L’identità della scuola cattolica
La scuola cattolica, a tutti gli effetti inserita nelle dinamiche della comunità ecclesiale, è spesso oggetto di opinioni contraddittorie sul proprio profilo educativo e sulla propria identità. In risposta a ciò il 30 marzo 2022 la Congregazione per l’educazione cattolica ha emanato un’istruzione intitolata L’identità della scuola cattolica per una cultura del dialogo. Il testo, firmato dal card. Giuseppe Versaldi, si articola in tre parti, dedicate rispettivamente alla missione di evangelizzazione della Chiesa, alla responsabilità di tutte le figure coinvolte nel processo educativo, e infine ai punti critici, calati nel contesto del mondo odierno, globalizzato e multiculturale.
Il problema è tenere insieme identità cattolica e prospettiva interreligiosa. Gli istituti cattolici – si spiega – non dovrebbero essere realtà isolate ma, in accordo con la missione della Chiesa, centri multireligiosi e multiculturali, fondati sul dialogo e sullo scambio. Una dichiarazione di missione o un codice di condotta devono garantire la qualità istituzionale delle scuole cattoliche, pena la sanzione o la dimissione per chi non ne rispetta i valori professati. Questi principi, formulati dalla Congregazione, si collocano nell’orizzonte del «Patto educativo globale» proposto da Francesco, al fine di avviare una cooperazione religiosa, politica e civile nella creazione di un’educazione sana e sostenibile.
Stampa (29.3.2022) da sito web www.vatican.va.
Introduzione
1. Nel Congresso mondiale su «Educare oggi e domani. Una passione che si rinnova», organizzato nel 2015 dalla Congregazione per l’educazione cattolica a Castel Gandolfo, a cui hanno partecipato i rappresentanti delle scuole cattoliche di ogni ordine e provenienza, uno dei punti più sottolineati e considerati attuali nel dibattito generale è stato quello della necessità di una più chiara consapevolezza e consistenza dell’identità cattolica delle istituzioni educative della Chiesa in tutto il mondo. La stessa preoccupazione è stata richiamata nelle ultime assemblee generali della medesima Congregazione nonché negli incontri con i vescovi nelle visite ad limina. Allo stesso tempo fanno riferimento alla Congregazione per l’educazione cattolica casi di conflitti e ricorsi causati dalle diverse interpretazioni del tradizionale concetto di identità cattolica delle istituzioni scolastiche di fronte ai rapidi mutamenti di questi anni, in cui si è sviluppato il processo di globalizzazione con la crescita del dialogo interreligioso e interculturale.
2. È parso, dunque, opportuno offrire una riflessione e linee guida più approfondite e aggiornate circa il valore della identità cattolica delle istituzioni scolastiche nella Chiesa, così da fornire alcuni criteri adeguati alle sfide dei nostri tempi, in continuità con i criteri sempre validi. Peraltro, come ha affermato papa Francesco: «Noi non possiamo fare una cultura del dialogo se non abbiamo identità».
3. La presente Istruzione, frutto di riflessione e consultazione ai diversi livelli istituzionali, vuole essere un contributo che la Congregazione per l’educazione cattolica offre a tutti coloro che operano nel campo educativo scolastico, a cominciare dalle Conferenze episcopali, il Sinodo dei vescovi o il Consiglio dei gerarchi fino agli Ordinari, ai Superiori degli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica nonché ai Movimenti, alle Associazioni di fedeli, ad altri organismi e singole persone che hanno la sollecitudine pastorale dell’educazione.
4. Trattandosi di criteri generali, destinati a tutta la Chiesa a salvaguardia dell’unità e comunione ecclesiale, essi dovranno essere ancora maggiormente attualizzati nei diversi contesti delle Chiese locali sparse nel mondo secondo il principio di sussidiarietà e di cammino sinodale a seconda delle diverse competenze istituzionali.
5. La Congregazione per l’educazione cattolica auspica che questo contributo possa essere accolto come occasione di riflessione e di approfondimento circa questo importante tema che riguarda l’essenza stessa e la ragione d’essere della storica presenza della Chiesa in campo educativo e scolastico in obbedienza alla sua missione di annunciare il Vangelo ammaestrando tutte le genti (cf. Mt 28,19-20).
6. Nella prima parte dell’Istruzione si inquadra il discorso della presenza della Chiesa nel mondo scolastico nel contesto generale della sua missione evangelizzatrice: Chiesa come madre e maestra nel suo sviluppo storico con le diverse sottolineature che ne hanno impreziosito l’opera nel tempo e nello spazio fino ai nostri giorni. Il secondo capitolo tratta dei vari soggetti che operano nel mondo scolastico con diversi ruoli assegnati e organizzati secondo le norme canoniche in una Chiesa ricca
di molteplici carismi di cui le fa dono lo Spirito Santo, ma anche in corrispondenza con la sua natura gerarchica. Il capitolo finale è dedicato ad alcuni punti di criticità che possono nascere nell’integrare tutti i diversi aspetti dell’educazione scolastica nel concreto della vita della Chiesa come risulta dall’esperienza di questa Congregazione nel trattare i problemi che le giungono dalle Chiese particolari.
7. Come si vede, non si tratta di un trattato generale e tanto meno completo sul tema dell’identità cattolica, quanto piuttosto di uno strumento volutamente sintetico e pratico che possa servire a chiarire alcuni punti attuali e soprattutto a prevenire conflitti e divisioni nel settore essenziale dell’educazione. Infatti, come ha osservato papa Francesco nel rilanciare l’evento di un Patto educativo globale: «Educare è scommettere e dare al presente la speranza che rompe i determinismi e i fatalismi con cui l’egoismo del forte, il conformismo del debole e l’ideologia dell’utopista vogliono imporsi tante volte come unica strada possibile». Solo un’azione forte e unitaria della Chiesa nel campo educativo in un mondo sempre più frammentato e conflittuale può contribuire sia alla missione evangelizzatrice affidatale da Gesù sia alla costruzione di un mondo in cui gli uomini si sentano fratelli, perché: «Siamo convinti che soltanto con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace fra noi».
I. Le scuole cattoliche
nella missione della Chiesa
La Chiesa madre e maestra
8. Il concilio ecumenico Vaticano II ha recuperato dai Padri, tra le altre, l’immagine materna della Chiesa, come icona espressiva della sua natura e della sua missione. La Chiesa è madre generatrice dei credenti, perché sposa di Cristo. Quasi tutti i documenti conciliari attingono alla maternità della Chiesa per disvelare il suo mistero e la sua azione pastorale, nonché per estendere il suo amore a un abbraccio ecumenico dei «figli da lei separati» e ai credenti di altre religioni, fino a raggiungere tutti gli uomini di buona volontà. Papa Giovanni XXIII ha aperto il Concilio liberando l’incontenibile gioia della Chiesa di essere madre universale: «Gaudet mater Ecclesia».
9. L’icona della Chiesa madre non è solo espressione di tenerezza e di carità, ma custodisce anche la forza di essere guida e maestra. Il medesimo papa ha accostato la denominazione di madre a quella di maestra, perché: «A questa Chiesa, colonna e fondamento di verità, (cf. 1Tm 3,15) il suo santissimo fondatore ha affidato un duplice compito: di generare figli, di educarli e reggerli, guidando con materna provvidenza la vita dei singoli come dei popoli, la cui grande dignità essa sempre ebbe nel massimo rispetto e tutelò con sollecitudine».
10. Pertanto, il Concilio ha affermato che: «La santa madre Chiesa, nell’adempimento del mandato ricevuto dal suo divin fondatore, che è quello di annunziare il mistero della salvezza a tutti gli uomini e di edificare tutto in Cristo, ha il dovere di occuparsi dell’intera vita dell’uomo, anche di quella terrena, in quanto connessa con la vocazione soprannaturale; essa perciò ha un suo compito specifico in ordine al progresso e allo sviluppo dell’educazione. Per questo il sacro Sinodo dichiara alcuni principi fondamentali intorno all’educazione cristiana, soprattutto nelle scuole». In tal modo risulta evidente che l’azione educativa perseguita attraverso le scuole non è un’opera filantropica della Chiesa per sostenere una necessità sociale, ma è parte essenziale della sua identità e missione.
I «principi fondamentali»
dell’educazione cristiana nelle scuole
11. Il Concilio nella dichiarazione Gravissimum educationis ha offerto alcuni «principi fondamentali» intorno all’educazione cristiana soprattutto nelle scuole. Anzitutto l’educazione, quale formazione della persona umana, è un diritto universale: «Tutti gli uomini di qualunque razza, condizione ed età, in forza della loro dignità di persona hanno il diritto inalienabile a una educazione, che risponda alla loro vocazione propria e sia conforme al loro temperamento, alla differenza di sesso, alla cultura e alle tradizioni del loro paese, e insieme aperta a una fraterna convivenza con gli altri popoli, al fine di garantire la vera unità e la vera pace sulla terra. La vera educazione deve promuovere la formazione della persona umana sia in vista del suo fine ultimo, sia per il bene dei vari gruppi di cui l’uomo è membro e in cui, divenuto adulto, avrà mansioni da svolgere».
12. Essendo l’educazione un diritto di tutti, il Concilio ha fatto appello alla responsabilità di tutti. Al primo posto si colloca la responsabilità dei genitori e il loro diritto prioritario nelle scelte educative. La scelta scolastica deve essere fatta in piena libertà e secondo coscienza; da qui il dovere delle autorità civili di rendere possibili differenti opzioni nell’ambito della legge. Lo stato ha la responsabilità di sostenere le famiglie nel loro diritto di scegliere la scuola e il progetto educativo.
