«Oggi vogliamo elevare insieme, gli uni accanto agli altri, “gettare insieme”, dal cuore del paese, la comune preghiera del Padre nostro. In essa è racchiusa la nostra identità di figli e, oggi in modo particolare, di fratelli che pregano l’uno accanto all’altro» (Francesco). Il Padre nostro non è stato recitato insieme ma separatamente, prima dai cattolici e poi dagli ortodossi, perché in entrambe le confessioni sono presenti delle resistenze all’idea di pregare insieme, e all’ecumenismo più in generale. Tuttavia l’incontro di preghiera nella nuova «cattedrale nazionale» di Bucarest è stato uno dei momenti più intensi del viaggio apostolico di papa Francesco in Romania, dal 31 maggio al 2 giugno. Il discorso di saluto rivoltogli da Daniel, patriarca della Chiesa ortodossa romena, ha evidenziato come la Chiesa di Bucarest e quella di Roma siano vicine in termini di stima e affetto concreto.
Un altro dei momenti più significativi è stato l’incontro del papa con la comunità rom di Blaj, nel quale Francesco ha dichiarato: «Nel cuore porto… un peso. È il peso delle discriminazioni, delle segregazioni e dei maltrattamenti subiti dalle vostre comunità. La storia ci dice che anche i cristiani, anche i cattolici non sono estranei a tanto male. Vorrei chiedere perdono per questo… in nome della Chiesa al Signore e a voi».
Con il motu proprio Communis vita, pubblicato il 26 marzo, il papa ha compiuto un altro passo della riforma della vita religiosa che sta realizzando nel suo pontificato (cf. qui a p. 390). Questa volta si tratta di normare quei casi in cui un religioso risulti assente in modo prolungato e illegittimo dal suo istituto di vita consacrata, e risulti irreperibile al suo superiore. Con la modifica al Codice di diritto canonico, introdotta dal presente motu proprio, il superiore trascorsi 12 mesi dalla dichiarazione di irreperibilità, ottenuta la conferma dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica o dal vescovo diocesano secondo i casi, può decretare la dimissione del religioso dall’istituto, a partire dal principio fondamentale che «la vita in comunità è un elemento essenziale della vita religiosa». La modifica – secondo quanto affermato dal segretario della Congregazione mons. José Rodriguez Carballo (Vatican News 10.4.2019), risponde all’esigenza di mettere ordine in questo ambito, «perché un religioso assente illegittimamente continua a essere religioso, e per anni, quindi qualora arrivasse a commettere qualche crimine, per esempio un abuso sessuale, tutto ricadrebbe sull’istituto».
«Il dialogo interreligioso non è un’attività opzionale nella Chiesa… Il dialogo dovrebbe essere inteso come un modo di vita per tutti noi». L’Assemblea plenaria dell’Unione internazionale delle superiore generali (UISG), che si è tenuta a Roma dal 6 al 10 maggio, ha raccolto 850 responsabili di congregazioni religiose femminili in rappresentanza di oltre 450.000 consorelle da 80 paesi del mondo sul tema «Seminatrici di speranza profetica». Uno degli interventi alla plenaria è stato quello, che qui pubblichiamo, della statunitense Donna Orsuto, co-fondatrice e direttrice del Lay Centre at Foyer Unitas (www.laycentre.org), docente presso l’Istituto di spiritualità della Pontificia università gregoriana di Roma e presso la Facoltà di teologia della Pontificia università San Tommaso d’Aquino (Angelicum). Sviluppando il tema dell’Assemblea, l’autrice ha invitato le religiose a essere «seminatrici di speranza» raccogliendo l’invito al dialogo interreligioso, e ha proposto cinque modalità pratiche d’impegno: riconoscere e rafforzare il già esistente coinvolgimento delle comunità religiose nel dialogo; tendere la mano al proprio vicino; scacciare la paura attraverso una maggior conoscenza; pregare per la pace; vedere l’altro con gli occhi di Dio.
Un «approccio ideologizzato alle delicate questioni del genere, pur dichiarando il rispetto delle diversità, rischia di considerare le differenze stesse in modo statico, lasciandole isolate e impermeabili l’una dall’altra». È invece «la via del dialogo… il percorso più efficace per una trasformazione positiva delle inquietudini e delle incomprensioni in una risorsa per lo sviluppo di un ambiente relazionale più aperto e umano» (n. 52). Guidata da questo criterio, la Congregazione per l’educazione cattolica ha composto nel documento «Maschio e femmina li creò». Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione (datato 2 febbraio 2019 ma diffuso a partire dal 10 giugno scorso) il magistero recente, soprattutto quello degli ultimi tre papi, in tema di educazione affettivo-sessuale. L’educatore cattolico, al quale il testo è principalmente destinato, troverà dunque in queste pagine, organizzate secondo la metodologia dell’«ascoltare», «ragionare» e «proporre», gli strumenti per «trasformare positivamente le sfide attuali» poste a tutti i soggetti coinvolti nell’educazione, avendo cura di distinguere le «diverse ricerche sul gender portate avanti dalle scienze umane» da una «ideologia del gender» che cerca «di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini» (n. 6, che cita Amoris laetitia, n. 56).
