Documenti, 9/2006, 01/05/2006, pag. 293
In fin di vita
«Finché ci saranno persone che, con lo spirito del buon samaritano, si prenderanno cura dei feriti della vita, non ci sarà motivo di disperare per le sorti della nostra società. Perché il fatto di riconoscere così, concretamente, la dignità dell’essere umano, rappresenta la base più solida di ogni comunità». L’icona biblica del buon samaritano guida i vescovi del Québec in questa riflessione sui malati terminali, che ripete – modulati con una notevole sensibilità pastorale – i due «no» e il «sì» che il magistero della Chiesa è andato ripetendo sempre più spesso, negli ultimi anni, su questo specifico ambito della bioetica. I «no» riguardano l’eutanasia ma anche l’accanimento terapeutico; il sì è alle cure palliative in quanto risposta pertinente alla reale domanda che in genere sta dietro la richiesta di porre fine alla vita di un malato: domanda di aiuto contro il dolore e soprattutto di accompagnamento, per non «affrontare la prova più dura in totale solitudine».
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