13. Da parte sua la Chiesa ha il dovere di educare: «Soprattutto perché essa ha il compito di annunciare a tutti gli uomini la via della salvezza e di comunicare ai credenti la vita di Cristo, aiutandoli con sollecitudine incessante a raggiungere la pienezza di questa vita. A questi suoi figli, dunque, la Chiesa come madre deve dare un’educazione tale, che tutta la loro vita sia penetrata dello spirito di Cristo». In tal senso l’educazione che la Chiesa persegue è l’evangelizzazione e la cura della crescita di chi già cammina verso la pienezza della vita di Cristo. Tuttavia, la proposta educativa della Chiesa non è rivolta solo ai suoi figli, ma anche «a tutti i popoli per promuovere la perfezione integrale della persona umana, come anche per il bene della società terrena e per la edificazione di un mondo più umano». Evangelizzazione e promozione umana integrale si intrecciano nell’opera educativa della Chiesa. Infatti essa «non mira solo ad assicurare quella maturità propria dell’umana persona ma tende soprattutto a far sì che i battezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza, prendano sempre maggiore coscienza del dono della fede».
14. Un altro elemento fondamentale è la formazione iniziale e permanente degli insegnanti. Da loro dipende essenzialmente che «la scuola cattolica sia in grado di realizzare i suoi scopi e le sue iniziative. Essi dunque devono prepararsi scrupolosamente, per essere forniti della scienza sia profana che religiosa, attestata dai relativi titoli di studio e ampiamente esperti nell’arte pedagogica, aggiornata con le scoperte del progresso contemporaneo. Stretti tra loro e con gli alunni dal vincolo della carità e ricchi di spirito apostolico, essi devono dare testimonianza sia con la vita sia con la dottrina all’unico maestro che è Cristo». Il loro «ministero è autentico apostolato […] ed è insieme reale servizio reso alla società».
15. Il successo del percorso pedagogico si basa principalmente su un principio di mutua collaborazione – in primo luogo tra genitori e docenti – al fine di essere un punto di riferimento per l’azione personale dei loro alunni con la viva speranza che: «Continuino, una volta che questi abbiano terminato i loro studi, ad assisterli con il loro consiglio e con la loro amicizia, anche fondando associazioni di ex alunni, in cui aleggi il vero spirito ecclesiale». Da queste premesse è auspicabile una sana cooperazione – a livello diocesano, nazionale e internazionale – per favorire tra le scuole cattoliche e le scuole non cattoliche quella collaborazione richiesta dal bene della comunità umana universale.
16. Per quanto riguarda le scuole cattoliche, la dichiarazione conciliare segna una svolta importante, in quanto nella linea dell’ecclesiologia della Lumen gentium, concepisce la scuola non tanto come istituzione quanto come «comunità». L’elemento caratteristico della scuola cattolica, oltre che perseguire «le finalità culturali della scuola e la formazione umana dei giovani», è quello di «dar vita a un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e carità». A tale fine la scuola cattolica mira ad «aiutare gli adolescenti perché nello sviluppo della propria personalità crescano insieme secondo quella nuova creatura, che in essi ha realizzato il battesimo», nonché a «coordinare l’insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, sicché la conoscenza del mondo, della vita, dell’uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede». In questo modo la scuola cattolica prepara gli alunni a esercitare responsabilmente la libertà, formando ad un atteggiamento di apertura e di solidarietà.
Ulteriori sviluppi
17. La dichiarazione conciliare Gravissimum educationis si è proposta di esporre solo «alcuni principi fondamentali intorno all’educazione cristiana soprattutto nelle scuole», affidando poi a «una speciale commissione post-conciliare» il compito di svilupparli ulteriormente. Questo è uno degli impegni dell’ufficio scuole della Congregazione per l’educazione cattolica, che ha dedicato alcuni documenti all’approfondimento di aspetti importanti dell’educazione, in particolare, il profilo permanente dell’identità cattolica in un mondo che cambia; la responsabilità della testimonianza dei docenti e dirigenti laici e consacrati; l’approccio dialogico verso un mondo multiculturale e multireligoso. Inoltre, per la scuola cattolica non è trascurabile il fatto che gli studenti «devono anche ricevere, man mano che cresce la loro età, una positiva e prudente educazione sessuale».
Il profilo dinamico dell’identità della scuola cattolica
18. La scuola cattolica vive nello scorrere della storia umana. Perciò è chiamata continuamente a seguire il suo fluire per offrire un servizio formativo adeguato al suo presente. La testimonianza delle istituzioni educative cattoliche dà prova di una grande capacità di risposta alla diversità delle situazioni socio-culturali e all’assunzione di nuovi mezzi didattici, mantenendosi fedele alla propria identità (idem esse). Per identità si intende il suo riferirsi alla concezione cristiana della vita. La dichiarazione conciliare Gravissimum educationis e i documenti di approfondimento che ne sono seguiti hanno tracciato il profilo dinamico delle istituzioni educative nei due termini «scuola» e «cattolica».
19. In quanto scuola essa possiede sostanzialmente le caratteristiche degli istituti scolastici di ogni luogo, i quali attraverso l’attività didattica organizzata e sistematizzata, offrono una cultura finalizzata all’educazione integrale delle persone. Infatti, la scuola come tale, «mentre con cura costante matura le facoltà intellettuali, sviluppa la capacità di giudizio, mette a contatto del patrimonio culturale acquistato dalle passate generazioni, promuove il senso dei valori, prepara alla vita professionale, genera anche un rapporto di amicizia tra alunni di carattere e condizione sociale diversa, disponendo e favorendo la comprensione reciproca». Dunque, per definirsi scuola un’istituzione deve saper integrare la trasmissione del patrimonio culturale e scientifico già acquisito con la primaria finalità educativa delle persone che devono essere accompagnate allo sviluppo integrale nel rispetto della loro libertà e vocazione singolare. Nella scuola deve avvenire il primo approccio sociale, dopo quello familiare, con cui l’individuo fa esperienza positiva di rapporti sociali e fraterni come condizione per diventare persone capaci di costruire una società fondata sulla giustizia e solidarietà, che sono premesse per una vita pacifica tra le persone e i popoli. Ciò è possibile attraverso la ricerca della verità accessibile a tutti gli esseri umani dotati di razionalità e libertà di coscienza come strumenti che servono sia nello studio sia nelle relazioni interpersonali.
20. In quanto cattolica la scuola, oltre ad avere le suddette caratteristiche che la differenziano da altre istituzioni ecclesiali, quali la parrocchia, le associazioni, gli istituti religiosi, ecc., possiede una qualifica che ne determina la sua specifica identità: si tratta del «suo riferirsi alla vera concezione cristiana della realtà. Di tale concezione Gesù Cristo è il centro». La relazione personale con Cristo permette al credente di proiettare uno sguardo radicalmente nuovo su tutta la realtà, assicurando una sempre rinnovata identità alla Chiesa, per favorire nelle comunità scolastiche delle risposte adeguate alle domande fondamentali di ogni donna e uomo. Perciò, per tutti i membri della comunità scolastica «i principi evangelici diventano in essa norme educative, motivazioni interiori e insieme mete finali». In altre parole, si può dire che nella scuola cattolica, oltre agli strumenti comuni alle altre scuole, la ragione entra in dialogo con la fede che permette di accedere anche alle verità che trascendono i soli dati delle scienze empiriche e razionali per aprirsi alla verità tutta intera al fine di dare risposta ai più profondi interrogativi dell’animo umano che non riguardano soltanto la realtà immanente. Questo dialogo tra ragione e fede non costituisce una contraddizione, perché compito delle istituzioni cattoliche nella ricerca scientifica è quello di «unificare esistenzialmente nel lavoro intellettuale due ordini di realtà che troppo spesso si tende a opporre come se fossero antitetiche: la ricerca della verità e la certezza di conoscere già la fonte della verità».
21. L’identità cattolica delle scuole giustifica il loro inserimento nella vita della Chiesa, pur nella loro specificità istituzionale. Anzi, l’appartenenza delle scuole cattoliche alla missione ecclesiale «è qualità propria e specifica, carattere distintivo che penetra e plasma ogni momento della sua azione educativa, parte fondante della sua stessa identità e punto focale della sua missione». Di conseguenza la scuola cattolica «si colloca all’interno di una pastorale organica della comunità cristiana».
22. Un distintivo della sua natura ecclesiale è quello di essere scuola per tutti, in particolare per i più deboli. Ne è testimonianza la storia che ha visto nascere «la maggior parte delle istituzioni educative scolastiche cattoliche come risposta alle esigenze delle categorie meno favorite sotto il profilo sociale ed economico. Non è una novità affermare che le scuole cattoliche sono state originate da una profonda carità educativa verso giovani e ragazzi abbandonati a se stessi e privi di qualsiasi forma di educazione. In molte aree del mondo ancora oggi è la povertà materiale a impedire a molti giovani e ragazzi di accedere all’istruzione e a un’adeguata formazione umana e cristiana. In altre sono nuove povertà a interpellare la scuola cattolica, che, come nel passato, può trovarsi a vivere situazioni di incomprensione, di diffidenza e di mancanza di mezzi». Questa sollecitudine si è espressa anche attraverso la fondazione di scuole professionali, le quali sono state un baluardo per la formazione tecnica declinata secondo i parametri dell’intelligenza manuale, nonché tramite l’offerta formativa delle istituzioni educative calibrate sulle qualità di chi è diversamente abile.
