b
Blog

Una chiamata aperta

III domenica del tempo ordinario

Gn 3,1-5.10; Sal 25 (24); 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20

          Se si eccettuano due versetti del Salmo 104 (vv. 25-26), in cui persino il tremendo Leviatan diventa un compagno di giochi o un giocattolo nelle mani di Dio, l’antico Israele dimostra poca simpatia per il mare, il cui fragore evoca l’originario e mostruoso abisso. Si capisce perciò come uno specchio d’acqua di modeste dimensioni, come il lago Kinneret, o di Galilea o di Tiberiade, percosso però da improvvise tempeste, venga chiamato «mare» (yam, thalassa). Le sue sponde sono un paesaggio poco frequentato dal Primo Testamento, ma molto presente nel Nuovo. Anzi da qui tutto ha inizio, e la prima predicazione di Gesù toccherà proprio i villaggi e le città costiere popolate soprattutto di pescatori, ovvero di piccole imprese a conduzione familiare che controllano la pesca e il mercato ittico.

          Conclusa l’esperienza di Gesù del deserto, di cui Marco non dice nulla se non il suo esito (1,13), veniamo a sapere che il Battista è stato arrestato, senza che ce ne siano riferite le motivazioni e le circostanze, e Gesù ha raggiunto la Galilea. Abbiamo di fronte due fatti: il suo primo annuncio e la chiamata dei primi quattro discepoli.

          Il primo annuncio riguarda un tempo escatologico e definitivo; e la notizia buona è che questo tempo è arrivato a compiersi e il regno di Dio si è avvicinato (engiken, v. 15, perfetto), tanto da essere qui. È la realizzazione della visione del profeta Abacuc (2,3), che aveva parlato di un termine decisivo e finale (qēṣ), di una scadenza certa da aspettare anche se avesse tardato, e come lui anche Daniele (12,4.13).

          La terminologia della pienezza del tempo, che in Marco riguarda il kairos, ci è familiare attraverso Paolo in riferimento al chronos (Gal 4,4, Ef 1,10) e riguarda il tempo preannunciato e atteso (sunteleia, nelle benedizioni del Testamento dei Dodici Patriarchi). È dunque un linguaggio che i contemporanei potevano cogliere con una certa immediatezza e il cui esito è una chiamata – per così dire – universale alla conversione e alla fede (v. 15).

          Gesù non esplicita quali siano termini della conversione, né i preliminari, come aveva fatto Giovanni, perché la fine dell’attesa e la manifestazione della sovranità di Dio in ciò che egli ha fatto – ed è questa la buona notizia, perché l’agire divino precede quello umano – non possono che indurre a una pienezza di ascolto docile e di fede, con conseguente cambiamento di mentalità e di vita.

          Segue una più esplicita chiamata verso due coppie di fratelli. Sono tutti pescatori e, come si è detto, a livello di impresa, per quanto modesta: hanno infatti dei salariati (misthotoi, v. 20).

          Nessuno dei quattro interpellati dà una risposta verbale, come alcuni grandi personaggi del Primo Testamento, ma passa subito all’azione: si tratta dunque di una chiamata in senso stretto, tanto più che troviamo il verbo kaleo (v. 20), che è un termine tecnico per queste situazioni. Occorre notare che anche in questo caso la chiamata è preceduta uno sguardo di Gesù (vv. 16.19).

          I primi due fratelli stanno manovrando un giacchio, come pare si possa evincere dal verbo, che suppone un movimento rotatorio. A loro viene promesso un altro genere di preda (v. 17) con una chiamata personale (deute opiso mu, v. 17), come per gli altri due, dove però neppure l’invito di Gesù è espresso verbalmente in forma diretta.

          Marco è avaro di dettagli: a Giacomo e Giovanni Gesù non dice a che cosa siano destinati. La loro chiamata ha un esito inespresso e resta così, per loro, aperta a successive precisazioni. Parrebbe una chiamata a qualcosa di ignoto, mentre noi possiamo inferire che non sia diversa da quella di Andrea e Simone, che al momento non riceve alcun nome nuovo.

          Peraltro c’è da chiedersi che cosa abbiano pensato di sé e del proprio futuro coloro che si son sentiti chiamare «pescatori di uomini». Benché qualcosa sia noto – essi sanno bene chi sia e che cosa faccia un pescatore –, il più di una chiamata resta sconosciuto sul momento e si chiarirà per via, da un «seguimi» all’altro, perché la strada si apre camminando, come ha scritto Machado, o anche solo alla fine del percorso, come nel caso di Simone-Pietro (cf. Gv 21,18).

Lascia un commento

{{resultMessage}}