b
Blog

Una morte che è preludio di vita

V domenica di quaresima

Ez 37,12-14; Sal 129 (130); Rm 8,8-11; Gv 11,1-45

L’episodio della risurrezione di Lazzaro vede come protagoniste due donne, Marta e Maria, le stesse che s’incontrano anche nel Vangelo di Luca. Ma mentre nel racconto lucano la figura di Maria sembra avere un ruolo più centrale, o per lo meno fare una figura migliore, nel testo giovanneo è Marta che ha, per così dire, la parte migliore.

Di fatto, e forse non sempre si fa attenzione a questo particolare, nel racconto è centrale la risposta che questa donna dà a Gesù: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Siamo di fronte a una professione di fede e a un riconoscimento messianico di Gesù che ha solo un parallelo in tutti i Vangeli: quello della professione di fede di Pietro a Cesarea di Filippo.

Ma mentre Pietro, subito dopo aver dichiarato la messianicità di Gesù, è pronto a rinnegarla rifiutandosi di seguirlo verso quella che sarà la fine terrena del Maestro a Gerusalemme, la figura di Marta rimane positiva, non riceve nessun rimprovero da Gesù, anzi è subito pronta ad andare dalla sorella perché anche lei e tutti gli altri che erano presenti possano riconoscere nelle parole e nei gesti che Gesù è il Signore, il Messia.

Nei secoli e nelle costruzioni teologiche successive la confessione di Pietro è diventata uno degli argomenti decisivi per accrescere il ruolo dell’apostolo e la sua centralità nella vita delle prime comunità cristiane. Di Marta invece è rimasto, o si è voluto far rimanere, solo il ruolo che le attribuisce Luca di donna attiva, ma allo stesso tempo non «illuminata o illuminante». Se ci soffermiamo però a riflettere, non solo troviamo in questa pagina di Giovanni una confessione di fede uguale a quella di Pietro, ma anche un’adesione a tale confessione che non ha tentennamenti o rifiuti successivi. Marta, in questo senso, riceve un ruolo di testimone alla pari, se non superiore, di quello di Pietro. Ruolo però che, come si è detto, verrà presto dimenticato.

Ritorniamo alla pagina evangelica. Lazzaro è morto e le sue sorelle, insieme ad altre persone accorse per l’accaduto, stanno vivendo il tempo del lutto che nella tradizione ebraica è di sette giorni. Quando Gesù arriva sono passati già quattro giorni e nonostante l’estremo dolore e sconforto le due donne accolgono la venuta di Gesù con speranza e fiducia. Certo, avrebbero voluto che arrivasse prima che il loro fratello fosse morto, ma la presenza dell’amico e del Maestro è comunque per loro motivo di conforto.

Non si può qui non menzionare la delicatezza con cui Giovanni descrive la reazione profondamente umana di Gesù di fronte a tale dolore: «Quando la vide piangere, e piangere anche i giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente». Una commozione profonda che viene di nuovo sottolineata quando Gesù si trova di fronte al sepolcro dell’amico, segno, come notano i «giudei», del legame profondo e umano che Gesù aveva con Lazzaro e con le sue sorelle.

La sua richiesta però giunge inaspettata: «Togliete la pietra!», e suscita perplessità. Marta crede nella risurrezione, e sicuramente anche Maria, ma ciò che avviene davanti loro occhi è ben altro: «Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario». Molto si è discusso su come comprendere questa «risurrezione» di Lazzaro, certamente non paragonabile a quella di Gesù, dato che Lazzaro prima o poi morirà.

Non si può neanche dire che quanto Gesù chiede di fronte a questo cadavere che cammina, ovvero di liberarlo e lasciarlo andare, sia semplicemente un modo per affermare che i morti devono essere lasciati andare, che i vivi, cioè, non possono trattenerli rinchiudendoli nel loro dolore e nella non accettazione della loro morte. Messaggi importanti e senz’altro racchiusi tra queste righe, ma non del tutto sufficienti per spiegare quanto sia avvenuto. Non dimentichiamo, infatti, che Lazzaro compare di nuovo, subito dopo, nel testo giovanneo al c. 12, dove accoglie Gesù nella sua casa e insieme a Marta e Maria cenano insieme.

Di che tipo di «risurrezione» quindi si tratti è difficile dirlo, e la spiegazione «scientifica» del fatto che possa essersi trattato di una «morte apparente» o di un coma profondo potrebbe essere un’ipotesi. Dobbiamo, inoltre, tenere presente che di «risurrezioni» del genere si parla anche altrove nel testo biblico; basti pensare all’episodio di Elia con il figlio della vedova di Sarepta (1Re 17,17-24) o di Eliseo con il figlio della Sunammita (2Re 4,18-37).

Al di là quindi dell’evento in sé, che non si può relegare comunque come puramente simbolico, rimangono gli elementi salienti di questo episodio: il tema della morte e della vita in pienezza, la confessione di fede messianica di una donna, e il paradosso finale: colui che ha risuscitato Lazzaro, proprio in seguito a questo fatto, verrà condannato a morte.

Lascia un commento

{{resultMessage}}