La testimonianza degli educatori laici e consacrati
23. Un altro aspetto importante, sempre più rilevante per il raggiungimento della formazione integrale degli studenti, è la testimonianza degli educatori laici e consacrati. Infatti, «nel progetto educativo della scuola cattolica non si dà separazione tra momenti di apprendimento e momenti di educazione, tra momenti della nozione e momenti della sapienza. Le singole discipline non presentano solo conoscenze da acquisire, ma valori da assimilare e verità da scoprire. Tutto ciò esige un ambiente caratterizzato dalla ricerca della verità, nel quale gli educatori, competenti, convinti e coerenti, maestri di sapere e di vita, siano icone, imperfette certo, ma non sbiadite dell’unico maestro».
24. L’educatore laico cattolico nelle scuole e in particolare in quelle cattoliche «esercita un lavoro che ha innegabilmente un aspetto professionale, ma che non può ridursi a esso. La professionalità è inclusa e assunta nella sua soprannaturale vocazione cristiana. Deve, quindi, viverla effettivamente come una vocazione personale nella Chiesa e non solo come l’esercizio di una professione».
25. Per le persone consacrate «l’impegno educativo, sia in scuole cattoliche come in altri tipi di scuole, è […] vocazione e scelta di vita, un cammino di santità, un’esigenza di giustizia e di solidarietà specialmente verso le giovani e i giovani più poveri, minacciati da varie forme di devianza e di rischio. Dedicandosi alla missione educativa nella scuola, le persone consacrate contribuiscono a far giungere a chi ne ha più bisogno il pane della cultura». Esse, «in comunione con i pastori, svolgono una missione ecclesiale di importanza vitale, in quanto educando collaborano a evangelizzare».
26. Le specificità, poi, dei fedeli laici e delle persone consacrate si accrescono nella condivisione della comune missione educativa che non si chiude all’interno della scuola cattolica, ma «può e deve aprirsi ad uno scambio arricchente nella più ampia comunione con la parrocchia, la diocesi, i movimenti ecclesiali e la Chiesa universale». Per educare insieme è necessario anche un cammino di formazione comune, «iniziale e permanente, capace di cogliere le sfide educative del momento presente e di fornire strumenti più efficaci per poterle affrontare […].Ciò implica negli educatori una disponibilità all’apprendimento e allo sviluppo delle conoscenze, al rinnovamento e all’aggiornamento delle metodologie, ma anche alla formazione spirituale, religiosa e alla condivisione».
Educare al dialogo
27. Le società odierne sono caratterizzate da una composizione multiculturale e multireligiosa. In questo contesto «l’educazione si trova ad essere impegnata in una sfida centrale per il futuro: rendere possibile la convivenza fra la diversità delle espressioni culturali e promuovere un dialogo che favorisca una società pacifica». La storia delle scuole cattoliche è caratterizzata dall’accoglienza di alunni provenienti da ambienti culturali e appartenenze religiose diversi. In questo ambito «è richiesta una fedeltà al proprio progetto educativo coraggiosa e innovativa», che si esprime con la capacità di testimonianza, di conoscenza e di dialogo con le diversità.
28. Una grande responsabilità della scuola cattolica è la testimonianza. «La presenza cristiana nella realtà multiforme delle diverse culture deve essere mostrata e dimostrata, cioè deve rendersi visibile, incontrabile e consapevole. Oggi, a causa dell’avanzato processo di secolarizzazione, la scuola cattolica si trova in una situazione missionaria, anche in paesi di antica tradizione cristiana». Essa è chiamata a un impegno di testimonianza attraverso un progetto educativo chiaramente ispirato al Vangelo. «La scuola, compresa quella cattolica, non chiede l’adesione alla fede, può, però, prepararla. Attraverso il progetto educativo è possibile creare le condizioni affinché la persona sviluppi l’attitudine alla ricerca e sia orientata a scoprire il mistero del proprio essere e della realtà che la circonda, fino a giungere alla soglia della fede. A quanti poi decidono di varcarla, vengono offerti i mezzi necessari per continuare ad approfondire l’esperienza della fede».
29. Oltre alla testimonianza, un altro elemento educativo della scuola è la conoscenza. Essa ha gli importanti obiettivi di mettere in contatto con il ricco patrimonio culturale e scientifico, di preparare alla vita professionale e di favorire la comprensione reciproca. Di fronte, poi, alle continue trasformazioni tecnologiche e alla pervasività della cultura digitale, la competenza professionale ha bisogno di possedere sempre nuove abilità durante tutto l’arco della vita per rispondere alle esigenze dei tempi pur «senza perdere quella sintesi tra fede, cultura e vita, che costituisce la peculiare chiave di volta della missione educativa». La conoscenza va sostenuta per mezzo di una solida formazione permanente che permetta ai docenti e ai dirigenti di caratterizzarsi per una spiccata «capacità di creare, di inventare e di gestire ambienti di apprendimento ricchi di opportunità», nonché «di rispettare le diversità delle “intelligenze” degli studenti e di guidarli a un apprendimento significativo e profondo». Non è secondario, infatti, l’accompagnamento degli alunni nella conoscenza di se stessi, delle proprie attitudini e delle risorse interiori affinché possano vivere consapevoli delle scelte di vita.
30. La scuola cattolica è soggetto ecclesiale. Come tale «condivide la missione evangelizzatrice della Chiesa ed è luogo privilegiato in cui si realizza l’educazione cristiana». Inoltre, la Chiesa ha come dimensione costitutiva il dialogo in quanto essa trova il suo sviluppo proprio nella dinamica dialogica trinitaria, in quella tra Dio e l’uomo e in quella tra gli uomini. Per la sua natura ecclesiale, la scuola cattolica condivide questo elemento come costitutivo della propria identità. Essa, pertanto, «deve praticare la “grammatica del dialogo”, non come espediente tecnicistico, ma come modalità profonda di relazione». Il dialogo coniuga l’attenzione alla propria identità con la comprensione degli altri e il rispetto delle diversità. In questo modo la scuola cattolica diventa «comunità educante nella quale la persona esprime se stessa e cresce umanamente in un processo di relazione dialogica, interagendo in modo costruttivo, esercitando la tolleranza, comprendendo i diversi punti di vista, creando fiducia in un ambiente di autentica concordia. Si instaura, così, la vera “comunità educativa”, spazio di convivialità delle differenze». Papa Francesco ha consegnato tre orientamenti fondamentali per aiutare il dialogo, «il dovere dell’identità, il coraggio dell’alterità e la sincerità delle intenzioni. Il dovere dell’identità, perché non si può imbastire un dialogo vero sull’ambiguità o sul sacrificare il bene per compiacere l’altro; il coraggio dell’alterità, perché chi è differente da me, culturalmente o religiosamente, non va visto e trattato come un nemico, ma accolto come un compagno di strada, nella genuina convinzione che il bene di ciascuno risiede nel bene di tutti; la sincerità delle intenzioni, perché il dialogo, in quanto espressione autentica dell’umano, non è una strategia per realizzare secondi fini, ma una via di verità, che merita di essere pazientemente intrapresa per trasformare la competizione in collaborazione».
Un’educazione in uscita
31. Papa Francesco, dando risonanza al concilio Vaticano II, di fronte alle sfide contemporanee riconosce il valore centrale dell’educazione. Essa si colloca all’interno dell’ampio progetto pastorale per una «Chiesa in uscita» che «accompagna l’umanità in tutti i suoi processi», rendendosi presente in un’educazione «che insegni a pensare criticamente e che offra un percorso di maturazione nei valori». Con passione educativa il papa richiama all’attenzione alcuni elementi di fondo.
L’educazione è «movimento»
32. L’educazione è una polifonia di movimenti. Anzitutto, essa parte da un movimento di squadra. Ognuno collabora secondo il talento personale e si assume le proprie responsabilità, contribuendo alla formazione delle giovani generazioni e alla costruzione del bene comune. Allo stesso tempo, l’educazione sprigiona un movimento ecologico, in quanto contribuisce al recupero dei diversi livelli di equilibrio: quello interiore con se stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio. Inoltre, essa suscita un importante movimento inclusivo. L’inclusione, che «è parte integrante del messaggio salvifico cristiano», non è solo una proprietà, ma anche un metodo stesso dell’educazione che avvicina gli esclusi e i vulnerabili. Grazie a esso l’educazione alimenta un movimento pacificatore, che genera armonia e pace.
Un patto educativo globale
33. Questi movimenti convergono nel contrastare una diffusa emergenza educativa. Essa ha origine principalmente dalla rottura del «patto educativo» tra istituzioni, famiglie e persone. Queste tensioni rispecchiano altresì una crisi dei rapporti e della comunicazione tra le generazioni e una frammentazione sociale resa ancora più evidente dal primato dell’indifferenza. In tale contesto di cambiamento epocale, papa Francesco propone un patto educativo globale che sappia trovare le risposte convincenti all’attuale «metamorfosi non solo culturale ma anche antropologica che genera nuovi linguaggi e scarta, senza discernimento, i paradigmi consegnati dalla storia».
34. Il percorso del patto educativo globale tende a favorire relazioni interpersonali, reali, vive e solidali. In questo modo si avvia un progetto di lunga durata volto a formare persone che siano disponibili a mettersi al servizio educativo della propria comunità. Una pedagogia concreta – basata sulla testimonianza, sulla conoscenza e sul dialogo – è un punto di partenza per un cambiamento personale, sociale e ambientale. Per tale ragione è necessario un «patto educativo ampio e in grado di trasmettere non solo la conoscenza di contenuti tecnici, ma anche e soprattutto una sapienza umana e spirituale, fatta di giustizia» e comportamenti virtuosi «in grado di realizzarsi in concreto».
