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Un anno vissuto pandemicamente

Questo 2022 appena iniziato è l’anno in cui cominciamo a capire che significa convivere con una pandemia.

Può sembrare un paradosso dire questo, dopo i tanti interventi con cui Moralia ha accompagnato dal 2020 le sue fasi iniziali: la scoperta del COVID-19, le tante drammatiche morti da esso provocate, il duro lockdown della primavera 2020 e poi l’ingenua attesa di una facile uscita estiva, e la delusione per le nuove strette autunnali. Poteva sembrare in fondo che tutto fosse stato già detto e pensato nel 2020… eppure non è stato così.

Il 2021 è stato l’anno dei vaccini: delle code di chi si è precipitato a riceverli, dell’iniziale incertezza dei media sulla loro sicurezza.

È stato anche l’anno del movimento No-vax / No-pass e del suo rafforzarsi (proprio mentre sempre più inconsistenti ne appaiono le argomentazioni).

È stato soprattutto l’anno in cui grazie ai vaccini abbiamo sperato in una via breve di ritorno alla normalità, e in cui ad esempio la scuola ha potuto – purtroppo non ovunque e non per tutti – concedersi un buon tempo di quasi-normalità.

In quel quasi, però, sta anche tutto il peso dello scarto tra la speranza e la realtà che viviamo; tra la normalità desiderata e le restrizioni cui ancora siamo costretti. Lo siamo ancora … e probabilmente lo saremo per un tempo non breve, di cui Moralia continuerà a osservare le dinamiche.

Un’eredità da meditare

Perché ciò che ci lascia in eredità il 2021 è la coscienza che questa pandemia ha cambiato in modo duraturo la nostra condizione umana, introducendovi un’ulteriore dimensione di insicurezza.

Ci riscopriamo fragili e avvertiamo tutta la difficoltà di costruire forme stabili di convivenza sociale che siano davvero all’altezza di tale fragilità, di vivere con coraggio e responsabilità in questo tempo incerto che si prolunga.

Alcune cose le abbiamo faticosamente comprese; abbiamo capito che tutto è connesso: salute, ambiente, lavoro, relazioni. Abbiamo capito che l’agire individuale non basta, che la promozione della salute è un bene globale, che esige azioni coordinate, in cui il ruolo delle autorità è determinante.

Abbiamo capito che la libertà non può essere solo uno slogan da urlare, senza coglierne il legame al bene comune.

Abbiamo capito soprattutto che per esseri fragili come noi la cura e la custodia reciproca non sono soltanto stili di vita moralmente doverosi, ma anche strategie – anzi, le uniche possibili – per la sopravvivenza.

Vaccinare tutti

Proprio per questo, però, appare come una piaga davvero lacerante l’incapacità di attivare una campagna vaccinale davvero globale, nella condivisione di brevetti e tecnologie.

Lasciare interi continenti alla mercé del virus non significa solo porre su tanti uomini e donne un ingiusta condanna a un presente di paura e sofferenza; è anche un’ipoteca pesante sul futuro di tutti, per lo spazio lasciato al possibile emergere di nuove varianti. Un fattore di incertezza che s’intreccia con quello legato a un mutamento climatico che solo gradualmente si sta iniziando ad affrontare in modo efficace – benché ancora insufficiente.

Coraggio di esistere

Eppure, benché così segnato dall’incertezza, il 2022 sarà comunque tempo di un rinnovato coraggio di esistere.

È di fronte alla difficoltà che la speranza si distingue dall’ottimismo ingenuo; è nel tenace perdurare nell’azione responsabile, senza demordere, che testimoniamo la consistenza dello spessore etico che ci anima.

Questo, dunque, l’augurio per l’anno che va a iniziare, in attesa che a esso corrisponda anche il pieno ritorno alla libertà d’incontro e di relazione.

 

Simone Morandini è vicepreside dell’Istituto di studi ecumenico San Bernardino e membro del Comitato esecutivo del Segretariato attività ecumeniche.

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