Brancaccio per mano mafiosa avvenne il 15 settembre 1993; don Puglisi, beatificato con decreto di Benedetto XVI per il martirio «in odium fidei» il 25 maggio 2013, è il primo martire della Chiesa cattolica a essere stato ucciso dalla mafia. 

«Sappiamo bene quanto don Pino si sia battuto perché nessuno si sentisse solo di fronte alla sfida del degrado e ai poteri occulti della criminalità; riconosciamo pure come l’isolamento, l’individualismo chiuso e omertoso siano armi potenti di chi vuole piegare gli altri ai propri interessi. La risposta è la comunione, il camminare insieme».

Stampa (21.8.2023) da sito web www.vatican.va.

Al caro fratello mons. Corrado Lorefice, arcivescovo metropolita di Palermo.

Sono passati trent’anni dalla sera del 15 settembre 1993, quando il caro don Pino Puglisi, sacerdote buono e testimone misericordioso del Padre, concluse tragicamente la sua esistenza terrena proprio in quel luogo dove aveva deciso di essere «operatore di pace», spargendo il seme della Parola che salva, che annuncia amore e perdono in un territorio per molti «arido e sassoso», eppure lì il Signore ha fatto crescere assieme il «grano buono e la zizzania» (cf. Mt 13,24-30). Desidero unirmi a voi spiritualmente in questa significativa ricorrenza e ringraziare il Dio di ogni consolazione per il dono del beato martire don Pino Puglisi, figlio e pastore dell’amata Chiesa palermitana e dell’intera Sicilia.

Nel giorno del compleanno, la mano omicida di un giovane lo uccise sulla strada. Le strade del quartiere erano la Chiesa da campo che ha servito con sacrificio e percorso durante il suo ministero pastorale per incontrare la gente, in una terra da lui conosciuta e che non si è mai stancato di curare e annaffiare con l’acqua rigenerante del Vangelo, affinché ognuno potesse dissetarsi e godere il refrigerio dell’anima per affrontare la durezza di una vita che non sempre è stata clemente. Tutti ricordano ciò che egli rispose all’assassino: «Me l’aspettavo». E quindi sorrise: quel sorriso, che menzionai nell’omelia in occasione della mia visita a Palermo cinque anni orsono (s. messa al Foro italico), ci raggiunge come «una luce gentile che scava dentro e rischiara il cuore».

Sull’esempio di Gesù, don Pino è andato fino in fondo nell’amore. Possedeva i medesimi tratti del «buon pastore» mite e umile: i suoi ragazzi, che conosceva uno a uno, sono la testimonianza di un uomo di Dio che ha prediletto i piccoli e gli indifesi, li ha educati alla libertà, ad amare la vita e a rispettarla. Sovente ha gridato con semplicità evangelica il senso del suo instancabile impegno in difesa della famiglia, dei tanti bambini destinati troppo presto a divenire adulti e condannati alla sofferenza, nonché l’urgenza di comunicare loro i valori di un’esistenza più dignitosa, strappandola così alla schiavitù del male. Questo sacerdote non si è fermato, ha dato sé stesso per amore abbracciando la Croce sino all’effusione del sangue.

È urgente l’opzione preferenziale dei poveri

A voi pastori alle cui mani il Signore ha affidato il suo popolo in codesta isola, così ricca di storia e crocevia di popoli e culture, rivolgo l’invito a non fermarvi di fronte alle numerose piaghe umane e sociali dell’ora presente, che ancora sanguinano e necessitano di essere sanate con l’olio della consolazione e il balsamo della compassione. È urgente l’opzione preferenziale verso i poveri; sono volti che ci interrogano e ci orientano alla profezia. Come comunità ecclesiale in cammino tutto ciò interpella il vostro discernimento sinodale per avviare una pastorale rinnovata che corrisponda concretamente alle esigenze d’oggi.

Vi esorto quindi a fare emergere la bellezza e la differenza del Vangelo, compiendo gesti e trovando linguaggi giusti per mostrare la tenerezza di Dio, la sua giustizia e la sua misericordia. Sono segni che il cristiano è chiamato a porre nella città degli uomini per illuminarla nella costruzione di una nuova umanità. Il martire don Pino possedeva una sapienza pratica e profonda al tempo stesso, infatti amava dire: «Se ognuno di noi fa qualcosa, allora possiamo fare molto». Sia questo l’invito per ciascuno a saper superare le tante paure e resistenze personali e a collaborare insieme per edificare una società giusta e fraterna.

Sappiamo bene quanto don Pino si sia battuto perché nessuno si sentisse solo di fronte alla sfida del degrado e ai poteri occulti della criminalità; riconosciamo pure come l’isolamento, l’individualismo chiuso e omertoso siano armi potenti di chi vuole piegare gli altri ai propri interessi. La risposta è la comunione, il camminare insieme, il sentirsi corpo, membra unite al Capo (cf. 1Cor 12,12), al pastore e guida delle nostre anime (cf. 1Pt 2,25). Vivete concordemente in Cristo, prima di tutto all’interno del presbiterio, assieme al vescovo e tra voi, e «gareggiate nello stimarvi a vicenda» (cf. Rm 12,10).