35. La concretezza di un’alleanza educativa globale si manifesta anche attraverso l’armonia della compartecipazione. Essa ha origine da un profondo senso di coinvolgimento inteso come una «piattaforma che permetta a tutti d’impegnarsi attivamente in questa opera educativa, ognuno dalla propria specificità e responsabilità». Questo invito assume un grande valore per le famiglie religiose con carisma educativo che nel corso delle epoche hanno dato vita a tante istituzioni scolastiche e formative. La difficile situazione vocazionale può essere vissuta come una opportunità per lavorare insieme, condividendo esperienze e aprendosi a un mutuo riconoscimento. In questo modo non si perde di vista l’obiettivo comune e non si disperdono le energie positive per «adattarsi ai bisogni e alle sfide di ogni tempo e ogni luogo».
Educare alla cultura della cura
36. Questa capacità di adattamento trova la sua ragion d’essere nella cultura della cura. Essa nasce in «famiglia, nucleo naturale e fondamentale della società, dove s’impara a vivere in relazione e nel rispetto reciproco». La relazione familiare si estende alle istituzioni educative, le quali sono chiamate «a veicolare un sistema di valori fondato sul riconoscimento della dignità di ogni persona, di ogni comunità linguistica, etnica e religiosa, di ogni popolo e dei diritti fondamentali che ne derivano. L’educazione costituisce uno dei pilastri di società più giuste e solidali». La cultura della cura diventa la bussola a livello locale e internazionale per formare persone dedite all’ascolto paziente, al dialogo costruttivo e alla mutua comprensione. In questo modo si crea un «tessuto di relazioni in favore di un’umanità capace di parlare la lingua della fraternità».
II. I soggetti responsabili
per la promozione e la verifica
dell’identità cattolica
37. «La missione educativa si attua nella collaborazione tra più soggetti – alunne/i, genitori, insegnanti, personale non docente ed ente gestore – che costituiscono la comunità educativa». Questi e altri soggetti responsabili, che col loro lavoro promuovono e verificano i progetti educativi, ispirati dalla dottrina della Chiesa sull’istruzione, agiscono rispettivamente a vari livelli: a livello della scuola stessa, a livello di iniziative carismatiche nel popolo di Dio, a livello della gerarchia della Chiesa.
La comunità scolastica educante
I membri della comunità scolastica
38. L’intera comunità scolastica è responsabile per l’attuazione del progetto educativo cattolico della scuola, quale espressione della sua ecclesialità e del suo inserimento nella comunità della Chiesa. «È proprio nel riferimento esplicito e condiviso da tutti i membri della comunità scolastica – sia pure in grado diverso – alla visione cristiana, che la scuola è “cattolica”, poiché i principi evangelici diventano in essa norme educative, motivazioni interiori e insieme mete finali».
39. Tutti hanno l’obbligo di riconoscere, rispettare e testimoniare l’identità cattolica della scuola, esposta ufficialmente nel progetto formativo. Questo vale per il corpo docente, il personale tecnico-amministrativo e per gli alunni con le loro famiglie. Al momento dell’iscrizione sia i genitori che lo studente dovranno essere portati a conoscenza del progetto formativo caratterizzante la scuola cattolica.
40. La comunità educante è responsabile di assicurare il rispetto della vita, della dignità e della libertà degli alunni e degli altri membri della scuola, mettendo in atto tutte le necessarie procedure di promozione e tutela dei minori e dei più vulnerabili. Infatti, fa parte integrante dell’identità della scuola cattolica lo sviluppo di principi e valori per la protezione degli alunni e degli altri membri con la coerente sanzione di trasgressioni e di delitti, applicando rigorosamente le norme del diritto canonico nonché del diritto civile.
Alunni e genitori
41. Gli alunni sono soggetti attivi nel processo educativo. Essi, con la progressiva crescita dell’età, diventano sempre più protagonisti della propria educazione. Pertanto, non solo devono essere responsabilizzati a seguire il programma educativo esposto con competenza scientifica, ma devono anche essere guidati a guardare oltre l’orizzonte limitato delle realtà umane. Infatti, ogni scuola cattolica aiuta «gli alunni a realizzare la sintesi tra fede e cultura».
42. I primi soggetti responsabili dell’educazione sono i genitori, ai quali spetta il diritto-obbligo naturale di educare la prole: vanno pertanto considerati come i principali educatori dei figli. Essi hanno il diritto di scegliere i mezzi e le istituzioni, attraverso cui poter provvedere all’educazione cattolica dei figli (cf. can. 793 §1 CIC e can. 627 § 2 CCEO). Ai genitori cattolici spetta anche il dovere di provvedere all’educazione cattolica dei loro figli.
43. A tale riguardo, le scuole sono di precipuo aiuto ai genitori nell’adempiere la loro funzione educativa (cf. can. 796 §1 CIC e can. 631 § 1 CCEO). Sebbene i genitori siano liberi nella scelta di affidare l’educazione dei loro figli a qualsiasi scuola (cf. can. 797 CIC e can. 627 § 3 CCEO), la Chiesa raccomanda a tutti i fedeli di favorire le scuole cattoliche e anche di cooperare con le proprie possibilità per fondarle e per sostenerle (cf. can. 800 §2 CIC e can. 631 § 1 CCEO).
44. È necessario che i genitori cooperino strettamente con gli insegnanti, coinvolgendosi nei processi decisionali riguardanti la comunità scolastica e i loro figli, partecipando alle riunioni o associazioni della scuola (cf. can. 796 §2 CIC e can. 631 § 1 CCEO). In questo modo, i genitori non solo svolgono la loro vocazione educativa naturale, ma contribuiscono anche con la loro fede personale al progetto educativo, soprattutto se si tratta di una scuola cattolica.
Gli insegnanti e il personale amministrativo
45. Tra tutti i membri della comunità scolastica si distinguono gli insegnanti che hanno una responsabilità peculiare per l’educazione. Essi, con la loro capacità e arte didattico-pedagogica nonché con la testimonianza di vita, sono coloro che garantiscono alla scuola cattolica la realizzazione del suo progetto formativo. In una scuola cattolica, infatti, il servizio dell’insegnante è munus e ufficio ecclesiale (cf. can. 145 CIC e can. 936 §§ 1 e 2 CCEO).
46. È necessario, perciò, che la scuola stessa, seguendo la dottrina della Chiesa, interpreti e stabilisca i parametri necessari per l’assunzione degli insegnanti. Questo criterio riguarda tutte le assunzioni, comprese quelle del personale amministrativo. L’autorità competente, quindi, è tenuta a informare dell’identità cattolica della scuola coloro che sta per assumere e le sue implicazioni, così come la loro responsabilità di promuovere tale identità. Qualora la persona assunta non si attenga alle condizioni della scuola cattolica e della sua appartenenza alla comunità ecclesiale, la scuola prenda le misure appropriate. Può essere disposta anche la dimissione, tenendo conto di tutte le circostanze del singolo caso.
47. I docenti devono distinguersi per retta dottrina e per probità di vita (cf. can. 803 §2 CIC e can. 639 CCEO) nella formazione delle giovani generazioni. I docenti e il personale amministrativo che appartengono ad altre Chiese, comunità ecclesiali o religioni, nonché quelli che non professano alcun credo religioso, dal momento dell’assunzione hanno l’obbligo di riconoscere e di rispettare il carattere cattolico della scuola. Si tenga comunque presente che la prevalente presenza di un gruppo di docenti cattolici può assicurare una proficua attuazione del progetto educativo corrispondente all’identità cattolica delle scuole.
I dirigenti
48. Al ruolo educativo degli insegnanti si associa quello dei dirigenti scolastici. «Il dirigente scolastico, più che manager di un’organizzazione, è leader educativo quando sa assumersi per primo questa responsabilità, che si configura anche come una missione ecclesiale e pastorale radicata nel rapporto con i pastori della Chiesa».
49. In conformità con le norme canoniche riguardanti la scuola cattolica, spetta alla direzione dell’istituto di collaborare con l’intera comunità scolastica e in stretto dialogo con i pastori della Chiesa. Ciò, al fine di esplicitare con il progetto formativo ufficiale le linee guida sulla missione educativa della scuola. Infatti, ogni atto ufficiale della scuola deve essere in accordo con la sua identità cattolica, mantenendo pienamente rispettata la libertà della coscienza di ciascuna persona. Questo vale anche per il curricolo della scuola che «rappresenta lo strumento attraverso il quale la comunità scolastica esplicita le finalità, gli obbiettivi, i contenuti, le modalità per perseguirli in maniera efficace. In esso si manifesta l’identità culturale e pedagogica della scuola».
50. Un’ulteriore responsabilità della dirigenza è la promozione e la tutela del legame con la comunità cattolica, che si concretizza attraverso la comunione con la gerarchia della Chiesa. Infatti, l’«ecclesialità della scuola cattolica, che è iscritta nel cuore stesso della sua identità scolastica, è la ragione del «vincolo istituzionale che mantiene con la gerarchia della Chiesa, la quale garantisce che l’insegnamento e l’educazione siano fondati sui principi della fede cattolica e impartiti da maestri di dottrina retta e vita onesta (cf. can. 803 CIC; cann. 632 e 639 CCEO)».
51. Pertanto, la dirigenza ha il diritto e il dovere di intervenire, sempre con misure adeguate, necessarie e proporzionate, quando gli insegnanti o gli alunni non si attengano ai criteri richiesti dal diritto universale, particolare o proprio delle scuole cattoliche.
