Documenti, 21/2003, 01/11/2003, pag. 704
Vita internazionale: Verità e riconciliazione
Tra il 1980 e il 2000 il Perù ha conosciuto «l’episodio di violenza più intenso, più esteso e più prolungato nel tempo di tutta la storia della Repubblica». Quasi 70.000 vittime, migliaia di scomparsi, diritti umani e civili sistematicamente calpestati, feroci violenze, enormi danni economici e sociali: sono alcuni dei dati emersi dal Rapporto finale della Commissione verità e riconciliazione, di cui pubblichiamo le Conclusioni generali (cf. anche Regno-att. 18,2003,583ss). La Commissione ha appurato che «c’è stata una relazione diretta tra la situazione di povertà ed esclusione sociale e la probabilità di essere vittima della violenza», e che «la tragedia sofferta dalle popolazioni del Perù rurale, andino e della selva (...) non è stata percepita né vissuta come propria dal resto del paese».
Le principali responsabilità sono attribuite al Partito comunista del Perù - Sendero Luminoso, che ha dato inizio alla lotta armata contro lo stato – in cui, almeno fino al colpo di stato di Fujimori del 1992, vigeva una democrazia –, il quale tuttavia non ha avuto «una sufficiente comprensione e un adeguato controllo del conflitto armato». Inoltre, l’azione di gruppi come il movimento rivoluzionario Túpac Amaru, le «difficoltà di coordinamento (...) dei tre corpi di polizia», la «corruzione tra gli alti ufficiali e le unità strategiche» hanno fatto precipitare il paese in un dramma. La Commissione auspica che il suo lavoro possa contribuire a far sì che il Perù superi questa situazione e si riconosca «positivamente come multietnico, pluriculturale e multilingue».
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