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Documenti
Documenti, 19/2013, 01/11/2013, pag. 603

Ripartire da Cristo. Al Congresso sulla catechesi

Francesco
Non «fare», ma «essere» catechisti; «vivere» nella famiglia la gioia della fede. Puntano alla testimonianza le parole pronunciate da papa Francesco in occasione dei due eventi che, nell’ultimo mese, hanno caratterizzato il procedere dell’Anno della fede verso la sua conclusione, fissata al 24 novembre prossimo. Ai catechisti si è rivolto durante il Congresso internazionale svoltosi a Roma il 26-27 settembre (col discorso qui riprodotto), e durante la messa conclusiva della «giornata dei catechisti», in San Pietro la successiva domenica 29. Anche alle famiglie, pellegrine a Roma per la «Giornata della famiglia» del 26-27 ottobre, ha parlato due volte: al pomeriggio del sabato (col discorso qui riprodotto), incontrandole in piazza San Pietro, e la mattina della domenica, quando ha presieduto la messa. Al di fuori della cornice dell’Anno della fede, vanno inoltre segnalati, nell’agenda papale di ottobre, la prima riunione del Consiglio di cardinali che sta studiando la riforma della curia romana (dall’1 al 3; cf. riquadro alle pp. 604-605) e il pellegrinaggio ad Assisi (il 4 ottobre; cf. Regno-att. 18,2013,569).

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Leggi anche

Documenti, 2025-5

Le deportazioni ledono la dignità umana

Lettera ai vescovi degli Stati Uniti d’America

Francesco

«Ho seguito da vicino la grave crisi che si sta verificando negli Stati Uniti con l’avvio di un programma di deportazioni di massa. Una coscienza rettamente formata non può esimersi dal formulare un giudizio critico e dall’esprimere il proprio disaccordo nei confronti di qualsiasi misura che implicitamente o esplicitamente identifichi lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità. Allo stesso tempo si deve riconoscere il diritto di una nazione a difendersi e a mantenere le comunità al sicuro da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi mentre erano nel paese o prima del loro arrivo».

Il 10 febbraio papa Francesco ha scritto una lettera alla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, pubblicata poi il giorno successivo. Il tema riguarda le «deportazioni di massa» che la nuova amministrazione Trump ha già attivato, mobilitando l’esercito (cf. anche Regno-att. 4,2025,70 e 106). La lettera invita i vescovi a resistere al provvedimento. Si tratta di fatto di una rottura tra Roma e Washington che non ha precedenti. Il papa esorta «tutti i fedeli della Chiesa cattolica, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a non cedere a narrazioni che discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati».

Il giorno stesso i vescovi degli Stati Uniti hanno risposto al papa per bocca del presidente della Conferenza dei vescovi cattolici, l’ordinario militare mons. Timothy Broglio (cf. riquadro a p. 130).

Documenti, 2025-5

Il papa: una ricorrenza dolorosa e vergognosa

Francesco

conclusione della messa in occasione del Giubileo dei diaconi, il 23 febbraio, mentre già era ricoverato al Policlinico Gemelli per un’infezione polmonare, papa Francesco nel testo preparato per la preghiera dell’Angelus ha ricordato il terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa il 24 febbraio 2022 (www.vatican.va).

Documenti, 2025-3

Bene-dire e non male-dire

Discorso alla curia romana in occasione degli auguri natalizi

Francesco

«Mi piace pensare alla curia romana come una grande officina in cui ci sono tante mansioni diverse, ma tutti lavorano per lo stesso scopo: bene-dire, diffondere nel mondo la benedizione di Dio e della madre Chiesa». Il 21 dicembre papa Francesco ha incontrato i membri della curia romana per il consueto scambio di auguri natalizi, e in quell’occasione ha rivolto loro un’allocuzione intitolata «Bene-dite e non male-dite», in cui sviluppa in chiave spirituale un tema già affrontato più volte, cioè il ruolo della curia romana al servizio della Chiesa universale e delle Chiese locali.

«In particolare, penso al lavoro nascosto del “minutante”…, che nella sua stanza prepara una lettera, perché a una persona malata, a una mamma, a un papà, a un carcerato, a un anziano, a un bambino giunga la preghiera e la benedizione del papa. Grazie di questo, perché io firmo queste lettere. E questo che cos’è? Non è essere artigiani di benedizione? I minutanti sono artigiani di benedizione… È bello pensare che con il lavoro quotidiano, specialmente quello più nascosto, ognuno di noi può contribuire a portare nel mondo la benedizione di Dio. Ma in questo dobbiamo essere coerenti: non possiamo scrivere benedizioni e poi parlare male del fratello o della sorella, rovina la benedizione».