I carismi educativi nella Chiesa
Espressione istituzionale del carisma
52. Nel corso della storia della Chiesa, diverse realtà hanno contribuito all’istituzione delle scuole cattoliche. In modo particolare, le persone consacrate, nei vari Istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica, ispirate dai loro fondatori, hanno eretto scuole cattoliche e sono ancora efficacemente presenti nel settore educativo.
53. Più di recente anche i fedeli laici, in virtù della loro vocazione battesimale, individualmente o riuniti in associazioni dei fedeli, sia in associazioni private (cf. cann. 321-329 CIC e can. 573 § 2 CCEO) che pubbliche (cf. cann. 312-320 CIC e cann. 573-583 CCEO), hanno preso l’iniziativa di fondare e di dirigere scuole cattoliche. Ci sono altresì istituti scolastici fondati e gestiti insieme da fedeli laici, consacrati e chierici. Lo spirito di Dio non cessa di far nascere diversi doni nella Chiesa e di suscitare vocazioni nel popolo di Dio per esercitare l’apostolato dell’educazione dei giovani.
La qualifica di «cattolica» della scuola
54. L’apostolato dei fedeli laici, dei consacrati e dei chierici nella scuola è un autentico apostolato ecclesiale. Si tratta di un servizio che richiede unità e comunione con la Chiesa per poter qualificare la scuola come «cattolica» a tutti i livelli, dall’ente gestore, alla direzione della scuola e agli insegnanti.
55. L’unità e la comunione con la Chiesa cattolica sussistono di fatto quando la scuola è diretta da una persona giuridica pubblica, come per esempio nel caso di un Istituto di vita consacrata e, di conseguenza, la scuola viene considerata ipso iure una «scuola cattolica» (cf. can. 803 §1 CIC).
56. Quando una scuola è diretta da un singolo fedele o da un’associazione privata di fedeli, per poter essere definita «scuola cattolica», si richiede il riconoscimento da parte dell’autorità ecclesiastica, cioè di regola dal vescovo diocesano/eparchiale competente, dal patriarca, dall’arcivescovo maggiore e dal metropolita della Chiesa metropolitana sui iuris o dalla Santa Sede (cf. can. 803 §1;3 CIC e can. 632 CCEO). Ogni apostolato dei fedeli va sempre esercitato in comunione con la Chiesa, manifestata dai vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico (cf. can. 205 CIC e can. 8 CCEO). Pertanto, occorre che ogni apostolato educativo di ispirazione cristiana ottenga questo riconoscimento concreto da parte della competente autorità ecclesiastica. In questo modo si garantisce ai fedeli la certezza che si tratti di una scuola che offre un’educazione cattolica (cf. cann. 794 §2; 800 §2 CIC e cann. 628 § 2; 631 § 1 CCEO). In questo, il can. 803 §3 CIC e il can. 632 CCEO affermano anche che nessun Istituto, benché effettivamente cattolico, porti il nome di «scuola cattolica», se non per consenso della competente autorità ecclesiastica. Inoltre, il can. 216 CIC e can. 19 CCEO ricordano che nessuna iniziativa può rivendicare per se stessa la qualifica di «cattolica», senza aver ottenuto il consenso dell’autorità ecclesiastica competente.
57. L’apostolato educativo va inteso anche nel senso che nessuna scuola può presentarsi di fatto come una scuola cattolica, pur non avendo formalmente questo titolo, per evitare una procedura di riconoscimento ufficiale secondo il can. 803 CIC e can. 632 CCEO. Ciò impedirebbe la verifica dell’effettiva presenza dei criteri oggettivi. Sarà, quindi, principalmente dovere del vescovo diocesano/eparchiale seguire tali iniziative e, nel caso che si tratti di fatto di una istituzione cattolica, invitarla a richiedere il riconoscimento come tale in quanto espressione della comunione visibile con la Chiesa.
58. Nei casi in cui si usi in modo illegittimo la qualifica di «cattolica» o dove si vuol dare l’impressione che si tratti di una scuola che è in comunione con la Chiesa, spetta al vescovo diocesano/eparchiale competente, dopo aver sentito il gestore e la direzione della scuola e aver esaminato il singolo caso, dichiarare per scritto e, se lo ritiene opportuno, anche in modo pubblico, con l’obiettivo di avvertire i fedeli, che non si tratta di una scuola cattolica, riconosciuta e raccomandata dalla Chiesa.
Il servizio dell’autorità ecclesiastica
Vescovo diocesano/eparchiale
59. Il vescovo diocesano/eparchiale ha un ruolo centrale nel discernere l’identità «cattolica» di una scuola. Come insegna Giovanni Paolo II: «Il vescovo è padre e pastore dell’intera Chiesa particolare. A lui compete di riconoscere e rispettare i singoli carismi, di promuoverli e coordinarli». Questa competenza di ordinare i vari carismi nella Chiesa particolare si manifesta, tra l’altro, in alcune specifiche azioni.
a) Spetta al vescovo diocesano/eparchiale il necessario discernimento e riconoscimento delle istituzioni scolastiche fondate dai fedeli (cf. can. 803 §1; 3 CIC e can. 632 CCEO).
b) È compito del vescovo diocesano/eparchiale discernere e dare il riconoscimento ecclesiale del carisma dell’apostolato educativo per quanto riguarda l’atto dell’erezione di una persona giuridica pubblica di diritto diocesano/eparchiale (cf. cann. 312 §1, 3°; 313 CIC; cann. 579; can 634 §1 CIC e cann. 575 § 1, 1°, 573 § 1, 423, 435, 506, 556 e 566 CCEO), per cui una scuola gestita da essa è ipso iure una «scuola cattolica» (cf. can. 803 §1 CIC).
c) È necessario richiedere l’esplicito consenso scritto del vescovo diocesano/eparchiale per la fondazione di scuole cattoliche nel suo territorio da parte degli Istituti di vita consacrata o delle Società di vita apostolica, sia di diritto diocesano/eparchiale, sia di diritto patriarcale/ o pontificio (cf. can. 801 CIC e cann. 437 § 2, 509 § 2, 556, 566 CCEO). Questo consenso scritto è richiesto anche per qualsiasi altra persona giuridica pubblica che desideri fondare una scuola cattolica.
d) È diritto-obbligo del vescovo diocesano/eparchiale vigilare che le norme del diritto universale e particolare sulle scuole cattoliche vengano applicate.
e) È diritto-obbligo del vescovo diocesano/eparchiale dare disposizioni che riguardano l’ordinamento generale delle scuole cattoliche nella propria diocesi. Queste norme, che si ispirano al Magistero e alla disciplina della Chiesa, devono rispettare l’autonomia interna della gestione della scuola e hanno anche valore per le scuole che sono dirette da persone giuridiche pubbliche, anzitutto dai religiosi/e, oppure anche quando sono gestite dai fedeli laici (cf. can. 806 §1 CIC e can. 638 § 1 CCEO). Il vescovo diocesano/eparchiale può altresì stabilire in queste norme che gli statuti o i curricula delle scuole cattoliche siano soggetti alla sua approvazione, tenendo conto delle leggi civili vincolanti. Se il vescovo diocesano/eparchiale riscontra violazioni della dottrina o della disciplina ecclesiale, deve richiedere alle autorità di governo della scuola di correggerle, come per esempio al superiore maggiore dell’Istituto di vita consacrata che gestisce tale scuola o alla direzione della scuola stessa. Dopo avere richiamato inutilmente il superiore religioso, può, di propria autorità, prendere i provvedimenti del caso (cf. can. 683 §2 CIC e can. 415 § 4 CCEO).
f) È diritto-obbligo del vescovo diocesano/eparchiale visitare tutte le scuole cattoliche che si trovano nella sua diocesi, anche quelle fondate o dirette da Istituti di vita consacrata, Società di vita apostolica o da altre associazioni pubbliche o private, sia di diritto diocesano/eparchiale, sia di
diritto patriarcale o pontificio (cf. can. 806 §1
CIC e can. 638 § 1 CCEO). Il vescovo è tenuto a visitarle almeno ogni cinque anni, personalmente oppure, se è legittimamente impedito, tramite il vescovo coadiutore o l’ausiliare o il vicario generale o episcopale/protosincello o sincello o un delegato (cf. can. 396 §1 CIC e can. 205 § 1 CCEO). È opportuno che il visitatore prenda come accompagnatori sia chierici che laici, persone veramente esperte nei vari aspetti dell’educazione cattolica. La visita deve riguardare diverse aree: la qualità dell’offerta educativa, per cui «l’istruzione […] si distingua dal punto di vista scientifico almeno a pari grado che nelle altre scuole della regione» (can. 806 §2 CIC); l’ecclesialità della scuola che si manifesta nella sua comunione con la Chiesa particolare e universale; l’attività pastorale della scuola e il suo rapporto con la parrocchia; la conformità del progetto educativo della scuola con la dottrina e con la disciplina della Chiesa; l’amministrazione dei beni temporali della scuola (cf. cann. 305; 323; 325; 1276 §1 CIC e cann. 577 e 1022 § 1 CCEO). La visita può essere divisa in tre fasi: la fase preparatoria, in cui il visitatore chiede alla scuola di elaborare un rapporto sul suo stato attuale; la visita vera e propria, dopo la quale il visitatore descrive in un rapporto lo stato trovato durante la visita ed emette, in modo autorevole, eventuali indicazioni o raccomandazioni; la terza fase, in cui la scuola implementa eventuali condizioni o raccomandazioni sulla base del rapporto del visitatore.