Osare senza timore

Voi che quotidianamente sostenete le responsabilità del ministero sacerdotale a contatto con le realtà che abitano codesto territorio, siate sempre e ovunque immagine vera del buon Pastore accogliente, abbiate il coraggio di osare senza timore e infondete speranza a quanti incontrate, specialmente i più deboli, gli ammalati, i sofferenti, i migranti, coloro che sono caduti e vogliono essere aiutati a rialzarsi. I giovani poi siano al centro delle vostre premure: sono la speranza del futuro.

Il sorriso disarmante di p. Pino Puglisi vi sproni a essere discepoli lieti e audaci, disponibili anzitutto a quella costante conversione interiore che rende più pronti nel servire i fratelli, fedeli alle promesse sacerdotali e docili nell’obbedienza alla Chiesa.

Mentre affido tutti alla protezione della vergine Maria e del beato martire Pino Puglisi, invio la mia benedizione, chiedendovi, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me.

Fraternamente,

Francesco

 

Roma, da San Giovanni in Laterano, 31 luglio 2023, memoria liturgica di Sant’Ignazio di Loyola.

 

Tipo Documento
Tema Francesco Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area EUROPA
Nazioni

Leggi anche

Documenti, 2025-5

Le deportazioni ledono la dignità umana

Lettera ai vescovi degli Stati Uniti d’America

Francesco

«Ho seguito da vicino la grave crisi che si sta verificando negli Stati Uniti con l’avvio di un programma di deportazioni di massa. Una coscienza rettamente formata non può esimersi dal formulare un giudizio critico e dall’esprimere il proprio disaccordo nei confronti di qualsiasi misura che implicitamente o esplicitamente identifichi lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità. Allo stesso tempo si deve riconoscere il diritto di una nazione a difendersi e a mantenere le comunità al sicuro da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi mentre erano nel paese o prima del loro arrivo».

Il 10 febbraio papa Francesco ha scritto una lettera alla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, pubblicata poi il giorno successivo. Il tema riguarda le «deportazioni di massa» che la nuova amministrazione Trump ha già attivato, mobilitando l’esercito (cf. anche Regno-att. 4,2025,70 e 106). La lettera invita i vescovi a resistere al provvedimento. Si tratta di fatto di una rottura tra Roma e Washington che non ha precedenti. Il papa esorta «tutti i fedeli della Chiesa cattolica, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a non cedere a narrazioni che discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati».

Il giorno stesso i vescovi degli Stati Uniti hanno risposto al papa per bocca del presidente della Conferenza dei vescovi cattolici, l’ordinario militare mons. Timothy Broglio (cf. riquadro a p. 130).

Documenti, 2025-5

Il papa: una ricorrenza dolorosa e vergognosa

Francesco

conclusione della messa in occasione del Giubileo dei diaconi, il 23 febbraio, mentre già era ricoverato al Policlinico Gemelli per un’infezione polmonare, papa Francesco nel testo preparato per la preghiera dell’Angelus ha ricordato il terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa il 24 febbraio 2022 (www.vatican.va).

Documenti, 2025-3

Bene-dire e non male-dire

Discorso alla curia romana in occasione degli auguri natalizi

Francesco

«Mi piace pensare alla curia romana come una grande officina in cui ci sono tante mansioni diverse, ma tutti lavorano per lo stesso scopo: bene-dire, diffondere nel mondo la benedizione di Dio e della madre Chiesa». Il 21 dicembre papa Francesco ha incontrato i membri della curia romana per il consueto scambio di auguri natalizi, e in quell’occasione ha rivolto loro un’allocuzione intitolata «Bene-dite e non male-dite», in cui sviluppa in chiave spirituale un tema già affrontato più volte, cioè il ruolo della curia romana al servizio della Chiesa universale e delle Chiese locali.

«In particolare, penso al lavoro nascosto del “minutante”…, che nella sua stanza prepara una lettera, perché a una persona malata, a una mamma, a un papà, a un carcerato, a un anziano, a un bambino giunga la preghiera e la benedizione del papa. Grazie di questo, perché io firmo queste lettere. E questo che cos’è? Non è essere artigiani di benedizione? I minutanti sono artigiani di benedizione… È bello pensare che con il lavoro quotidiano, specialmente quello più nascosto, ognuno di noi può contribuire a portare nel mondo la benedizione di Dio. Ma in questo dobbiamo essere coerenti: non possiamo scrivere benedizioni e poi parlare male del fratello o della sorella, rovina la benedizione».