D
Documenti
Documenti, 19/2017, 01/11/2017, pag. 577

Il Catechismo condanni la pena di morte

Ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione

Francesco

«Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. È in sé stessa contraria al Vangelo… È necessario ribadire pertanto che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona». Questo tema dovrebbe trovare nel Catechismo della Chiesa cattolica uno spazio più adeguato e coerente: è quanto ha affermato papa Francesco l’11 ottobre, intervenendo all’incontro promosso dal Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione nel 25° anniversario della firma da parte di Giovanni Paolo II della costituzione apostolica Fidei depositum, il testo che accompagnava l’uscita del Catechismo della Chiesa cattolica nel 1992. L’affermazione sulla necessità di un aggiornamento del Catechismo su questo punto, che era già stato rivisto nel 1997 in occasione della promulgazione dell’edizione tipica latina, è spiegata in base alla considerazione che «non si può conservare la dottrina senza farla progredire né la si può legare a una lettura rigida e immutabile, senza umiliare l’azione dello Spirito Santo».

La lettura dell'articolo è riservata agli abbonati a Il Regno - attualità e documenti o a Il Regno digitale.
Gli abbonati possono autenticarsi con il proprio codice abbonato. Accedi.

Leggi anche

Documenti, 2025-5

Le deportazioni ledono la dignità umana

Lettera ai vescovi degli Stati Uniti d’America

Francesco

«Ho seguito da vicino la grave crisi che si sta verificando negli Stati Uniti con l’avvio di un programma di deportazioni di massa. Una coscienza rettamente formata non può esimersi dal formulare un giudizio critico e dall’esprimere il proprio disaccordo nei confronti di qualsiasi misura che implicitamente o esplicitamente identifichi lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità. Allo stesso tempo si deve riconoscere il diritto di una nazione a difendersi e a mantenere le comunità al sicuro da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi mentre erano nel paese o prima del loro arrivo».

Il 10 febbraio papa Francesco ha scritto una lettera alla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, pubblicata poi il giorno successivo. Il tema riguarda le «deportazioni di massa» che la nuova amministrazione Trump ha già attivato, mobilitando l’esercito (cf. anche Regno-att. 4,2025,70 e 106). La lettera invita i vescovi a resistere al provvedimento. Si tratta di fatto di una rottura tra Roma e Washington che non ha precedenti. Il papa esorta «tutti i fedeli della Chiesa cattolica, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a non cedere a narrazioni che discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati».

Il giorno stesso i vescovi degli Stati Uniti hanno risposto al papa per bocca del presidente della Conferenza dei vescovi cattolici, l’ordinario militare mons. Timothy Broglio (cf. riquadro a p. 130).

Documenti, 2025-5

Il papa: una ricorrenza dolorosa e vergognosa

Francesco

conclusione della messa in occasione del Giubileo dei diaconi, il 23 febbraio, mentre già era ricoverato al Policlinico Gemelli per un’infezione polmonare, papa Francesco nel testo preparato per la preghiera dell’Angelus ha ricordato il terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa il 24 febbraio 2022 (www.vatican.va).

Documenti, 2025-3

Bene-dire e non male-dire

Discorso alla curia romana in occasione degli auguri natalizi

Francesco

«Mi piace pensare alla curia romana come una grande officina in cui ci sono tante mansioni diverse, ma tutti lavorano per lo stesso scopo: bene-dire, diffondere nel mondo la benedizione di Dio e della madre Chiesa». Il 21 dicembre papa Francesco ha incontrato i membri della curia romana per il consueto scambio di auguri natalizi, e in quell’occasione ha rivolto loro un’allocuzione intitolata «Bene-dite e non male-dite», in cui sviluppa in chiave spirituale un tema già affrontato più volte, cioè il ruolo della curia romana al servizio della Chiesa universale e delle Chiese locali.

«In particolare, penso al lavoro nascosto del “minutante”…, che nella sua stanza prepara una lettera, perché a una persona malata, a una mamma, a un papà, a un carcerato, a un anziano, a un bambino giunga la preghiera e la benedizione del papa. Grazie di questo, perché io firmo queste lettere. E questo che cos’è? Non è essere artigiani di benedizione? I minutanti sono artigiani di benedizione… È bello pensare che con il lavoro quotidiano, specialmente quello più nascosto, ognuno di noi può contribuire a portare nel mondo la benedizione di Dio. Ma in questo dobbiamo essere coerenti: non possiamo scrivere benedizioni e poi parlare male del fratello o della sorella, rovina la benedizione».