g) È diritto-obbligo del vescovo diocesano/eparchiale vigilare su tutte le scuole cattoliche che si trovano nella sua diocesi/eparchia, anche quelle fondate o dirette da Istituti di vita consacrata, Società di vita apostolica o altre associazioni pubbliche o private, sia di diritto diocesano/eparchiale, sia di diritto pontificio/patriarcale (cf. can. 806 §1 CIC e 638§1 CCEO). Anche se il luogo privilegiato in cui il vescovo diocesano/eparchiale esercita il suo diritto di vigilanza è durante la visita canonica, egli può intervenire ogni volta che lo ritenga opportuno, e deve farlo tutte le volte che si verificano gravi trasgressioni dell’identità cattolica di una scuola situata nella sua diocesi/eparchia. Se la scuola dipende da una persona giuridica pubblica di diritto pontificio/patriarcale, il vescovo diocesano/eparchiale, avendo egli la responsabilità della vita pastorale nella sua diocesi/eparchia, qualora venga a conoscenza che nella scuola si verifichino fatti contrari alla dottrina, alla morale o alla disciplina ecclesiale, deve avvertire il moderatore competente, perché provveda. Se l’autorità competente non provvede, il vescovo diocesano /eparchiale può ricorrere alla Congregazione per l’educazione cattolica, salvo l’obbligo di provvedere direttamente egli stesso nei casi più gravi o urgenti.
h) È diritto del vescovo eparchiale/ordinario del luogo di nominare o almeno di approvare per la propria diocesi/eparchia gli insegnanti di religione, e parimenti, se lo richiedano motivi di religione o di costumi, rimuoverli oppure esigere che siano rimossi (cf. can. 805 CIC e can. 636 § 2 CCEO).
i) Dal momento che tutti gli insegnanti partecipano alla missione ecclesiale, il vescovo diocesano/eparchiale può anche rimuovere un insegnante, quando si tratta di una scuola cattolica gestita dalla diocesi/eparchia. Negli altri casi può esigere che un insegnante sia rimosso se non sono più adempiute le condizioni per la sua nomina. Il vescovo deve esplicitare le ragioni e le prove decisive che giustificano una eventuale rimozione (cf. cann. 50; 51 CIC e cann. 1517 § 1; 1519 § 2 CCEO), rispettando sempre il diritto di difesa dell’insegnante e dandogli la possibilità di difendersi per scritto, anche con l’aiuto di un avvocato formato in diritto canonico (cf. can. 1483 CIC e can. 1141 CCEO). Il vescovo diocesano/eparchiale deve anche mostrare nell’atto della sua decisione che non sono disponibili altri strumenti adeguati, necessari e proporzionati, per poter continuare il suo servizio in conformità con la missione ecclesiale della scuola.
Le parrocchie e il parroco
60. A livello della Chiesa particolare avviene frequentemente che le scuole cattoliche siano sotto la gestione diretta della diocesi/eparchia o quella delle parrocchie come persone giuridiche pubbliche, rappresentate dai loro parroci. In questo caso la gerarchia della Chiesa non solo esercita il suo dovere di vigilanza sulle scuole cattoliche, ma può anche essere direttamente coinvolta nella loro fondazione e gestione.
Il dialogo fra vescovo, consacrate/i e laici
61. Oltre agli aspetti puramente giuridici, il vescovo diocesano/eparchiale non deve esimersi di entrare in dialogo, come pastore della Chiesa particolare, con tutti coloro che collaborano nella missione educativa delle scuole cattoliche. A tal fine, il concilio Vaticano II ha raccomandato che: «I vescovi e i superiori religiosi si radunino periodicamente o quando ciò è ritenuto opportuno, per trattare gli affari riguardanti l’insieme dell’apostolato nel territorio». «Per promuovere la reciproca conoscenza, presupposto necessario di una fattiva cooperazione soprattutto in ambito pastorale, è quanto mai opportuno un costante dialogo di superiori e superiore degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica con i vescovi. Grazie a questi abituali contatti, superiori e superiore potranno informare i vescovi circa le iniziative apostoliche che intendono avviare nelle loro diocesi/eparchie, per giungere con essi ai necessari accordi operativi».
62. Nello scambio reciproco e nella conversazione fiduciosa molti problemi possono essere risolti senza che il vescovo debba formalmente intervenire. Questo interscambio regolare, di cui deve farsi carico il vescovo diocesano/eparchiale, è opportuno che avvenga anche con tutti gli altri che hanno la responsabilità per le scuole cattoliche in una determinata Chiesa particolare, come per esempio con i moderatori delle persone giuridiche pubbliche o i fedeli che gestiscono come apostolato proprio una scuola cattolica. Allo stesso modo, il vescovo è tenuto a mantenere un dialogo costante con le scuole stesse, specialmente con i dirigenti scolastici, gli insegnanti e gli allievi.
La Conferenza episcopale, il Sinodo dei vescovi o il Consiglio dei gerarchi
63. La Conferenza episcopale, il Sinodo dei vescovi o il Consiglio dei gerarchi ha competenza per quanto riguarda le scuole cattoliche e, in generale, per quanto riguarda l’istruzione in tutti i tipi di scuole, specialmente per l’educazione religiosa. In particolare, spetta alla Conferenza episcopale, il Sinodo dei vescovi o il Consiglio dei gerarchi emanare norme generali in merito (cf. can. 804 §1 CIC). Si raccomanda in maniera speciale alle Conferenze episcopali di applicare al contesto locale con un decreto generale i principi della promozione e della verifica dell’identità delle scuole cattoliche, enunciati in termini generali in questa Istruzione. Inoltre, è necessario concretizzare l’applicazione delle norme canoniche alla luce del rispettivo sistema giuridico statale.
64. La cura da parte delle Conferenze episcopali, il Sinodo dei vescovi o il Consiglio dei gerarchi per le scuole cattoliche deve anche prendere in considerazione la loro pianificazione sul territorio, al fine di provvedere sia alla conservazione sia al progresso delle scuole. Inoltre le Conferenze episcopali, il Sinodo dei vescovi o il Consiglio dei gerarchi cercheranno di promuovere l’aiuto delle diocesi/eparchie che hanno mezzi finanziari verso quelle che si trovano nel bisogno per il mantenimento e lo sviluppo delle scuole cattoliche. Si potrebbe anche istituire un fondo economico comune presso la Conferenza episcopale, il Sinodo dei vescovi o il Consiglio dei gerarchi. Per attuare quest’opera si raccomanda che la Conferenza episcopale, il Sinodo dei vescovi o il Consiglio dei gerarchi istituisca una Commissione per le scuole e per l’educazione, aiutata da una Commissione di esperti.
La sede apostolica
65. La Santa Sede ha una responsabilità sussidiaria sulle scuole cattoliche. In modo generale, dal romano pontefice è affidato alla Congregazione per l’educazione cattolica l’impegno «perché i principi fondamentali circa l’educazione cattolica, così come sono proposti dal Magistero della Chiesa, siano sempre più approfonditi, affermati e conosciuti dal popolo di Dio». Questa Congregazione ha pubblicato numerosi documenti allo scopo di guidare le scuole cattoliche nell’adempimento della propria missione.
66. Inoltre, la Congregazione: «Stabilisce le norme, secondo le quali deve reggersi la scuola cattolica; assiste i vescovi diocesani/eparchiali perché siano istituite, dove è possibile, le scuole cattoliche e siano sostenute con la massima cura, e perché in tutte le scuole siano offerte, mediante opportune iniziative, l’educazione catechetica e la cura pastorale agli alunni cristiani». Questa competenza giuridica per le scuole cattoliche include anche, in modo sussidiario, l’esercizio della moderazione suprema su di esse, in nome del romano pontefice. Questo si manifesta in modo concreto, quando vengono indirizzate petizioni e richieste alla sede apostolica, che la Congregazione prende in esame. Essa esamina altresì i ricorsi presentati a norma del diritto per rivendicare diritti e legittimi interessi (cf. cann. 1732-1739 CIC e cann. 996-1006 CCEO). Questa competenza si manifesta anche quando la Congregazione esercita la sua potestà direttamente su una singola scuola, il che può avvenire in modo particolare quando essa è sotto la direzione di una persona giuridica pubblica di diritto pontificio.
III. Alcuni punti critici
67. La Congregazione per l’educazione cattolica nota che nei ricorsi presentati, in molti casi, soggiace una contrastante percezione dell’identità cattolica delle istituzioni scolastiche. Essa spesso scaturisce dall’interpretazione, non sempre corretta, della qualifica di «cattolica» e dalla mancanza di chiarezza delle competenze e delle legislazioni.
Divergenze nell’interpretazione
della qualifica di «cattolica»
68. Il problema di fondo sta nell’applicazione concreta della qualifica di «cattolica»; termine complesso e non facilmente esprimibile con criteri esclusivamente legali, formali e dottrinali. Le cause di tensione sono soprattutto dovute da una parte a un’interpretazione riduttiva o puramente formale, dall’altra a una considerazione vaga o chiusa dell’identità cattolica.
Visione riduttiva
69. La particolarità carismatica con cui è vissuta l’identità cattolica non giustifica un’interpretazione riduttiva della cattolicità che escluda esplicitamente o di fatto principi, dimensioni ed esigenze essenziali della fede cattolica. Inoltre la cattolicità non si può attribuire solo ad alcuni ambiti o ad alcune persone, come ai momenti liturgici, spirituali, sociali oppure alla funzione del cappellano scolastico, degli insegnanti di religione o del direttore della scuola. Ciò contraddirebbe la responsabilità della comunità scolastica nel suo insieme e di ogni suo membro. Peraltro con l’affermazione di tale responsabilità non si intende introdurre una «società perfettamente egualitaria» e neppure qualsiasi perfezionismo morale o disciplinare di difficile valutazione.
