Documenti, 1/2003, 01/01/2003, pag. 54
L'autorità nella Chiesa e nella società
«La Chiesa... possiede solo l’autorità che ha ricevuto da Cristo e che esercita nel suo nome. Ciò significa che non esiste alcuna autorità più alta cui fare riferimento... Ciò significa anche che la Chiesa deve portare quest’autorità al mondo con la maggiore umiltà possibile». È questo il passaggio centrale della conferenza che il cardinale arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles, Cormac Murphy O’Connor, ha tenuto l’11 ottobre 2002 presso il St. Mary’s College a Twickenham (Surrey), intitolata L’autorità nella Chiesa e nella società. E se «l’autorità della Chiesa è l’autorità di Cristo – ha proseguito il cardinale –, Pietro è il modello del suo esercizio. Egli è... segno di quel paradosso che è la nostra esperienza della debolezza umana e della forza proveniente da Dio... in lui vediamo il potere di Dio che opera nella nostra umana debolezza». Perciò «possiamo fidarci di Pietro», ma assieme a lui la Chiesa deve «chiedere sinceramente perdono per gli errori del passato... Un esempio ovvio è il modo in cui sono state trattate in passato le accuse di violenze sui bambini» (cf. riquadro a p. 58). Qui Murphy O’Connor da un lato sottolinea la necessità di avere «fiducia che questi avvenimenti traumatici siano motivo di crescita per la Chiesa e che essa lo faccia nella verità»; una fiducia basata «sulla fedeltà di Cristo verso di noi» anche nel peccato. Dall’altro egli indica una tendenza delle società contemporanee, in cui rispetto al perdono sembra prevalere una «cultura basata sull’“additare, incolpare, screditare”», una sorta di «cultura killer» che mira all’erosione del tessuto sociale basato sulla solidarietà e la comunanza.
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