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Documenti
Documenti, 13/2005, 01/07/2005, pag. 362

Sì, c'importa la famiglia

Vescovi spagnoli
«Qualsiasi modifica dell’istituzione matrimoniale richiede una profonda riflessione e un ampio dialogo e consenso sociale» (Chiese e confessioni religiose in Spagna). «Ci troviamo di fronte a una questione di grande emergenza morale e sociale che esige dai cittadini, in particolare dai cattolici, una risposta chiara e incisiva attraverso tutti i mezzi legittimi» (Comitato esecutivo). Le recenti modifiche del Codice civile in tema di diritto matrimoniale, approvate il 29 (divorzio anche dopo tre mesi) e 30 giugno (matrimonio di coppie omosessuali) dal Parlamento spagnolo, hanno suscitato opposizione nelle Chiese e comunità religiose del paese, e un’ondata di proteste culminate nella manifestazione del 18 giugno promossa dall’associazione Forum per la famiglia. A documentazione del dibattito tenutosi nel paese pubblichiamo: il comunicato stampa Le principali confessioni religiose di Spagna si uniscono per chiedere al Parlamento che non si modifichi la regolamentazione giuridica del matrimonio (20.4.2005); la nota del Comitato esecutivo della Conferenza episcopale spagnola Sull’obiezione di coscienza di fronte a una legge radicalmente ingiusta che corrompe l’istituzione matrimoniale (5.5.2005); il testo dell’intervento radiofonico settimanale dell’arcivescovo di Madrid card. A.M. Rouco Varela sulla rete COPE, Sì, c’importa la famiglia, nell’ora più critica della sua storia (12.6.2005); la nota del Comitato esecutivo della Conferenza episcopale spagnola Sì, c’importa la famiglia! (9.6.2005); il comunicato dell’Ufficio stampa della Conferenza episcopale Di fronte all’eliminazione del matrimonio dal Codice civile, in quanto unione di un uomo e di una donna, e alla sua riduzione a mero contratto rescindibile unilateralmente (30.6.2005). Originali: stampe (4.7.2005) da sito Internet www.conferenciaepiscopal.es. Nostre traduzioni dallo spagnolo.

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Documenti, 2021-17

Un Dio dei vivi

Sulla fede nella risurrezione, la speranza cristiana e la celebrazione delle esequie

Vescovi spagnoli

«In questi ultimi decenni si è vissuta nella nostra società una profonda trasformazione dell’esperienza della morte e del modo di affrontarla. A ciò ha contribuito il pluralismo religioso e culturale che caratterizza il momento storico in cui ci troviamo. La secolarizzazione della vita ha portato alla secolarizzazione nel modo di vivere la morte». Muove da questa prospettiva Un Dio dei vivi, l’istruzione pastorale sulla fede nella risurrezione, la speranza cristiana e la celebrazione delle esequie, che la 116^ Assemblea generale della Conferenza episcopale spagnola ha approvato il 18 novembre 2020. Il documento è articolato secondo il collaudato schema vedere-giudicare-agire, giacché la prima parte descrive la situazione attuale e le sfide pastorali e la seconda ricapitola la fede della Chiesa in tema di escatologia; ma si sofferma soprattutto sul da farsi, distinguendo l’aspetto più generale dell’accompagnamento nel momento della morte e quello specificamente liturgico della celebrazione delle esequie cristiane. Particolare attenzione viene rivolta alla pratica della cremazione, rispetto alla quale si conferma che «non vi sono ragioni dottrinali» per vietarla, pur ribadendo che per i corpi dei defunti la Chiesa «raccomanda insistentemente» la sepoltura.

Documenti, 2021-11

I migranti nella rotta spagnola

Diocesi di Tenerife; vescovi spagnoli

Al largo delle coste africane orientali, le isole Canarie sono diventate un’altra frontiera dell’immigrazione in Europa e un altro vicolo cieco per i migranti, come una nuova Lampedusa, e la pandemia ha reso la situazione ancora più difficile sia per loro sia per la popolazione dell’arcipelago spagnolo. Un’altra nuova rotta dell’immigrazione riguarda l’enclave spagnola di Ceuta e Melilla.

Per questo nelle ultime settimane si sono fatte sentire le voci delle Chiese spagnole. In aprile la diocesi di Tenerife ha emesso un comunicato congiunto del Tavolo diocesano delle migrazioni intitolato Chiamati a costruire ponti e non muri, al quale ha aderito il Dipartimento per le migrazioni della Conferenza episcopale spagnola, per denunciare la politica della detenzione dei migranti, che genera paura e insicurezza sia in loro, sia nella popolazione. E il 18 maggio i vescovi spagnoli, attraverso un Comunicato sulla situazione a Ceuta e Melilla del Dipartimento per le migrazioni, hanno criticato la gestione del problema migratorio nell’enclave da parte delle autorità spagnole e marocchine: facendo appello al valore supremo della vita e della dignità umana, il comunicato ricorda che «la disperazione e l’impoverimento di molte famiglie e minori non possono e non devono essere usati da nessuno stato per sfruttare le legittime aspirazioni di queste persone a fini politici».

Documenti, 2017-19

Sull’indipendenza della Catalogna

Vescovi della Catalogna; vescovi spagnoli; associazioni cristiane

Nella crisi spagnola scoppiata in settembre, culminata nel referendum del 1° ottobre per l’autodeterminazione della Catalogna e nella proclamazione il 27 ottobre della Repubblica catalana, con il risultante commissariamento della Regione il giorno stesso da parte del Governo spagnolo, le divisioni del paese hanno trovato un rispecchiamento nelle prese di posizione di molte realtà ecclesiali locali. Numerosi esponenti del clero catalano, superiori e superiore religiosi e associazioni ecclesiali hanno appoggiato le istanze indipendentiste, rifacendosi alle dichiarazioni dei vescovi catalani, che in maggio avevano sostenuto «le legittime aspirazioni del popolo catalano». L’episcopato spagnolo ha cercato di svolgere una mediazione, da un lato facendo propri i sentimenti e i desideri espressi dai vescovi catalani, ma dall’altro esortando al dialogo, che è possibile solo a condizione che «sia le autorità dell’amministrazione pubblica sia i partiti politici e altre organizzazioni… evitino decisioni e atti irreversibili e dalle conseguenze gravi, tali da porli ai margini della pratica democratica tutelata da leggi legittime che garantiscono la nostra convivenza pacifica, e da originare fratture familiari, sociali ed ecclesiali».