Interpretazione formale o carismatica
70. Secondo un’interpretazione formale, l’identità cattolica si esprimerebbe mediante un «Decreto» dell’autorità ecclesiastica competente, che concede la personalità giuridica, ne riconosce il patrimonio e il governo secondo le norme canoniche, dando anche la possibilità di un’eventuale personalità giuridica civile presso lo stato in cui si trova l’istituzione. Tale identità viene garantita tramite il controllo e la certificazione della competente autorità ecclesiastica, sempre rimanendo l’opportunità di ricorrere alla Santa Sede in caso di conflitto.
71. Oltre alle definizioni di stampo esclusivamente giuridico, ne esistono altre, secondo cui conta anzitutto lo «spirito cattolico», l’«ispirazione cristiana» oppure la realizzazione «carismatica»: qualifiche queste che sono poco definite, concrete e verificabili nella realtà. Secondo tali interpretazioni né l’applicazione delle norme canoniche né il riconoscimento della legittima autorità gerarchica vengono considerati necessari. Qualora ciò avvenisse, avrebbe valore solo «simbolico» e quindi poco efficace. Talvolta, nel caso di istituzioni educative fondate e/o gestite da Ordini religiosi, Istituti di vita consacrata, Società di vita apostolica o gruppi carismatici, si verifica uno squilibrio tra il carisma e l’appartenenza ecclesiale. In alcune situazioni si evita ogni riferimento alla qualifica di «cattolica», scegliendo delle denominazioni giuridiche alternative.
Considerazione «chiusa»
72. Un altro motivo che suscita contrasti interpretativi è dovuto a un modello «chiuso» di scuole cattoliche. In esse non c’è spazio per chi non è «totalmente» cattolico. Tale modello contraddice la visione di una scuola cattolica «aperta» che intende tradurre in ambito educativo il modello della «Chiesa in uscita», in dialogo con tutti. Non bisogna perdere lo slancio missionario per chiudersi in un’isola e allo stesso tempo occorre il coraggio di testimoniare una «cultura» cattolica, cioè universale, coltivando la sana consapevolezza della propria identità cristiana.
Per una chiarezza
di competenze e legislazioni
73. Talvolta situazioni critiche attorno all’identità cattolica sono provocate da una mancanza di chiarezza sulle competenze e nelle legislazioni. In questi casi, è necessario anzitutto mantenere un giusto equilibrio delle competenze, secondo il principio di sussidiarietà. Esso si fonda sulla responsabilità di ciascuno davanti a Dio e distingue la diversità e complementarietà delle competenze. La responsabilità di ognuno è coadiuvata anche da strumenti idonei che – attraverso l’esercizio di autovalutazione e con successivo confronto con «esperti esterni» – aiutano ogni soggetto a essere protagonista del progetto educativo. Tali strumenti servono anche per stabilire, vivere e promuovere l’unità ecclesiale, nonché varie forme di associazioni e organismi a livello regionale, nazionale e internazionale che siano in grado di creare comunità nell’ambito educativo cattolico. Inoltre, non deve mancare la fiducia vicendevole tra i vari responsabili, per creare una collaborazione più tranquilla e serena a favore della missione educativa. A ciò contribuisce certamente l’attitudine al dialogo e al cammino in comunione.
74. Un ruolo importante per la necessaria chiarezza è svolto dagli statuti. Talvolta non sono aggiornati; non delineano chiaramente le competenze o le nuove procedure; sono concepiti troppo rigidamente al punto da regolamentare le situazioni contingenti senza lasciare spazio al discernimento o a eventuali soluzioni che si possono trovare solo a livello locale.
75. I problemi giuridici e di competenza delle istituzioni educative cattoliche nascono anche a causa del doppio inquadramento normativo: canonico e statale-civile. Dalla diversità di scopi delle relative legislazioni, può accadere che lo stato imponga alle istituzioni cattoliche, che operano nella sfera pubblica, comportamenti non consoni che mettano in dubbio la credibilità dottrinale e disciplinare della Chiesa. Qualche volta anche l’opinione pubblica rende quasi impossibili le soluzioni in linea con i principi della morale cattolica.
76. È opportuno prevedere, tramite i regolamenti a livello nazionale (emanati dalle Conferenze episcopali, il Sinodo dei vescovi o il Consiglio dei gerarchi) e gli statuti applicativi redatti sotto il profilo canonico e civile, tutti gli elementi necessari per superare conflitti di interpretazione e applicazione dei due ordinamenti legislativi. Da parte sua, il Diritto canonico, ordinato dal principio fondamentale della salvezza delle anime (can. 1752, CIC), prevede diverse vie che garantiscono la comunione tra le parti coinvolte nella missione educativa e si pone come argine allo scandalo della rottura dell’unità interna della Chiesa, all’incapacità di dialogare tra i suoi membri, nonché all’esposizione dei conflitti presso i tribunali statali e i mass media.
77. Inoltre, per la chiarezza, le scuole cattoliche devono essere munite di una dichiarazione della propria missione oppure di un codice di comportamento. Questi sono strumenti per la garanzia della qualità istituzionale e professionale. Occorre quindi rafforzarli giuridicamente tramite contratti di lavoro o altre dichiarazioni contrattuali dei soggetti coinvolti con chiaro valore legale. Si prende atto che in tanti paesi la legge civile esclude una «discriminazione» a causa della religione, dell’orientamento sessuale nonché di altri aspetti della vita privata. Nello stesso tempo, viene riconosciuta alle istituzioni educative la possibilità di munirsi di un profilo di valori e di un codice di comportamenti da rispettare. Nel momento in cui tali valori e comportamenti non siano rispettati dai soggetti interessati, essi possono essere sanzionati come espressione di una mancanza di onestà professionale nel non adempimento delle clausole definite negli appositi contratti e nelle linee guida istituzionali.
78. Inoltre, al di là delle norme esclusivamente giuridiche, si mostrano spesso efficaci altri strumenti più adatti alla promozione della responsabilità di ciascuno a favore della identità dell’istituzione. Per esempio, le procedure di autovalutazione individuale e collettiva all’interno dell’istituzione, gli accordi orientativi sui livelli di qualità desiderati, i programmi di formazione permanente e di promozione e rafforzamento della professionalità, gli incentivi e i premi nonché la raccolta, la documentazione e lo studio di buone prassi. Da parte di coloro che esercitano una responsabilità nella Chiesa sarà più efficace di qualsiasi altro atteggiamento e provvedimento un clima e un comportamento che esprimano nei confronti di tutti i componenti della comunità educativa benevolenza e fiducia, quali espressioni di virtù cristiana.
Alcuni temi e ambiti sensibili
79. Esistono situazioni della vita educativa che richiedono una grande attenzione e sensibilità per risolvere eventuali tensioni e conflitti. Anzitutto la scelta del personale docente, non docente e di governo. Tenendo conto dei diversi contesti e possibilità, è necessario predisporre criteri chiari di discernimento riguardanti le qualità professionali, l’adesione alla dottrina della Chiesa e la coerenza di vita cristiana dei candidati.
80. Si verificano altresì conflitti in campo disciplinare e/o dottrinale. Queste situazioni possono essere causa di discredito all’istituzione cattolica e scandalo nella comunità. Perciò, non possono essere sottovalutate sia in merito alla natura del conflitto, sia per quanto riguarda le ripercussioni dentro e fuori la scuola. Il discernimento deve iniziare nel contesto ecclesiale locale, tenendo presenti i principi canonici della gradualità e della proporzionalità degli eventuali provvedimenti da assumere. La possibilità del licenziamento sia l’ultima opzione, che va legittimamente presa dopo il fallimento di tutti gli altri tentativi di risoluzione.
81. Si verificano anche casi in cui le leggi statali impongono scelte in contrasto con la libertà religiosa e la stessa identità cattolica di una scuola. Pur nel rispetto dei diversi ambiti, è necessaria una ragionevole azione di difesa dei diritti dei cattolici e delle loro scuole sia attraverso il dialogo con le autorità statali, sia mediante il ricorso ai tribunali competenti.
82. Possono sorgere problemi all’interno della Chiesa locale dovuti alla diversità di valutazione tra i componenti della comunità (vescovo, parroco, persone consacrate, genitori, dirigenti scolastici, associazioni, ecc.) circa la possibilità di sussistenza della scuola, la sostenibilità economica e l’indirizzo di fronte alle nuove sfide educative. Ancora una volta il dialogo e il camminare insieme sono la via maestra per la soluzione di tali problemi, tenendo fermo anche il criterio gerarchico della Chiesa e rispettando le diverse competenze.
83. Un problema che suscita sempre reazioni contrastanti è la chiusura o il cambiamento della configurazione giuridica di una scuola cattolica per difficoltà di gestione. Esso non è da risolvere in prima istanza con la considerazione del valore finanziario degli immobili e delle proprietà in vista della vendita oppure con il trasferimento della gestione a enti distanti dai principi dell’educazione cattolica per la creazione di una fonte di utile economico. Infatti, i beni temporali della Chiesa hanno tra i loro fini propri le opere di apostolato e di carità, specialmente a servizio dei poveri (cf. can. 1254 § 2 CIC e can. 1007 CCEO). Pertanto, nel caso di una scuola diocesana/eparchiale o parrocchiale, è responsabilità del vescovo consultare tutti i soggetti interessati, al fine di valutare ogni possibile soluzione a salvaguardia della continuità del servizio educativo. Per le istituzioni scolastiche gestite da religiosi o laici, prima della chiusura o dell’alienazione, è altamente auspicabile consultare il vescovo e trovare insieme alla comunità educante le vie praticabili per poter offrire ancora la loro preziosa missione.
