«La Polonia sta vivendo un importante periodo d’integrazione sempre più completa con le strutture economiche e politiche dell'Unione Europea. In quest'importante momento storico non può mancare la parola dei vescovi... La Chiesa appoggia le iniziative d’integrazione che rispettano i diritti fondamentali dell'uomo che servono allo sviluppo integrale della persona umana, e promuove il bene comune a livello nazionale e statale». Riuniti a Varsavia nella 316a assemblea plenaria, i vescovi polacchi hanno affrontato il tema dell’integrazione europea, e il 21 marzo hanno emesso un documento che ne sintetizza le riflessioni. Accanto all’adesione «affettiva» al processo d’integrazione, non mancano alcune annotazioni preoccupate circa i possibili rischi: in particolare quello di una scriteriata omologazione di culture e identità nazionali, e quello di una pesante ripercussione economica della transizione, almeno nella fase iniziale, sulle fasce più deboli della popolazione.
La Polonia è uno dei 13 stati attualmente coinvolti nel processo d’allargamento, insieme a Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Romania, Bulgaria, Malta, Cipro e Turchia. Questi paesi entreranno nell’Unione Europea quando soddisferanno i criteri stabiliti, ma i primi 12 hanno già in corso negoziati per l’ingresso nell’Unione.
Originale: stampa (18.5.2002) da sito Internet www.episkopat.pl. Sottotitoli redazionali. Sul tema cf. anche Regno-att. 10,2002,334 e in questo numero alle pp. 367ss.370ss.