«Vorremmo invitarvi a una rinnovata presa di coscienza: ogni povero – da qualunque paese, cultura, etnia provenga – è un figlio di Dio. I bambini, i giovani, le famiglie, gli anziani da soccorrere non possono essere distinti in virtù di un “prima” o di un “dopo” sulla base dell’appartenenza nazionale». Con la Lettera di Pentecoste, pubblicata il 6 giugno, i vescovi della Conferenza episcopale laziale prendono nettamente posizione a favore dell’accoglienza degli immigrati, un tema fortemente divisivo in questo momento all’interno della società italiana, e molto presente nella propaganda politica. «Italiani o stranieri – sottolineano –, tutti soffrono allo stesso modo», e respingono l’uso diffuso di «accenti e toni che negano i diritti fondamentali dell’uomo, riconosciuti dagli accordi internazionali e – soprattutto – originati dalla Parola evangelica».
L’appello nasce dalla costatazione che «purtroppo nei mesi trascorsi le tensioni sociali all’interno dei nostri territori, legate alla crescita preoccupante della povertà e delle diseguaglianze, hanno raggiunto livelli preoccupanti». I vescovi del Lazio dichiarano il desiderio di «essere accanto a tutti coloro che vivono in condizioni di povertà», ma mettono in guardia contro «certe affermazioni che appaiono essere “di moda”» e da cui «potrebbero nascere germi d’intolleranza e di razzismo».
Da alcuni anni la Chiesa cattolica tedesca si è impegnata in un processo per il rinnovamento della pastorale, con l’obiettivo in particolare di promuovere una maggior partecipazione delle donne nei ruoli direttivi, ripensando e approfondendo dal punto di vista teologico e pastorale la questione della leadership nella Chiesa (cf. Regno-doc. 5,2013,168).
Nel 2015 quindi la Conferenza episcopale tedesca ha pubblicato la lettera pastorale Essere Chiesa insieme. Riflessione dei vescovi tedeschi sul rinnovamento della pastorale, datata 1° agosto e pubblicata il 23 settembre, che «vuole accompagnare il cammino che le persone nelle diverse diocesi del nostro paese stanno compiendo: il cammino da una Chiesa popolare a una Chiesa del popolo di Dio». Il processo qui raccomandato e avviato di sperimentazione nelle diocesi è in corso di raccolta ed elaborazione, e reperibile nel suo sviluppo sul sito gemeinsam-kirche-sein.de (cf. qui a p. 429).
Successivamente alla pubblicazione di Essere Chiesa insieme (cf. in questo numero a p. 411), qualche mese dopo – agosto 2016 – la Segreteria della Conferenza episcopale tedesca ha fatto un ulteriore passo avanti sul tema del rinnovamento della pastorale, pubblicando un sussidio intitolato Essere Chiesa insieme. Spunti – Critiche – Idee (in tedesco su www.gemeinsam-kirche-sein.de). Il documento invita a sperimentare per dare forma alla Chiesa del futuro.
«Come uscire dal circolo vizioso in cui ci stiamo da tempo dimenando? Pace e riconciliazione! Ecco il primo e più alto punto da cui partire». Di fronte al protrarsi di una crisi generale, che da tempo porta i giovani a «scrutare l’orizzonte in cerca di una via di fuga, quale che sia e purché sia» (cf. anche il documento sulle morti in mare, Regno-doc. 15,2014,506), i vescovi cattolici dell’Eritrea hanno pubblicato il 28 aprile, in occasione della Pasqua del rito copto alessandrino cattolico, una lettera pastorale intitolata «Pace ai lontani, pace ai vicini (Ef 2,17)». Appello per una riconciliazione nazionale.
In essa, guardando anche all’esperienza vissuta dal Sudafrica dopo la fine dell’apartheid, si propone l’avvio di un processo di «verità e riconciliazione», poiché l’accordo di pace siglato da Etiopia ed Eritrea il 9 luglio 2018 ha riacceso le speranze di superare questa situazione. «Solo un percorso che si radichi intimamente nei supremi valori della verità e della riconciliazione può renderci capaci di trovare la strada verso la tanto ricercata via d’uscita, di curare le ferite della memoria e di “sostituire” i sentimenti negativi con i valori più elevati della nostra umanità e delle nostre fedi religiose».
Ogni anno le ACLI organizzano un seminario di studi all’interno delle attività del Centro europeo per le questioni dei lavoratori (EZA), una rete di sindacati e associazioni che hanno l’obiettivo comune di approfondire le tematiche sociali nel contesto europeo e alla luce della dottrina sociale delle Chiesa. Quest’anno l’appuntamento, che si è svolto dal 14 al 16 maggio alla Maison d’Italie, nella Cité universitaire di Parigi, è stato dedicato a «Un’Europa sociale e del lavoro. Il contributo delle organizzazioni dei lavoratori». Nelle pagine seguenti pubblichiamo la relazione di mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e primo vicepresidente della Commissione dei vescovi dell’Unione Europea (COMECE). Dopo un’introduzione che richiama la vitalità insostituibile del tessuto associativo per la società, il testo si propone di «sottolineare tre ambiti che sono destinati comunque a determinare il futuro, con potenziali effetti preoccupanti per i paesi europei»: l’emigrazione, l’ambiente, la digitalizzazione e intelligenza artificiale. Il motivo di queste preoccupazioni è dato dalla fragilità da cui è afflitta l’Unione, insieme all’intero continente, a causa della sua coesione inconsistente, della mancanza di visione comune e dell’assenza di capacità progettuale condivisa. Il compito indicato è quello di assumere un atteggiamento positivo, sostenendo «tutto ciò che promuove quella figura di persona e di società che ha plasmato l’Europa».