Modalità di incontro e convergenza
per consolidare l’identità cattolica
84. L’identità cattolica dovrebbe costituire un terreno di incontro, uno strumento per convergenza di idee e azioni. In questo modo, le diverse prospettive divengono una risorsa e principio fondamentale per lo sviluppo di metodologie idonee a risolvere eventuali criticità e trovare soluzioni condivise.
85. L’eco di questo atteggiamento risuona già nella prima enciclica di Giovanni XXIII, dove si afferma che: «Vi sono […] non pochi punti sui quali la Chiesa cattolica lascia libertà di disputa». In questo senso va ben valutato se un caso richieda necessariamente un intervento diretto da parte dell’autorità ecclesiastica in quanto «a ogni modo è sempre da tener presente quella bella e ben nota sentenza attribuita in diverse forme a diversi autori: nelle cose necessarie ci vuole l’unità, in quelle dubbie la libertà, in tutte la carità».
Essere costruttori di unità
86. In questo orizzonte, papa Francesco, per la Chiesa di oggi, rilancia alcuni principi della dottrina sociale e invita a trovare vie percorribili nell’ambito educativo facendo prevalere in eventuali tensioni la forza per raggiungere risultati migliori. In presenza di alcuni atteggiamenti che non portano alla soluzione delle controversie il papa propone la via maestra dell’unità sul conflitto: «Di fronte al conflitto, alcuni semplicemente lo guardano e vanno avanti come se nulla fosse, se ne lavano le mani per poter continuare con la loro vita. Altri entrano nel conflitto in modo tale che ne rimango-
no prigionieri, perdono l’orizzonte, proiettano
sulle istituzioni le proprie confusioni e insoddisfazioni e così l’unità diventa impossibile. Vi è però un terzo modo, il più adeguato, di porsi di fronte al conflitto. È accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo. “Beati gli operatori di pace” (Mt 5,9)».
87. Anche nei conflitti più gravi l’unità della fede vissuta e basata sul Vangelo resta la bussola orientatrice. In questa cornice si aprono le porte di una vera cultura del dialogo attraverso una comunicazione inclusiva e permanente. Le modalità dialogiche e la prassi comunicativa all’interno della comunità educativa della Chiesa locale e universale devono essere stabilite, promosse e praticate già prima di eventuali tensioni. Esse vanno protette e coltivate anche durante i conflitti, e se necessario ristabilite. Il ruolo della comunicazione diretta e interna non può essere sostituito da persone, istituzioni, mass media estranei, nonché dall’opinione pubblica. Serve una strategia di comunicazione e comunione per non rischiare che nei casi di conflitto altre persone, spesso non competenti e non bene informate, decidano la linea di comunicazione e azione.
Essere generatori di processi di sviluppo
88. In linea con un altro principio «il tempo è superiore allo spazio», il papa suggerisce di «iniziare processi» anziché cercare di difendere posizioni e spazi di potere. Infatti, c’è il rischio che chi cerca le soluzioni perfette e combatte appassionatamente per la loro realizzazione – spesso poco realistica – alla fine danneggi ancora di più con i suoi tentativi la soluzione dei conflitti.
89. Nella ricerca di risolvere un problema è necessario domandarsi se le soluzioni proposte ed elaborate servano principalmente a difendere una propria posizione oppure se possano avviare una dinamica positiva generatrice di ulteriori processi di sviluppo. Il diritto canonico, al riguardo, prevede un itinerario volto all’applicazione progressiva di norme disciplinari e penali, come la previa ammonizione, la proporzionalità delle sanzioni e una certa gradualità di fronte ai limiti oggettivi personali, sempre salvaguardando la priorità della salvezza delle anime.
90. Per avviare processi proficui è necessario, inoltre, un profondo discernimento che metta insieme la dimensione umana, spirituale, giuridica, soggettiva e pragmatica. Fermo restando l’obbligo e il diritto del vescovo «di vigilare e di visitare le scuole cattoliche situate nel suo territorio, anche quelle fondate o dirette da membri di istituti religiosi» (can 806 § 1, CIC e can. 638 § 1 CCEO), dichiarazioni affrettate su problemi riguardanti l’identità cattolica non giovano alla risoluzione delle controversie. Eventuali provvedimenti su un presunto sviamento dalla cattolicità di una istituzione educativa, che possono anche diventare necessari oltre che legittimi, è bene che rimangano un’ultima ratio solo in casi in cui non esiste assolutamente la possibilità di evitare un grande danno oggettivo per tutta la Chiesa e la sua missione.
91. Non è da sottovalutare che in un mondo sempre più globalizzato anche le decisioni particolari, legate a un contesto locale, hanno ripercussioni per la Chiesa universale. Se la competente autorità non trovasse nessuna soluzione praticabile, è necessario che si apra un processo regolare con la consultazione di tutte le parti coinvolte, la considerazione di tutti gli aspetti canonici e civili, i possibili diritti di terzi che possono coincidere o contrastare con la propria decisione, nonché gli effetti che tale decisione può provocare ad altre iniziative della Chiesa in campo educativo e all’opinione pubblica.
Essere elaboratori di soluzioni reali e durature
92. Nei conflitti, talvolta, si portano gli aspetti di un problema particolare al livello di una discussione sui principi e sugli ideali. Per non cadere in questo errore, è di valido aiuto il principio che la realtà è più importante dell’idea. In questo senso, è opportuno elaborare soluzioni a livello più immediato possibile, coinvolgendo coloro che sono direttamente inseriti nella realtà locale e la conoscono in tutti i suoi elementi. Perciò, è bene evitare di delegare conflitti interni della Chiesa ad altre istituzioni giuridiche, a meno che ciò sia espressamente richiesto dalla legge stessa. È da evitare, altresì, il ricorso immediato alle autorità ecclesiastiche superiori, essendo più immediata e soste-
nibile una soluzione locale. Resta comunque il diritto di ogni fedele nella Chiesa di deferire alla Sede apostolica.
93. Infine, secondo il principio che il tutto è superiore alla parte, coloro che lavorano per risolvere le naturali tensioni all’interno della Chiesa devono considerare le conseguenze che anche un singolo conflitto può produrre per altri ambiti e livelli ecclesiali. L’esercizio della prudenza è quindi prioritario e affidabile. Ogni eventuale soluzione decisa e applicata, deve essere considerata in una prospettiva di lunga durata al fine di non deteriorare la possibilità fruttuosa e fiduciosa di collaborazione tra persone e istituzioni. Esse sono chiamate a camminare insieme per consentire alla Chiesa di prestare al mondo il suo servizio educativo.
Conclusione
94. La Congregazione per l’educazione cattolica, nel consegnare questa Istruzione sull’identità cattolica delle istituzioni scolastiche, intende offrire in spirito di servizio, un contributo alla riflessione e alcune linee guida per aiutare a condividere la trasformazione missionaria della Chiesa, perché: «È vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura».
95. Papa Francesco, trattando dell’incontro tra la fede, la ragione e le scienze, sottolinea che: «Le università sono un ambito privilegiato per pensare e sviluppare questo impegno di evangelizzazione in modo interdisciplinare e integrato. Le scuole cattoliche, che cercano sempre di coniugare il compito educativo con l’annuncio esplicito del Vangelo, costituiscono un contributo molto valido all’evangelizzazione della cultura, anche nei paesi e nelle città dove una situazione avversa ci stimola a usare la creatività per trovare i percorsi adeguati».
96. Alla luce di queste esortazioni, la presente Istruzione, a partire dai criteri essenziali dell’identità cattolica delle scuole, intende accompagnare il loro rinnovamento per rispondere alle nuove sfide che, nel cambiamento d’epoca, il mondo propone alla Chiesa, madre e maestra. La risposta sarà efficace con l’acquisizione della piena identità nell’obbedienza a una verità trascendente, come ha ricordato papa Francesco, citando un testo memorabile di papa Giovanni Paolo II: «Se non esiste una verità trascendente, obbedendo alla quale l’uomo acquista la sua piena identità, allora non esiste nessun principio sicuro che garantisca giusti rapporti tra gli uomini. Il loro interesse di classe, di gruppo, di nazione li oppone inevitabilmente gli uni agli altri. Se non si riconosce la verità trascendente, allora trionfa la forza del potere, e ciascuno tende a utilizzare fino in fondo i mezzi di cui dispone per imporre il proprio interesse o la propria opinione, senza riguardo ai diritti dell’altro […]. La radice del moderno totalitarismo, dunque, è da individuare nella negazione della trascendente dignità della persona umana, immagine visibile del Dio invisibile e, proprio per questo, per sua natura stessa, soggetto di diritti che nessuno può violare: né l’individuo, né il gruppo, né la classe, né la nazione o lo stato. Non può farlo nemmeno la maggioranza di un corpo sociale, ponendosi contro la minoranza».
97. La Congregazione per l’educazione cattolica esprime viva gratitudine per la sollecitudine e la fatica profuse dalle persone impegnate nelle istituzioni scolastiche e auspica che il profilo identitario cattolico del progetto educativo contribuisca alla realizzazione di un patto educativo globale «per ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta e inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione».
Città del Vaticano, 25 gennaio 2022, Festa della Conversione di San Paolo Apostolo.
Giuseppe card. Versaldi,
prefetto
≅ Angelo Vincenzo Zani,
segretario